Dal Corriere (8-2-06). Sacchetti: Venne da Fazio l’idea della scalata a Bnl
Sacchetti: Venne da Fazio l’idea della scalata a Bnl il Verbale IL CONCERTO Sacchetti: "Venne da Fazio l’idea della scalata a Bnl" il Verbale La nostra proposta era di stringere alleanze per concertare il 51% del capitale Bnl MILANO -Gli incontri con il Governatore di Banca d’Italia alla base della scalata Unipol a Bnl, con Unipol che si sostituisce al Montepaschi inizialmente "indicato" da Antonio Fazio, e che al Governatore espone il progetto di "concertare il 51% del capitale Bnl per poi lanciare l’Opa". Ma anche la mezza ammissione di una sorta di retrodatazione tecnica dello "scudo fiscale" utilizzato dai vertici di Unipol per far rientrare in Italia i loro capitali illecitamente detenuti a Montecarlo. E poi il sospetto di una "stecca chiesta da Consorte" al braccio destro di Fiorani per operare uno scambio azionario tra la Banca Popolare di Lodi e l’Unipol. Fino al "giallo" della telefonata nella quale il 22 luglio il n.2 di Unipol pare già subdorare intercettazioni. E’ su questi nodi che ieri la Procura, a sorpresa e in gran fretta, richiama Ivano Sacchetti, ex vicepresidente di Unipol e alter ego di Giovanni Consorte, per un secondo interrogatorio (dopo quello del 26 gennaio) che produce una nuova contestazione a Sacchetti oltre a quelle già mossegli di associazione a delinquere, appropriazione indebita ai danni di Hopa (Gnutti), ricettazione e aggiotaggio nelle scalate Antonveneta e Bnl. FAZIO E IL 51% BNL DA CONCERTARE -Quando e come Unipol matura l’idea di scalare la Bnl? Nel maggio 2005, dice Sacchetti. "Subito dopo la rottura tra Cariverona e il contropatto, abbiamo chiesto un incontro al Governatore per cercare di capire quale fosse la situazione. Fazio ci disse che aveva individuato nel Monte dei Paschi di Siena la banca che avrebbe potuto fare l’operazione. Io chiamai subito Mussari ( presidente della Fondazione Mps, ndr) per girargli l’indicazione che avevo ricevuto. Per noi era auspicabile: avremmo potuto risolvere brillantemente la nostra partecipazione nel ramo assicurativo di Bnl". Ma Mps non ci sta: "Mussari a stretto giro di posta mi diede una risposta, però negativa. Allora decidemmo di tornare dal Governatore per proporci come soggetto aggregante. Fazio ci disse: "Se avete i soldi, provate"". Ma il problema per Consorte e Sacchetti è proprio questo: "Ovviamente l’Unipol non era in grado di lanciare una contro-Opa da sola". E allora? "Nei successivi incontri con Banca d’Italia (forse ancora uno con il Governatore, molti con Frasca e altri del settore vigilanza), noi abbiamo fatto la nostra proposta, che era di stringere delle alleanze per concertare il 51% del capitale Bnl, per poi lanciare l’Opa sulla parte restante delle azioni fino al 67%". "SCUDO FISCALE" CON LA RETROMARCIA - Le indagini su Sacchetti e Consorte ruotano attorno ai famosi 50 milioni che i due ex vertici di Unipol affermano d’aver ricevuto dal finanziere bresciano Emilio Gnutti a compenso (in nero) delle "consulenze" prestategli (specie nell’uscita nel 2001 dalla scalata Olivetti del 1999) a favore del suo gruppo Hopa. Sacchetti ribadisce d’aver ricevuto i primi 10 miliardi di lire da Gnutti alla fine del 2001 su un suo conto corrente alla CFM di Montecarlo, aperto lì perché il figlio faceva il broker nautico; e d’aver fatto rientrare in Italia i soldi, come Consorte, usufruendo dello strumento legislativo dello "scudo fiscale" varato dal ministro Tremonti, normativa che permetteva di regolarizzare (pagando appena il 2,5%) i capitali illecitamente detenuti all’estero al 31 agosto 2001. Tecnicamente, l’operazione viene