Trib. Firenze. Battuto il Cred. Cooperativo Fiorentino da Caselli / Frosini su Cirio

in Sentenze e testi di legge
TRIBUNALE DI FIRENZE TERZA SEZIONE CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FIRENZE Il Giudice Luca Minniti Ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa civile di primo grado iscritta al n. 17505 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2003, posta in deliberazione all’udienza del 29.9.2006 E vertente TRA R.M., A.T., Elettivamente domiciliati in Firenze, Via Masaccio n. 32 presso lo studio dell’Avvocato Nicola Caselli e Andrea Frosini che li rappresentano e difendono per procura in calce all’atto di citazione assieme all’avvocato Michele Venturiello del foro di Roma. PARTE ATTRICE E CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO – Campi Bisenzio Scrl, elettivamente domiciliato in Firenze, Via di Ripoli n. 106 presso lo studio dell’avvocato Valerio Pellegrini che la rappresenta e difende per procura a margine della comparsa di risposta. PARTE CONVENUTA OGGETTO: nullità, annullamento e inadempimento del contratto di intermediazione finanziaria per acquisto di bond Cirio. CONCLUSIONI All’udienza di precisazione delle conclusioni i procuratori delle parti così concludevano: per l’ATTORE: “1. In via principale riconoscere e dichiarare la nullità del contratto di compravendita e/o collocamento delle obbligazioni per cui è causa per violazione delle norme imperative di cui al TUIF e al regolamento Consob del 1998, già invocate ed in particolare all’art. 21 Tuif e gli artt. 26, 28 e 29 del regolamento e in relazione all’art. 1418 c.c. condannando, per l’effetto, la banca convenuta alla restituzione integrale della somma di €. 50.984,24, oltre interessi e rivalutazione monetaria. 2. In via subordinata, riconoscere e dichiarare l’annullamento del medesimo contratto ai sensi dell’art. 1427 e seguenti c.c., condannando, per l’effetto, la Banca convenuta alla restituzione integrale della somma di €. 50.984,24, oltre interessi e rivalutazione monetaria. 3. In via ulteriormente subordinata, riconoscere e dichiarare il grave inadempimento della banca convenuta, per tutti i comportamenti posti in essere all’atto della negoziazione delle obbligazioni e, conseguentemente, per la violazione delle norme di cui al punto 1 delle conclusioni risolvere il contratto de quo, nonché per l’effetto, condannare la Banca convenuta alla restituzione dell’investimento e comunque al risarcimento del danno pari alla somma investita, oltre interessi e rivalutazione monetaria. 4. In ogni caso, accertare e dichiarare che il comportamento della Banca ha integrato un illecito civile e/o penale e, per l’effetto, condannare la convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali consistenti nella restituzione della somma corrisposta per i Bond, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, ed al risarcimento del danno morale e/o biologico ed esistenziale da valutarsi in via equitativa. 5. Con condanna di spese, competenze ed onorari”. Per la CONVENUTA: “respingere tutte le domande attrici perché infondate, con vittoria di spese e di onorari. In via istruttoria si insiste per l’ammissione della prova per testi richiesta nella memoria ex art. 184 c.p.c. depositata in data 24.3.2005 e ci si oppone all’ammissione delle istanze istruttorie avversarie, indicando a teste contrario in ipotesi di ammissione delle prove per testi richiamate dagli attori, il sig. L. G. S.. Si dichiara di non accettare il contraddittorio su eventuali domande nuove avversarie”. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 18.11.2003 i signori R.M. e A.T. convenivano in giudizio la Banca di CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO – Campi Bisenzio Scrl affermando di aver, dal personale della banca convenuta di cui era da tempo cliente, ricevuto la proposta di acquistare obbligazioni Cirio Finance Lux SA per un controvalore, comprensivo di spese e commissioni, di €. 