SENTENZA CORTE D'APPELLO DI TRIESTECondanna della Banca alla restituzione della somma pari ad euro 201.587,89
Autore:
Avv. Paola Tanzi
Avv. Federico Capalozza
SENTENZA CORTE D’APPELLO DI TRIESTE
Una società con sentenza di data 25 maggio 2016 emessa dal Tribunale di Pordenone – Giudice dott.ssa Maria Paola Costa - aveva ottenuto la condanna della Banca alla restituzione della somma pari ad €. 201.587,89 oltre agli interessi legali maturati dalla costituzione in mora al saldo effettivo, somma illegittimamente addebitata sui conti correnti intestati alla società a titolo di interessi anatocistici, interessi ultralegali e commissioni sul massimo scoperto trimestrali.
La banca era stata, altresì, condannata a rifondere alla società attrice le spese legali.
La vicenda ha avuto inizio nell’anno 2011 quando la società attrice invitò la banca a procedere alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate sui conti correnti alla stessa intestati dal lontano 1993.
Stante il rifiuto opposto dalla banca, la società attrice – previo esperimento della procedura di mediazione obbligatoria – si vide costretta a citare in giudizio la banca al fine di sentirla condannare a restituire il maltolto.
Dopo cinque anni di causa la società si era vista, finalmente, riconoscere quanto dovutole. Il Tribunale di Pordenone, infatti, con la sentenza sopra citata, condannò la banca a restituire quanto illegittimamente addebitato.
La Banca, pagato il dovuto, ha però spiegato appello dinanzi alla Corte d’Appello di Trieste.
La Corte d’Appello di Trieste con sentenza depositata in data 24 luglio 2017 e divenuta irrevocabile in data 26 ottobre 2017 (per non aver la banca presentato ricorso in Cassazione) ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dalla banca condannandola alla rifusione a favore dell’appellante delle spese di lite e condannando, altresì, la banca al pagamento del doppio del contributo unificato.
Con la citata sentenza, in sostanza, la Corte d’Appello di Trieste ha confermato in toto la sentenza emessa dal Tribunale di Pordenone, che aveva sancito i seguenti principi:
- illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi (c.d. anatocismo) e ciò in base ai principi enunciati dalla Cassazione Civile, da ultimo con la nota sentenza a Sezioni Unite n. 24.418/2010;
- illegittimità dell’applicazione delle commissioni sul massimo scoperto qualora non specificatamente pattuite per iscritto;
- illegittimità dell’applicazione di interessi in misura superiore a quella legale qualora la misura degli interessi non risulti specificatamente e validamente pattuita per iscritto.
La citata sentenza ha, poi, respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca chiarendo che il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione decorre - qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista - dalla data in cui è stato estinto il conto in cui le competenze non dovute sono state registrate. Nel caso di specie la banca, come chiarito dalla Corte nella sentenza, aveva eccepito genericamente la prescrizione senza far alcun riferimento, com’era suo onere fare, a eventuali versamenti solutori.
E così la Corte accogliendo in toto la tesi della società attrice, ha confermato la sentenza di I° grado di condanna della Banca alla restituzione della somma pari ad €. 201.587,89, somma determinata in corso di causa dal consulente tecnico d’ufficio all’uopo incaricato dal Giudice di I° GRADO.
Avv. Paola Tanzi
Avv. Federico Capalozza
11/07/2017
Documento n.10620