strutturata dal commercialista di Gnutti, Claudio Zulli (studio associato all’ex studio di Tremonti), attorno al complesso acquisto di obbligazioni della società polacca "Mentor" via Lussemburgo. Le date, però, non coincidono, e alcune delle somme "scudate" parrebbero essere in realtà state accreditate al tandem Unipol quando già era scaduto il termine di legge previsto per usufruire dello "scudo fiscale" da loro utilizzato. E Sacchetti, pur ributtando la palla nel campo tecnico di Zulli, finisce per ammettere: "Io avevo maturato il mio diritto ( ad avere i soldi da Gnutti, ndr) a luglio 2001, l’unico vero problema era usufruire dello scudo ancorchè le rimesse fossero successive al 31 agosto 2001". IL PREMIO DI GNUTTI - Una cosa a Sacchetti non va proprio giù: quel passaggio dell’interrogatorio di Gnutti in cui il finanziere bresciano sembra voler dire che ogni volta Consorte e Sacchetti "mi presentavano il conto" del loro aiuto, "chiedendo sempre di fare operazioni con le quali guadagnare a latere". "Prendo atto" delle dichiarazioni di Gnutti, ma "ribadisco che sono stato io, e non Silvano Pontello ( banchiere di Antonveneta, ndr) come dice Gnutti, a proporre che fosse riconosciuto a Gnutti il premio di 50 miliardi di lire" da Bell durante la trattativa per liquidare gli scalatori Olivetti, nella quale Roberto Colaninno stava chiedendo 200 miliardi (scesi poi a 150). Proprio questo suo ruolo giustifica, secondo Sacchetti, parte della successiva riconoscenza di Gnutti, e cioè i primi 5 milioni ricevuti. Sui quali Sacchetti rimarca: "Ribadisco di non aver chiesto nulla a Gnutti, ma è stato lui a riconoscere a me e Consorte il premio". "STECCA" SU TITOLI UNIPOL? -Sono due i bonifici da 1,2 milioni di euro che l’ex agente di cambio Bruno Bertagnoli il 23 dicembre ha rivelato di aver effettuato nel marzo 2002 su indicazione del braccio destro di Fiorani, Gianfranco Boni, verso conti di Montecarlo all’epoca ignotigli, ma che da poco ha appreso (sempre da Boni) fossero di Consorte e Sacchetti. E da una domanda dei pm si percepisce che Boni (in carcere il 4 gennaio) e Bertagnoli (da libero il 9 gennaio) hanno parlato della "richiesta di una "stecca" da parte di Consorte per procedere a uno scambio incrociato di pacchetti azionari tra Banca Popolare di Lodi e Unipol": ovvero l’operazione realizzata da Bertagnoli per conto di Boni e che produce la plusvalenza di 2,8 milioni, dalla quale partono i due bonifici di 1,2 milioni a Consorte e Sacchetti. "Prendo atto delle dichiarazioni, ma non ricordo assolutamente l’operazione" risponde Sacchetti a costo di incorrere nell’ironia dei pm che domandano: "E’ così naturale per Lei ricevere un milione di euro senza sapere il motivo di tale regalo?". "No - concorda Sacchetti - ma non riesco assolutamente a ricordare. E non conosco Bertagnoli". Come dire: saranno stati affari tra Boni, Bertagnoli e Gnutti, regolati a insaputa mia e di Consorte. Perché, assicura invece Sacchetti, "le operazioni mobiliari su Bpl, con le quali venivano riconosciuti a me e a Consorte i compensi da parte di Gnutti, erano costruite tutte dallo stesso Gnutti con Boni. Io non ne so nulla". TELEFONO "SICURO" -A Sacchetti viene chiesto se sapesse dell’esistenza di intercettazioni, risponde di averlo saputo solo dai giornali a cose fatte. A questo punto, però, i pm gli fanno ascoltare una sua telefonata intercettata alle ore 8.57 del 22 luglio con Boni, e gli domandano "cosa dovesse riferire a Boni di personale e riservato, tanto da giustificare la richieste di essere richiamato da un telefono "sicuro"". Silenzio: "Non ricordo la conversazione. E, in particolare, non ricordo cosa gli