50.984,24. Lamentava di non aver ricevuto alcun prospetto informativo. Si doleva che l’insolvenza del Gruppo Cirio avesse determinato la perdita non solo degli interessi pattuiti ma anche del capitale versato per l’acquisto. Gli attori esponendo la cronologia delle emissioni di bond effettuate da società estere del gruppo Cirio e collocate dalle banche sul mercato dei risparmiatori non istituzionali si dolevano del fatto che il sistema bancario avesse trasferito sugli investitori non istituzionali gran parte della ingente propria esposizione verso il Gruppo Cirio, passata, tra la fine del 1999 al settembre del 2002 da 873 milioni di Euro a 125,5 milioni di Euro. La difesa delle parti attrici invocava il quadro normativo di riferimento, l’art. 47 della Costituzione, il TUIF, la disciplina regolamentare Consob ed infine il documento di collocamento (offering circulars) contenente la regola di comportamento pattuita tra la società emittente del titolo e la banca incaricata del collocamento delle obbligazioni, accordo nel quale si vietava la vendita retail, obbligando la banca a collocare solo sul mercato degli investitori istituzionali il titolo. In primo luogo gli attori eccepivano la nullità della vendita delle obbligazioni per mancanza di prospetto informativo, l’annullabilità del contratto viziato da volontà carpita con dolo, nell’ignoranza dei divieti e dei rischi. In terzo luogo gli attori affermavano che la banca convenuta si era resa responsabile di illecita condotta precontrattuale, di comportamento viziato da conflitto di interessi (art. 21 TUIF), di inadempimento del contratto avendo l’obbligo specifico di non vendere ai risparmiatori. In ogni caso chiedeva che l’accertamento della condotta ritenuta illecita anche ex art. 2043 con pretesa di risarcimento del danno biologico e morale. Si costituiva la banca di CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO – Campi Bisenzio Scrl rilevando che la medesima non fosse esposta verso il Gruppo Cirio, né aveva curato l’emissione del titolo acquistato dagli attori che non era nel suo portafoglio. Inoltre la banca convenuta affermava che gli attori avevano da tempo in corso un rapporto contrattuale dimostrato dal documento n. 2 avente ad oggetto il contratto “per la negoziazione, la sottoscrizione il collocamento, la ricezione, la trasmissione, la mediazione, di ordini concernenti strumenti finanziari, l’apertura deposito di titoli”; che avevano negoziato titoli anche prima dell’acquisto dei Bond Cirio indirizzando le proprie scelte verso titoli altamente redditizi, prescindendo dalla loro rischiosità mentre le poche operazioni non a rischio erano strumenti di parcheggio temporaneo della disponibilità; a titolo di esempio la banca riferiva di acquisto di titoli argentini in data 18.3.2002 in un momento in cui conclamata era l’insolvenza di tale paese. Perciò denunciava che nel caso in esame si fosse in presenza di “veri e propri giocatori d’azzardo”. Tanto ciò sarebbe stato vero che l’area finanza della banca avrebbe invitato gli attori ad una maggiore prudenza senza risultati. Perciò, lamentando che i clienti non avessero voluto, al momento della sottoscrizione del contratto di gestione dei servizi di investimento, dare le informazioni sulla loro esperienza riferivano di aver consegnato agli acquirenti il “documento sui rischi generali degli investimenti finanziari”, di cui avevano rilasciato ricevuta. Alla udienza di trattazione comparivano le due parti attrici affermando di aver chiesto investimenti sicuri, da sempre Bot e Cct obbligazioni bancarie e talvolta pronti contro termine e di aver ricevuto assicurazioni dalla banca sulla sicurezza dei Bond Cirio. La causa, istruita con produzione documentale, veniva tenuta in decisione all’udienza del 29.9.2005 in ordine alle conclusioni trascritte in epigrafe. