Dal Corriere Economia. Cusani, come portare l’alta finanza al popolo

in Rassegna Stampa
Dal Corriere Economia I progetti del banchiere che finì in Tangentopoli: e ora ricomincia come consulente per il sindacato. Cusani, come portare l’alta finanza al popolo «Io Zorro? Io marxista-cusanista? Ma non scherziamo» All’inizio con il suo ritorno sulla scena e l’analisi della crisi Fiat aveva incuriosito, attirato l’attenzione. Adesso con le critiche al processo di quotazione della Piaggio ha fatto anche arrabbiare qualcuno. Tra quelli che hanno storto il naso c’è Roberto Colaninno. Il finanziere si è sentito dire che «i progetti di sviluppo sono magnifici, internazionali... peccato che con questo schema di sbarco in Borsa nemmeno un euro finirà nelle casse dell’azienda per quei progetti». Ma a perdere proprio le staffe è stato il sindaco diessino di Pontedera, Paolo Marconcini, che ha detto di non accettare «lezioni morali da lui, l’ex finanziere divenuto famoso per Tangentopoli». Lui è Sergio Cusani. Rientrato sì nella finanza. Ma dall’altra parte, quasi come un moderno «Zorro»: il controverso superconsulente dell’affare Enimont, che ha avuto tra le mani un pezzo del futuro industriale italiano, ora non affronta nessun argomento senza dimenticare gli operai, i diritti dei lavoratori, le tutele e l’equa distribuzione delle risorse aziendali. Lui, genio della Borsa, ora ne critica i meccanismi. E ce l’ha con le stock option, con il gigantismo che perde di vista il core business e contro gli imprenditori strapagati anche quando l’azienda va male. Un esempio? L’Alitalia. «Per affrontare il capitalismo moderno i sindacati devono avere strumenti moderni - spiega presentandosi in maniera del tutto informale -. Servono analisi di mercato, di bilancio. Non puoi andare a parlare con l’azienda senza conoscerla bene. Solo così riesci ad essere propositivo e a non subire ciò che ti raccontano». Sì, perché a richiamare in azione Cusani nel 2003 è stata proprio la Fiom-Cgil, vecchia roccaforte del potere operaio e delle tute blu, con il segretario generale Gianni Rinaldini. Il contratto con la sua Banca della Solidarietà prevede la copertura delle spese e 1 euro simbolico l’anno. Il risultato è che la dialettica di chi conosce a fondo i meccanismi della finanza (ma che veniva dai movimenti studenteschi del ’68) ora si fonde in maniera disinvolta con un gergo da sindacalista di vecchio corso. Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo modello? Il marxismo-cusanismo? «Ma cosa vuol dire cusanismo... io non sono un leader, sono un consulente - risponde - e tutti quelli con cui lavoro mantengono la loro indipendenza: i sindacati, la Federconsumatori, l’Adusbef e i revisori della Practice. Io sono un elemento di aggregazione». Anche se poi riconosce che senza la sua «forte visibilità» probabilmente sarebbe stato più difficile creare un’asse di questo genere. E poi, sul marxismo, precisa: «La ricchezza non va demonizzata: siamo dalla parte dei lavoratori e dalla parte degli imprenditori che rispettano le regole. Io le ho infrante, sono stato in prigione e ho avuto modo di riflettere criticamente su me stesso e sul sistema. Noi siamo contro le distorsioni che si scaricano sempre sul cittadino non contro la ricchezza: per esempio Marco Drago (che ha appena intascato una plusvalenza di 1,7 miliardi con la vendita di Toro alle Generali, ndr ) è un imprenditore serio perché si è assunto una parte del rischio dell’operazione. Quello che non va è il capitalismo senza capitali: l’imprenditore che si appoggia alle banche e le banche che scaricano il rischio sui risparmiatori». «Per questo, quello che facciamo è una novità. È la tutela del lavoratore nelle 24 ore: perché è inutile difendere l’operaio in azienda se poi quando esce viene tartassato dal caro-bolletta oppure va in banca e un consulente, che non è una figura libera perché il suo mandato è vendere, altrimenti viene licenziato, gli rifila un bond. Per questo abbiamo unito la tutela del lavoratore a quella del risparmiatore e del consumatore. È sempre la stessa persona». Difficile non considerarlo un modello «pansindacale» che ruota intorno a lui, nonostante le sue resistenze. Cusani si sente fortunato perché ha avuto la «possibilità di rinascere grazie agli strumenti culturali e agli affetti. Sono un uomo di 58 anni con un figlio piccolo. E quello che faccio è semplicemente un abito in cui mi sento bene. Mi diverto. Per i documenti sull’operazione Ifil-Exxor ho passato tre mesi chino sul tappeto per preparare uno schema gigante di tutti i movimenti. Poi mi è venuto il mal di schiena». Certo, riconosce, c’è anche un atteggiamento «risarcitorio nei confronti della società in quello che faccio» oltre che «un recupero degli anni dei movimenti studenteschi». A patto di non tirare fuori parole come spirito «vendicativo» o «Zorro». Resta il fatto che il suo modello piace. Il suo telefonino squilla in continuazione. «Parlo con tutti, non ho nessun problema». Ma chi chiama oggi Cusani? «Ricevo tante proposte... non le faccio i nomi, mi sono arrivate anche dalla politica. Ma a me piace quello che sto facendo. E sono sempre di più quelli che stanno chiedendo un nostro intervento. Ora stiamo lavorando sulla pubblicità ingannevole e sul meccanismo perverso del "tasso zero" che va in realtà dal 14 al 21%». Cusani, insomma, guarda al futuro. Però dell’affare Enimont ci tiene a dire una cosa: «Se al tempo le banche fossero intervenute con un convertendo come hanno fatto con Fiat, oggi sarebbe il primo gruppo italiano e uno dei più grandi al mondo. Invece, l’Italia ha perso tutta la chimica».

05/07/2006

Documento n.6151

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