avrei dovuto dire". [email protected] Luigi Ferrarella. IL CONCERTO Sacchetti: "Venne da Fazio l’idea della scalata a Bnl" il Verbale La nostra proposta era di stringere alleanze per concertare il 51% del capitale Bnl MILANO -Gli incontri con il Governatore di Banca d’Italia alla base della scalata Unipol a Bnl, con Unipol che si sostituisce al Montepaschi inizialmente "indicato" da Antonio Fazio, e che al Governatore espone il progetto di "concertare il 51% del capitale Bnl per poi lanciare l’Opa". Ma anche la mezza ammissione di una sorta di retrodatazione tecnica dello "scudo fiscale" utilizzato dai vertici di Unipol per far rientrare in Italia i loro capitali illecitamente detenuti a Montecarlo. E poi il sospetto di una "stecca chiesta da Consorte" al braccio destro di Fiorani per operare uno scambio azionario tra la Banca Popolare di Lodi e l’Unipol. Fino al "giallo" della telefonata nella quale il 22 luglio il n.2 di Unipol pare già subdorare intercettazioni. E’ su questi nodi che ieri la Procura, a sorpresa e in gran fretta, richiama Ivano Sacchetti, ex vicepresidente di Unipol e alter ego di Giovanni Consorte, per un secondo interrogatorio (dopo quello del 26 gennaio) che produce una nuova contestazione a Sacchetti oltre a quelle già mossegli di associazione a delinquere, appropriazione indebita ai danni di Hopa (Gnutti), ricettazione e aggiotaggio nelle scalate Antonveneta e Bnl. FAZIO E IL 51% BNL DA CONCERTARE -Quando e come Unipol matura l’idea di scalare la Bnl? Nel maggio 2005, dice Sacchetti. "Subito dopo la rottura tra Cariverona e il contropatto, abbiamo chiesto un incontro al Governatore per cercare di capire quale fosse la situazione. Fazio ci disse che aveva individuato nel Monte dei Paschi di Siena la banca che avrebbe potuto fare l’operazione. Io chiamai subito Mussari ( presidente della Fondazione Mps, ndr) per girargli l’indicazione che avevo ricevuto. Per noi era auspicabile: avremmo potuto risolvere brillantemente la nostra partecipazione nel ramo assicurativo di Bnl". Ma Mps non ci sta: "Mussari a stretto giro di posta mi diede una risposta, però negativa. Allora decidemmo di tornare dal Governatore per proporci come soggetto aggregante. Fazio ci disse: "Se avete i soldi, provate"". Ma il problema per Consorte e Sacchetti è proprio questo: "Ovviamente l’Unipol non era in grado di lanciare una contro-Opa da sola". E allora? "Nei successivi incontri con Banca d’Italia (forse ancora uno con il Governatore, molti con Frasca e altri del settore vigilanza), noi abbiamo fatto la nostra proposta, che era di stringere delle alleanze per concertare il 51% del capitale Bnl, per poi lanciare l’Opa sulla parte restante delle azioni fino al 67%". "SCUDO FISCALE" CON LA RETROMARCIA - Le indagini su Sacchetti e Consorte ruotano attorno ai famosi 50 milioni che i due ex vertici di Unipol affermano d’aver ricevuto dal finanziere bresciano Emilio Gnutti a compenso (in nero) delle "consulenze" prestategli (specie nell’uscita nel 2001 dalla scalata Olivetti del 1999) a favore del suo gruppo Hopa. Sacchetti ribadisce d’aver ricevuto i primi 10 miliardi di lire da Gnutti alla fine del 2001 su un suo conto corrente alla CFM di Montecarlo, aperto lì perché il figlio faceva il broker nautico; e d’aver fatto rientrare in Italia i soldi, come Consorte, usufruendo dello strumento legislativo dello "scudo fiscale" varato dal ministro Tremonti, normativa che permetteva di regolarizzare (pagando appena il 2,5%) i capitali illecitamente detenuti all’estero al 31 agosto 2001. Tecnicamente, l’operazione viene strutturata dal commercialista di Gnutti, Claudio Zulli (studio associato all’ex