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di nullità e quella di annullamento sono infondate, mentre merita di essere accolta quella di risoluzione del contratto avente ad oggetto l’ordine di acquisto delle obbligazioni Cirio accettato in data 24.5.2005 ed eseguito, con compravendita intercorsa direttamente tra la banca e gli odierni attori, il 29.5.2000. Nel caso in esame, che come è noto si aggiunge alle decine di controversie di analogo contenuto, è necessario esaminare gli obblighi che ricadono sull’intermediario finanziario nell’attività di negoziazione di strumenti finanziari tenendo conto che il bene protetto dalle norme in esame non è solo quello di cui è titolare il singolo investitore od operatore ma si identifica nell’interesse pubblico all’integrità del mercato finanziario. Tuttavia per la decisione del caso in esame si parte dalla tesi più favorevole alla banca che afferma di non aver operato “collocamento” o “sollecitazione”; inoltre ci si limiterà alla valutazione del caso singolo, senza dare rilievo al fenomeno, che appartiene ormai al notorio, che ha visto allocare sul mercato, tra migliaia di piccoli investitori, obbligazioni societarie che sono in pochi mesi divenute in gran parte non rimborsabili. Nella offerta di titoli rivolti esclusivamente ad investitori professionali non si applica l’obbligo di prospetto ai sensi dell’art. 100 TUF, Dlgs 24.2.1998 n. 52. Dunque viene preclusa la sollecitazione al pubblico ma, si afferma, non anche la negoziazione in proprio, salvi gli ulteriori e più incisivi obblighi che si perviene a descrivere. E’ noto che le banche e gli altri intermediari finanziari nella prestazione dei servizi d’investimento hanno per legge (art. 21 Dlgs 24.2.1998 n. 52 e Delibera Consob 1.7.1998 n. 11522) una serie di obblighi informativi nei confronti dell’investitore previsti a tutela, non solo degli interessi del cliente, ma anche dell’integrità del mercato, ed hanno soprattutto l’obbligo di non effettuare operazioni in strumenti finanziari non adeguate al profilo finanziario del cliente e/o in conflitto di interessi. Si tratta all’evidenza di una vera e propria rete di protezione che, come in altri settori, mira a tendenzialmente superare quella asimmetria informativa che caratterizza le società complesse, nei più diversi campi di relazioni umane, (sanità, informazione, mercato finanziario, mondo del diritto, sicurezza ecc. ecc.). Dalla banca che opera come intermediario finanziario si esige, come da altri professionisti (avvocati, notai, medici, ingegneri ecc.), che essa fornisca quel comportamento protettivo del cliente non professionale in grado di evitare che egli subisca un pregiudizio ignaro dei rischi che corre. In particolare gli operatori finanziari nei servizi di investimento (a) devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza; (b) devono informare adeguatamente l’investitore in ordine alle caratteristiche ed al rischio dei prodotti finanziari oggetto dei servizi di investimento e devono chiedere al cliente notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti, la sua situazione finanziaria e patrimoniale; la sua capacità di investimento; i suoi obiettivi d’investimento; la sua propensione al rischio. Tali informazioni sul cliente debbono essere raccolte prima di iniziare la prestazione dei servizi d’investimento; l’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve peraltro risultare dai successivi contratti ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore. c) gli intermediari devono consegnare il contratto sottoscritto dall’investitore in occasione delle operazioni di investimento; d) devono consegnare il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari conforme all’allegato del Regolamento Consob; (e) non devono effettuare operazioni finanziarie non adeguate al profilo dell’investitore; (f) non devono effettuare operazioni in conflitto di interesse; (g) devono informare prontamente e per iscritto l’investitore appena le operazioni da lui disposte abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a garanzia per l’esecuzione dell’operazione; (h) devono informare prontamente e per iscritto l’investitore ove il patrimonio affidato nell’ambito di una gestione si sia ridotto per effetto di perdite, effettive o potenziali, in misura pari o superiore al 30% e analoga informativa deve essere effettuata in occasione di ogni ulteriore perdita del 10%; devono, infine, mettere sollecitamente a disposizione dell’investitore che ne faccia richiesta i documenti e le registrazioni in forma