Cassazione - Sez. Lavoro 22 agosto 2002 n. 12414/2002: Licenziamento per violazione delle norme antiriciclaggio.

in Sentenze e testi di legge
Cassazione - Sez. Lavoro 22 agosto 2002 n. 12414/2002 Presidente S. Ciciretti - Relatore C. Guglielmucci Svolgimento del processo Il Sig. S. M., dipendente del X è stato dallo stesso licenziato per aver posto in essere una serie di comportamenti agevolativi della violazione della normativa antiriciclaggio, nell?interesse della emittente televisiva Y facente capo ad imprenditori cui egli era legato da vincoli di parentela . Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 26.1.2000, riformando quella del Pretore che aveva disposto la reintegrazione nel posto di lavoro, ha ritenuto che il licenziamento sia stato legittimamente irrogato. Il Tribunale, procedendo alla ricostruzione dei fatti in relazione ai quali giudicare della legittimità della sanzione espulsiva, per quanto rileva nella presente sede, ha rilevato che: 1- il sig. M., sia presso la sede di Napoli che quella di Torre Annunziata, presso la quale fu successivamente trasferito, era addetto all?ufficio contenzioso con mansioni, tra l?altro, di predisposizione di informative per i legali esterni incaricati del recupero crediti, nonché di redazioni di informative richieste dalla polizia giudiziaria; 2- tali mansioni imponevano un particolare obbligo di collaborazione e segnalazione di operazioni di violazione della disciplina antiriciclaggio, oltre che quello, più generale, e certamente proprio di un dipendente di una banca, di non partecipare attivamente alla effettuazione, nella agenzia di appartenenza, di operazioni suscettibili di rientrare nelle previsioni antiriciclaggio; 3- era rilevante non il coinvolgimento della emittente televisiva Y, beneficiaria delle operazioni stesse, in attività truffaldine, ma la oggettiva esistenza di tali atipiche operazioni bancarie che avrebbero dovuto essere oggetto di segnalazione, e non certo di agevolazione, da parte di un soggetto collocato all?interno della organizzazione aziendale, con funzioni di controllo e collaborazione ed di informativa della polizia giudiziaria; 4- fra le operazioni sospette, che per effetto del decalogo avrebbero dovuto esser segnalate, va compresa quella, avvenuta in data 28.6.95, di versamento per oltre 700 milioni su un libretto di deposito a risparmio intestato alla predetta emittente, libretto che era stato aperto proprio dal M. benché la società ed il suo titolare (F. E.) versassero in condizioni di difficoltà economica: tale operazione era finalizzata ad aggirare le disposizioni interne che imponevano più severi controlli nel caso di apertura di conti correnti, mentre la nominatività del libretto consentiva, poi, di non incorrere nel limite di 20 milioni previsto per i libretti al portatore; la situazione economica dell?E. era certamente nota al M. atteso che il primo era il cugino della moglie; 5- ulteriore rilievo assume, ai fini della valutazione della condotta del M., il fatto che, in pari data, vennero effettuati un prelievo per oltre 50 milioni con accredito su vari conti e libretti intestati o cointestati al M., un prelievo per oltre 150 milioni fluito sui conti intestati o cointestati al cassiere C. ed a suoi congiunti; un prelievo di 440 milioni frazionato in una serie di assegni circolari (24), tutti di importo inferiore a 20 milioni, a favore di F. E. titolare della Y, operazioni per la quale fu chiesta ed ottenuta dal cassiere la sua sigla, segno inequivocabile del coinvolgimento del M. nell?operazione; 6- tale operazione di versamento di una somma ingente sul predetto libretto e di prelevamento con versamento sui conti del M. si ripeté poco dopo; egli ai movimenti di denaro non partecipava solo nella sua qualità di dipendente della banca esistendo, come da lui ammesso, una rete di rapporti economici (almeno a livello di anticipazioni) nei confronti della Y che lo vedeva coinvolto, insieme ai suoi familiari, e che evidentemente lo rendeva compartecipe ed interessato alle tecniche di occultamento e frazionamento: analoghe operazioni avevano interessato il cassiere C. Anche presso la sede di Torre Annunziata il M. contravvenne ai suoi obblighi omettendo di segnalare la sua relazione di parentela con la moglie dell?E. in occasione della apertura di un conto alla stessa intestato pur sapendo che detto conto era impropriamente adoperato per esigenze imprenditoriali della Y; il conto veniva, peraltro, aperto in località diversa da quella di residenza dell?intestataria. Il Tribunale ha quindi proceduto alla ricostruzione di altri fatti, di analogo contenuto, da esso ritenuti di eguale rilevanza . Esso ne ha tratto la conseguenza che deve ritenersi, in base agli stessi, che il M., pur rivestendo una qualifica e mansioni tali da connotare in modo significativo il rapporto fiduciario con l?istituto di credito di appartenenza, ebbe a partecipare attivamente ad operazioni economiche che, all?evidenza, erano poste in violazione della normativa antiriclaggio . La sua partecipazione ad esse, neanche attenuata da possibili misure precauzionali, quali l?inoltro di chiarimenti preventivi o segnalazione ai superiori gerarchici è tale da incrinare irreversibilmente il rapporto fiduciario, sicché appare irrilevante che altre circostanze oggetto della contestazione non siano formalmente connotabili sul piano strettamente regolamentare. Il Tribunale evidenzia, quindi, l?irrilevanza della mancata adozione di sanzioni nei confronti della banca da parte dell?istituto di controllo, per la violazione della normativa antiriciclaggio essendo sufficiente, ai fini della negatività della condotta tenuta dal proprio dipendente, che possa esservi stata la eventualità delle stesse; così come irrilevante resta la eventuale illiceità delle somme versate per la (omissis) essendo stato, comunque, da parte del M., posto in essere una comportamento suscettivo di negative connotazioni alla luce delle disposizioni emanate dall?istituto di controllo, esponendo i superiori gerarchici e la stessa organizzazione aziendale alle sanzioni previste in materia. Il sig. M. chiede la cassazione della sentenza con ricorso sostenuto da due motivi; il (omissis) resiste con controricorso; il ricorrente ha presentato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della l. n. 197/91 nonché degli art. 115 e 116 cpc 2106 cc.