studio di Tremonti), attorno al complesso acquisto di obbligazioni della società polacca "Mentor" via Lussemburgo. Le date, però, non coincidono, e alcune delle somme "scudate" parrebbero essere in realtà state accreditate al tandem Unipol quando già era scaduto il termine di legge previsto per usufruire dello "scudo fiscale" da loro utilizzato. E Sacchetti, pur ributtando la palla nel campo tecnico di Zulli, finisce per ammettere: "Io avevo maturato il mio diritto ( ad avere i soldi da Gnutti, ndr) a luglio 2001, l’unico vero problema era usufruire dello scudo ancorchè le rimesse fossero successive al 31 agosto 2001". IL PREMIO DI GNUTTI - Una cosa a Sacchetti non va proprio giù: quel passaggio dell’interrogatorio di Gnutti in cui il finanziere bresciano sembra voler dire che ogni volta Consorte e Sacchetti "mi presentavano il conto" del loro aiuto, "chiedendo sempre di fare operazioni con le quali guadagnare a latere". "Prendo atto" delle dichiarazioni di Gnutti, ma "ribadisco che sono stato io, e non Silvano Pontello ( banchiere di Antonveneta, ndr) come dice Gnutti, a proporre che fosse riconosciuto a Gnutti il premio di 50 miliardi di lire" da Bell durante la trattativa per liquidare gli scalatori Olivetti, nella quale Roberto Colaninno stava chiedendo 200 miliardi (scesi poi a 150). Proprio questo suo ruolo giustifica, secondo Sacchetti, parte della successiva riconoscenza di Gnutti, e cioè i primi 5 milioni ricevuti. Sui quali Sacchetti rimarca: "Ribadisco di non aver chiesto nulla a Gnutti, ma è stato lui a riconoscere a me e Consorte il premio". "STECCA" SU TITOLI UNIPOL? -Sono due i bonifici da 1,2 milioni di euro che l’ex agente di cambio Bruno Bertagnoli il 23 dicembre ha rivelato di aver effettuato nel marzo 2002 su indicazione del braccio destro di Fiorani, Gianfranco Boni, verso conti di Montecarlo all’epoca ignotigli, ma che da poco ha appreso (sempre da Boni) fossero di Consorte e Sacchetti. E da una domanda dei pm si percepisce che Boni (in carcere il 4 gennaio) e Bertagnoli (da libero il 9 gennaio) hanno parlato della "richiesta di una "stecca" da parte di Consorte per procedere a uno scambio incrociato di pacchetti azionari tra Banca Popolare di Lodi e Unipol": ovvero l’operazione realizzata da Bertagnoli per conto di Boni e che produce la plusvalenza di 2,8 milioni, dalla quale partono i due bonifici di 1,2 milioni a Consorte e Sacchetti. "Prendo atto delle dichiarazioni, ma non ricordo assolutamente l’operazione" risponde Sacchetti a costo di incorrere nell’ironia dei pm che domandano: "E’ così naturale per Lei ricevere un milione di euro senza sapere il motivo di tale regalo?". "No - concorda Sacchetti - ma non riesco assolutamente a ricordare. E non conosco Bertagnoli". Come dire: saranno stati affari tra Boni, Bertagnoli e Gnutti, regolati a insaputa mia e di Consorte. Perché, assicura invece Sacchetti, "le operazioni mobiliari su Bpl, con le quali venivano riconosciuti a me e a Consorte i compensi da parte di Gnutti, erano costruite tutte dallo stesso Gnutti con Boni. Io non ne so nulla". TELEFONO "SICURO" -A Sacchetti viene chiesto se sapesse dell’esistenza di intercettazioni, risponde di averlo saputo solo dai giornali a cose fatte. A questo punto, però, i pm gli fanno ascoltare una sua telefonata intercettata alle ore 8.57 del 22 luglio con Boni, e gli domandano "cosa dovesse riferire a Boni di personale e riservato, tanto da giustificare la richieste di essere richiamato da un telefono "sicuro"". Silenzio: "Non ricordo la conversazione. E, in particolare, non ricordo cosa gli avrei dovuto dire". [email protected] Luigi Ferrarella.08/02/2006
Documento n.5660