elettronica in loro possesso che lo riguardano; devono inviare le note informative delle operazioni di investimento di volta in volta effettuate dalla banca o dall’intermediario finanziario. Strumentale all’osservanza di questi obblighi verso i clienti appare assai significativo il dovere, gravante sull’intermediario finanziario, di acquisire “una conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi nonché dei prodotti diversi dai servizi di investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata al tipo di prestazione da fornire”, ciò “nell’interesse degli investitori e dell’integrità del mercato mobiliare” (art. 26 delibera Consob 1.7.1998 n. 11522 parte seconda, titolo I, Capo I). Per le ragioni ed in relazione alle informazioni di cui tra poco si evidenzierà l’importanza, la banca a questo obbligo, principale ma strumentale, non avrebbe potuto sottrarsi, ammesso che lo abbia fatto, anche allo scopo di mettersi in grado di comportarsi con la diligenza richiesta al professionista del settore. Come altri professionisti ammessi all’esercizio di un’attività controllata e protetta, anche sull’intermediario finanziario che svolga attività relativa a servizi di investimento (tra questi anche la negoziazione per conto terzi art. 1 comma 5 dlgs 58/98) grava, contrattualmente, quel particolare onere di informazione che solo consente di adempiere l’obbligazione promessa con la necessaria diligenza professionale: “la buona fede, che deve presiedere alla formazione ed all’esecuzione dei contratti in generale, comporta che una banca a cui venga assegnato l’incarico di acquistare titoli, e che, esercitando professionalmente tale attività, conosce, o deve conoscere, i limiti oggettivi dell’operazione, sia tenuta ad informare il cliente” (CASS. 9 gennaio 1997 n. 108). Nel caso in oggetto siamo in presenza di obbligazioni emesse da società, con sede all’estero, perciò sottratta nell’emissione di prestiti obbligazionari al limite di prudenza patrimoniale imposto dall’art. 2410 c.c. e di fatto ampiamente superato dal Gruppo Cirio; obbligazioni con le caratteristiche, tipiche ed originarie, che la banca convenuta avrebbe dovuto conoscere avendone fatto oggetto di attività di intermediazione mobiliare. Le caratteristiche dei titoli in esame sono, infatti, sin dall’inizio dell’operazione di collocamento descritte nelle cosiddette “offering circulars” o “prospectus”, documento di collocamento che serve alle banche invitate a formarsi un giudizio sulla validità e la convenienza a sottoscrivere l’emissione e a far parte del consorzio di collocamento, regolante il prestito obbligazionario in oggetto. La banca convenuta non è tra quelle che hanno partecipato alla gestione del collocamento ma non ha provato di aver acquisito le informazioni assolutamente necessarie per orientare la propria attività di consulente finanziario nel consigliare o meno l’investimento. Tra queste proprio il prospetto originario che accompagna la genesi dell’operazione di collocamento e che nella relazione di Ctu espletata in analogo procedimento deciso dal Tribunale di Rimini (doc. 7 di parte attrice) viene in gran parte richiamato e spiegato. Ed infatti la particolarità dei prestiti obbligazionari Cirio risiedeva proprio nella circostanza che non fossero indirizzati al mercato degli investitori non istituzionali, come si rileva chiaramente dalle Offering Circulars. Solo per tale motivo tale offerta poteva non essere oggetto di richiesta di autorizzazione della Consob ai sensi dell’art. 94, 1° comma, del T.U.F. Ma proprio tale divieto e la deroga alla più rigorosa disciplina dei titoli oggetto di sollecitazione, imponeva un comportamento assolutamente opposto a quello tenuto dalla banca che, pur non direttamente sollecitando il pubblico risparmio, ha senza cautela alcuna, sottoposto alla scelta dell’investitore un titolo che, per le caratteristiche che avrebbe dovuto conoscere, perché descritte nelle Offering Circulars, presentava qualità tali da renderlo impresentabile all’investitore non istituzionale e di elevato rischio, o comunque di rischio non adeguato all’investitore. Solo