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Con tale censura egli addebita al Tribunale di aver fondato la propria valutazione del suo comportamento, per giudicare della legittimità del licenziamento, esclusivamente su sospetti e congetture ipotizzando che egli fosse un supportatore di operazioni poco chiare poste in essere dai coniugi E. e D. - per sfuggire alla normativa antiriciclaggio - e che fosse, quindi, a conoscenza delle loro vicende imprenditoriali, non del tutto trasparenti: significativa della collocazione a lui assegnata nella pretesa rete di illiceità e la vicenda relativa ai cospicui versamenti effettuati sul libretto di risparmio nominativo in cui si disegna un suo ruolo decisivo nell?aggiramento della normativa riciclaggio che presuppone tutta una serie di conoscenze delle vicende della emittente televisiva ed una cointeressenza completamente indimostrate. L?impalcatura della sentenza, in conclusione, è costruita su di una serie di sospetti che determinate operazioni potrebbero ingenerare ma nessuna violazione certa di norme di legge o di contratto viene esplicitata. Con il secondo motivo il ricorrente aggiunge alle violazioni di legge, già denunciate con la precedente censura, quella relativa all?art.7 l. 300/70 ribadendo il vizio di motivazione. La censura denuncia quella che viene ritenuta una carenza di fondo dell?impianto logico giuridico della sentenza: la insussistenza per il ricorrente di una qualsiasi posizione, nell?ambito dell?organizzazione bancaria, cui si riconnettesse l?obbligo di procedere alle segnalazioni antiriciclaggio in relazione alle quali il (omissis) si avvaleva del sistema Gianos, nel cui ambito non è individuabile alcuna posizione di responsabilità del ricorrente. A fronte di un siffatto quadro fattuale risulta evidente l?illegittimità del ricorso della banca alla più grave delle sanzioni disciplinari avendo essa operato una sorta di giudizio sommario mediante applicazione automatica e meccanica della sanzione ad una condotta in sé oggettivamente neanche tipizzata come idonea a ledere il vincolo fiduciario; sottraendosi dal dovere di esaminare a fondo il caso concreto, omettendo di valutare la condotta del ricorrente non solo nel suo elemento soggettivo ma anche nella sua portata soggettiva, specie con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stata posta in essere, ai suoi modi, ai suoi effetti ed all?intensità dell?elemento psicologico, alla sua personalità, al suo stato di servizio, alla disponibilità ed alla prestazione resa. Le censure, che per la loro connessione devono essere esaminate congiuntamente, sono infondate. Può, inconfutabilmente, affermarsi che l?impianto della sentenza risulta segnato proprio dal puntuale riferimento alle regole, che in particolare con la seconda censura si imputa al Tribunale di aver violato. Ed infatti il Tribunale, sulla base di una puntuale ed analitica ricostruzione di una serie di vicende - che si presentavano almeno "atipiche" - ha valutato quale personalità professionale del lavoratore licenziato emergesse in relazione ad esse, traendone il convincimento di comportamenti non segnati da trasparenza ed irreprensibilità, e tali, quindi, in relazione al contesto oggettivo ed ai soggetti che vi erano, coinvolti, da determinare una più che giustificata rottura del rapporto di fiducia fra lavoratore e datore di lavoro. Contrariamente a quel che asserisce il ricorrente la decisione non presceglie il piano congetturale per collocare il ricorrente in una sorta di zona d?ombra nella quale possa trovar posto il convincimento di una collocazione del ricorrente in faccende non trasparenti, alimentata esclusivamente dal sospetto. L?impianto della sentenza è rigoroso ed analitico nella ricostruzione dei fatti, non smentiti dal ricorrente, i quali, irrefutabilmente, non fosse altro per l?uso che il ricorrente consentiva dei propri conti correnti per operazioni di frazionamento cui era interessata la emittente Y, evidenziano un comportamento connotato da un?opzione di collateralità rispetto agli interessi della stessa, e quindi di coinvolgimento in operazioni oggettivamente non rientranti nella tipicità e normalità dell?attività bancaria. Questo comportamento, reiterato in entrambe le filiali cui egli era stato assegnato, e non la violazione di singole norme di legge o contrattuali hanno determinato il giudizio di non compatibilità della permanenza del ricorrente nel particolare tipo d?azienda in cui egli lavorava. La sentenza, in relazione alla quale non viene denunciato alcun vero vizio logico o di motivazione, e che ha fatto uso nella valutazione del comportamento sanzionato di una corretta metodologia, resta immune dalle censure avverso di esse formulate. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese di lite. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite. Spataro

26/02/2004

Documento n.3802

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