attraverso una lettura in concreto rigorosa degli obblighi di informazione attiva e passiva e del divieto di non eseguire le operazioni inadeguate consente di evitare che la condotta sottoposta a determinate condizioni e controlli pubblici nel “primo mercato” possa essere liberamente messa in atto sul secondo mercato. A nulla rileva che i patti conclusi in sede di emissione del prestito con i soggetti incaricati del collocamento e le relative schede informative non fossero direttamente vincolanti per la banca convenuta, perché essa era certamente tenuta a conoscerli (ex art. 26 delibera Consob 11522/98) per adeguare ed informare, con i menzionati elementi di valutazione propri dell’operatore professionale, il proprio comportamento e quello dei propri clienti. Non solo dunque gli attori avevano il diritto di conoscere le informazioni riportate sulle offering circulars depositate presso la Borsa del Lussemburgo al momento del collocamento delle obbligazioni ma, tali informazioni, che la banca convenuta, probabilmente conosceva, ma, in ogni caso era tenuta a conoscere, imponevano alla banca di non proporre al cliente l’acquisto dei titoli richiesti. Per contro la banca ha sottoposto le obbligazioni Cirio alle odierne parti attrici nell’ambito di una serie di offerte ritenute colpevolmente adatte al cliente investitore. E tale condotta la banca non doveva tenere a prescindere dalla circostanza che si fosse in presenza o meno di un risparmiatore esperto al quale in ogni caso deve fornirsi il bagaglio di informazioni adeguate. Su di essa gravava l’obbligo di sconsigliare seriamente il relativo acquisto escludendo dal paniere il titolo in esame. Con il suo comportamento la banca ha, invece, filtrato le informazioni che avrebbero dovuto raggiungere il cliente. Ha rappresentato uno schermo invece di essere un ausilio violando la regola di correttezza in base al quale tanto l’intermediario è vicino al cliente quanto più è obbligato, perché da lui incaricato e pagato, a spiegare e proteggere il medesimo dai suoi stessi errori. Tanto più l’operazione di negoziazione si allontana dall’origine, dal soggetto incaricato del collocamento, tanto maggiore deve essere la diligenza del professionista nell’acquisire, elaborare e fornire le informazioni adeguate a proteggere il cliente finale. Dunque la banca ha agito, con grave negligenza, in violazione dei principi del Dlgs n. 58/98 ed in particolare di quello rinvenibile nell’art. 29 Delibera CONSOB 1 Luglio 1998 n. 11522 ove si stabilisce: “1. Gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. 2. Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all’art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati. 3. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute”. Ad avviso del Giudice l’art. 29 del regolamento CONSOB impone all’intermediario di valutare l’adeguatezza dell’operazione rispetto al profilo dell’investitore, tenendo conto delle caratteristiche oggettive dell’operazione in rapporto al profilo soggettivo del cliente. Gli intermediari non sono esonerati dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione disposta dal cliente anche nel caso in cui l’investitore abbia rifiutato di fornire le informazioni sulla propria situazione finanziaria, obbiettivi di investimento e propensione al rischio; nel caso, la valutazione andrà condotta, in ossequio ai principi generali di correttezza, diligenza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui l’intermediario sia in possesso (es. età, professione, presumibile propensione al rischio del cliente alla luce anche della pregressa ed abituale operatività situazione del mercato), (in questo senso la Comunicazione CONSOB DI/30396 del 21.4.2000). Né la banca è stata in grado di offrire la prova di aver adempiuto l’obbligo che su di essa gravava perché ad essa si attribuisce la responsabilità di aver venduto ciò che le informazioni che essa avrebbe dovuto assumere le avrebbero impedito di offrire senza cautele al cliente. Sul punto il riparto dell’onere della prova dettato dall’art. 23 TUF non è né più né meno che in tema di adempimento del contratto (Cass. S.U. 13533/2002) e più volte affermata anche in materia di responsabilità professionale medica. Va in ogni caso posto in necessaria evidenza che, nel caso in esame, il fatto che una volta firmato il contratto di gestione dei servizi di investimento, in esecuzione del quale in base a successivi ordini di acquisto la banca ha acquistato BOT, CCT, obbligazioni bancarie e pronti contro termine, gli odierni risparmiatori non sono stati informati, né per iscritto né verbalmente, dei rischi che correvano con le operazioni intraprese con l’acquisto dei Bond Cirio. Peraltro le precedenti operazioni non appaiono affatto caratterizzate da un profilo elevato e neppure medio di rischio, circostanza affermata genericamente ma neppure precisata con allegazione di rating o altro strumento di valutazione della circostanza da parte della banca. In nessun caso gli attori avevano chiesto di acquistare titoli senza rating. Nella comparsa di risposta la banca ha chiesto di provare il fatto che a partire dal 2001 gli addetti all’area finanza della banca avessero invitato gli attori ad una maggiore prudenza: si rammenti però che l’acquisto era avvenuto ben prima, senza alcuna dimostrata informazione adeguata da parte della banca, sin dal 24.5.2000. La circostanza assume perciò un rilievo sostanzialmente confessorio della trascuratezza della condotta dell’impresa bancaria, che afferma ma non dimostra affatto che i due clienti tenevano un comportamento da “giocatori d’azzardo”. Né la capitolazione della prova testimoniale relativa al fatto che “in tutte le operazioni, compresa l’operazione Cirio, sono state fornite ai sigg.ri M. e T. tutte le informazioni e sono state illustrate tutte le variabili e tutti i rischi connessi con i vari investimenti” può, se confermata, influire sul giudizio. Il capitolo di prova anche se confermato non dimostrerebbe affatto l’osservanza delle norme contenute nel Tuf e nelle disposizioni attuative Consob, perché le domande, e le eventuali risposte affermative, non dimostrerebbero quali avvertenze siano state fornite ai clienti e di quali rischi li si fosse avvertiti nel caso concreto e soprattutto perché la banca abbia ritenuto adeguata l’operazione. Né la prova del successivo acquisto di Bond dello stato argentino già in conclamato default è circostanza dirimente perché l’operazione, peraltro successiva, potrebbe essere stata la ulteriore conseguenza della medesima disinformazione di cui gli attori dichiarano di esser rimasti vittima nel caso dei Bond Cirio. A questo punto è necessario affrontare il problema delle conseguenze giuridiche della violazione delle norme menzionate e descritte in precedenza. Si rammenta in primo luogo che le parti attrici hanno chiesto al Tribunale di dichiarare la nullità o di annullare il contratto di vendita del titolo, o di dichiararne la risoluzione per inadempimento con la restituzione del corrispettivo. Le domande non hanno ad oggetto il contratto di gestione del servizio di investimento, il cosiddetto contratto quadro. La causa del lamentato vizio del consenso e della dedotta nullità è ravvisata nella violazione delle sopra richiamate disposizioni che riguardano obblighi informativi posti in capo alla banca almeno in parte in un momento cronologicamente successivo, non solo al contratto generale di investimento di cui s’è detto, ma anche all’ordine od alle istruzioni date dal cliente, ai sensi dell’art. 30, lett. c, del reg. Consob. Lo si desume da numerose disposizioni del medesimo regolamento: l’art. n32, co. 5, prevede che gli intermediari, al momento della (cioè dopo la) ricezione dell’ordine dell’investitore, gli comunicano il prezzo al quale sono disposti a comprare o a vendere gli strumenti finanziari ed eseguono la negoziazione contestualmente all’assenso dell’investitore; l’art. 27 pone a carico della banca obblighi informativi che spesso possono concretizzarsi soltanto rispetto a singole operazioni concrete costituenti oggetto degli ordini già rivolti alla banca dall’investitore, e così gli art. 28, co. 2, e 29, co. 3, il quale ultimo impone alla banca di segnalare la inopportunità di effettuare le operazioni (precedentemente) ordinate dal cliente quando non adeguate, ecc. Pertanto, l’esame del Tribunale deve concentrarsi su singolo ordine di acquisto, pur potendo la condotta inadempiente contrastare anche con gli obblighi imposti dal contratto quadro. Del resto, la natura negoziale del contratto a valle è desumibile dal TUF, il cui Allegato-Sezione A, nell’individuare i servizi di investimento ed accessori . i quali anche, si noti, costituiscono oggetto del contratto di cui parla l’art. 23 del TUF -, si riferisce, tra gli altri, anche alle (successive e singole) negoziazioni di strumenti finanziari per conto proprio o di terzi (n. 2-3) nonché all’attività di ricezione ed esecuzione degli ordini del cliente (n. 1-2), e, nell’Allegato-Sezione C, ai servizi accessori di custodia ed amministrazione dei medesimi strumenti finanziari (n. 1). E’ significativo, in tal senso, che per “esecuzione di ordini per conto dei clienti” si intende proprio la “conclusione di accordi di acquisto o di vendita di uno o più strumenti finanziari per conto dei clienti” (v. art. 4 n. 5 della direttiva 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari); in questo senso anche Trib. Di Roma (sent. 7.12.2005, II sez. civ). Il contratto di vendita non è nullo. Ad avviso del giudicante il carattere imperativo delle citate disposizioni del T.u.f. e del reg. Consob (a sua volta desunto dalla natura pubblicistica degli interessi protetti, ai sensi dell’art. 47 Cost.) non è di certo sufficiente ad integrare l’ipotesi della nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1418, co. 1, c.c.. Ciò perché: 1) la causa di nullità non concerne la fase genetica di formazione del negozio ma quella, successiva, di esecuzione del contratto-quadro di investimento ovvero dei singoli negozi o ”accordi di acquisto o di vendita” di strumenti finanziari; 2) perché le citate disposizioni sono impositive di obblighi di comportamento (cioè di informazione attiva e passiva) cui la banca è tenuta in forza di un vincolo negoziale già sorto; 3) il TUF disciplina analiticamente i casi di nullità del contratto di intermediazione mobiliare (per mancanza di forma e per rinvio agli usi) come nullità relative ed attribuire implicitamente la natura di nullità relative a quella avente causa nella mancanza di informazione rappresenterebbe una operazione esegetica ardita in relazione ad una normativa che alla nullità ha dedicato espressa attenzione. Non può neppure pronunciarsi l’annullamento del contratto perché anche ravvisando un errore essenziale riconoscibile, tuttavia, l’azione di annullamento sarebbe infondata. Infatti, gli attori hanno ricevuto la comunicazione dell’acquisto ed hanno protratto nel tempo il contratto di gestione del titolo accettandone gli effetti economici e, quindi, l’investimento nel bond ha avuto completa esecuzione. Ciò esprime in modo implicito, ma pur sempre chiaro ed univoco, la volontà della parte di convalidare tacitamente il negozio annullabile, ai sensi dell’art. 1444 c.c.. Per tali ragioni l’acquisto dei Bond Cirio appare al giudicante la conseguenza del comportamento illecito della banca che si è resa inadempiente degli obblighi che su di essa gravano in forza delle disposizioni citate, destinate ad integrare il contratto ai sensi dell’art. 1374 c.c.: la banca è incorsa nell’inadempimento nel corso dell’esecuzione sia del contratto di gestione di servizi di investimento, (contratto quadro), sia del contratto di mandato concluso con la ricezione dell’ordine n. 0025990A, raccolto in data 24.4.2000 presso lo sportello della banca. Tale contratto, esecutivo del contratto di prestazione di servizi di intermediazione mobiliare è un contratto di commissione (nel modulo si fa espresso richiamo alla disciplina del mandato mediante il rinvio all’art. 1713 c.c.) in esecuzione del quale la banca avrebbe dovuto osservare i medesimi obblighi sopra descritti. Pertanto dal contegno complessivo dei suoi clienti, odierne parti attrici, si evince che la banca non avrebbe dovuto eseguire l’ordine in difetto di idonea informazione attiva e passiva. Non muta l’esito del giudizio il fatto che il contratto di commissione abbia avuto esecuzione mediante una vendita diretta di titoli che probabilmente erano già nella disponibilità della banca commissionaria. Si tratta di un contratto collegato ove alla commissione d’acquisto si collega la compravendita che ne costituisce negozio di attuazione. Per tale ragione il Giudice ritiene che il grave inadempimento contrattuale perpetrato dalla banca (che ha eseguito l’ordine di acquisto dei Bond Cirio datato 24.5.2000, senza proteggere il cliente disinformato ed in particolare senza rifiutarsi di eseguire l’operazione inadeguata al suo profilo di rischio), è tale da giustificare tanto la risoluzione del contratto quadro, sulla quale in difetto di domanda non si ritiene di provvedere, quanto quella del contratto di commissione per l’acquisto del titolo obbligazionario e di compravendita del medesimo titolo. La risoluzione del negozio (di commissione) concluso mediante accettazione dell’ordine di acquisto cui la banca ha dato l’esecuzione mediante contratto di vendita diretta ai clienti, come si evince dal tenore letterale del contratto di borsa n. 13445 “per contanti stipulato direttamente tra le parti” cfr. doc. 2 di parte attrice travolge (una volta venuto meno il negozio gestorio), anche il negozio di trasferimento della proprietà del Bond, rispetto al quale non aveva alcuna autonomia causale, con il conseguente obbligo di restituzione del corrispettivo sborsato dagli attori. Di qui nasce l’obbligo di retrocessione ai clienti delle somme versate alla banca per l’acquisto dei titoli Cirio, con interessi al tasso legale dalla domanda, notificata il 18.11.2003, alla data della sentenza. Non spetta invece la rivalutazione trattandosi di debito di valuta. Non sussiste, perché non provato e neppure precisamente descritto, un profilo di pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale. In ordine al primo aspetto manca la prova del rendimento che un diverso e più oculato investimento avrebbe consentito la percezione di un profitto; in ordine al lamentato danno biologico e morale in difetto della prova del reato non pare al giudicante che le allegazioni degli attori siano tali da consentire una valutazione del pregiudizio in termini di danno alla salute od a beni di primario rilievo costituzionale. Per contro la mancanza di specifica domanda non consente alla banca di ottenere in questo giudizio la restituzione dei titoli acquistati con il contratto risolto. Le spese della causa seguono il principio di soccombenza secondo i canoni ordinari di giudizio con conseguente condanna del convenuto a rifondere le spese giudiziali delle parti attrici, spese che si liquidano in €. 5.375,00 per onorari, in €. 2.296,00 per diritti ed €. 725,79 per spese oltre I.V.A. e Cap e spese generali. IL TRIBUNALE PER QUESTI MOTIVI Definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da R.M. e A.T. nei confronti di Banca CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO – Campi Bisenzio Scrl in persona del legale rappresentante D.V.; - accoglie la domanda e per l’effetto dichiara il contratto concluso con l’accettazione dell’ordine di acquisto in data 24.5.2000 delle obbligazioni Cirio, eseguito mediante il contratto di borsa n. 13455, risolto per grave inadempimento della banca e per l’effetto condanna Banca di CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO – Campi Bisenzio Scrl in persona del legale rappresentante a restituire a R.M. e A.T. l’importo corrisposto per il loro acquisto e pari ad €. 50.984,24, oltre interessi al tasso legale dal 18.11.2003; - condanna la Banca di CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO – Campi Bisenzio Scrl in persona del legale rappresentante a rifondere a R.M. e A.T. le spese del presente giudizio che si liquidano in €. 5.375,00 per onorari, in €. 2.296,00 per diritti ed €. 725,79 per spese oltre I.V.A. e Cap e spese generali. - Rigetta le altre domande. Così deciso in Firenze 18.2.2006 Dott. Luca Minniti Giudice

20/05/2006

Documento n.5983

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