dagospia 20-6-2007 CHE CI STA A FARE L’EMINENZA AZZURRINA NELLA BANCA D’AFFARI GOLDMAN SACHS?
CHE CI STA A FARE L’EMINENZA AZZURRINA NELLA BANCA D’AFFARI GOLDMAN SACHS? NON HA BISOGNO DI TIRARE SU UNO STIPENDIO, NON È AVIDO O PORTATO ALL'INTRIGO UN PROGETTO PER METTERE NELLE MANI DELLA BANCA IL "TESORO DI BERLUSCONI" Che ci fa un uomo come Gianni Letta dentro Goldman Sachs, la più grande banca d'affari del mondo? La domanda se la stanno ponendo a Milano e anche nella City dove il nome del politico di Avezzano è quasi sconosciuto. Non è un economista come Mario Draghi e Mario Monti; non è un esperto di finanza come Claudio Costamagna (il consulente di Geronzi e di Prodi che in Goldman Sachs ha lavorato come advisor) e non parla nemmeno l'inglese che nel gotha della finanza è la lingua madre. Se poi si va a guardare il percorso che molti uomini di Goldman Sachs hanno fatto negli ultimi anni, si scopre che è esattamente in senso contrario rispetto all'inatteso arruolamento del Richelieu italiano. Sono molti i dirigenti e i superconsulenti che dopo un'esperienza nella banca di New York hanno occupato posizioni di potere. (Gianni Letta con la moglie Maddalena - Foto U.Pizzi) La lista è lunghissima; basti pensare a personaggi come lo stesso Prodi, oppure a Robert Rubin che da dirigente è diventato segretario del Tesoro durante la presidenza Clinton, fino Joshua Bolten, capo gabinetto della Casa Bianca. Lo stesso itinerario ha percorso un personaggio minore come Massimo Tononi, il giovane sottosegretario alla presidenza del Consiglio che in questo momento ha tra le mani il dossier caldo di Alitalia. Per Gianni Letta il percorso è inverso e il suo arruolamento a colpi di migliaia di dollari ha generato una notevole sorpresa e qualche sospetto. Dentro la banca d'affari che gestisce 37,6 miliardi di dollari e ha chiuso l'ultimo bilancio con un utile netto di 9,5 miliardi, è difficile immaginare infatti il ruolo che potrà ricoprire l'ex-direttore del "Tempo" di Roma che nel '90 è stato testimone delle nozze di Veronica e Silvio. L'altroieri Peter Sutherland, presidente di Goldman Sachs International si è dichiarato molto soddisfatto per il prezioso apporto di Gianni Letta "un uomo che metterà a disposizione della banca, e ancor più dei suoi clienti, un talento eccezionale, un'esperienza politica e una profonda conoscenza del mercato italiano e internazionale". Un "benvenuto" pieno di entusiasmo che aggiunge qualche interrogativo. C'è da chiedersi infatti perchè un uomo che ha una spiccata vocazione alla mediazione politica debba mettere a disposizione il suo talento eccezionale "per i clienti della banca americana". (Letta con Berlusconi e Sodano - Foto U.Pizzi) E c'è da chiedersi, soprattutto, per quale tipo di affari occuperà il suo tempo e impegnerà la sua infaticabile energia. Gianni Letta non ha bisogno di raccattare uno stipendio; non è un uomo avido e tantomeno portato all'intrigo e alla ricerca di intermediazioni. Cose di questo genere le fanno politici come l'ex-Cancelliere tedesco Schroeder che è diventato consulente dei russi, e Josè Maria Aznar, che si è fatto allettare dalle offerte di Murdoch e del Fondo americano Centaurus. Gianni Letta si è sempre tenuto alla larga dagli affari (a parte la vendita della griffe Fendi, per amicizia delle sorelle rissose) e non a caso il suo nome non è mai entrato negli intrighi della finanza. Le rivelazioni emerse in questi giorni dai verbali di Ricucci dimostrano la sua abilità nel tenere al riparo se stesso e il Cavaliere-scravattato dai crinali pericolosi dove si incrociano le avventure finanziarie. La domanda iniziale ritorna quindi prepotente: che ci sta a fare un uomo con il suo profilo dentro l'americana Goldman Sachs? Nella City e a Milano circolano due interpretazioni. La prima porta a dire che la merchant bank americana ha rimesso i suoi riflettori sul mercato italiano perchè ritiene che con le liberalizzazioni e le ultime privatizzazioni, ci sia ancora grasso da colare. E' una risposta debole perchè la stagione delle privatizzazioni è finita, e anche se in mano pubblica restano realtà forti come l'Eni, l'Enel e Finmeccanica, è difficile immaginare che l'attuale quadro politico apra un varco simile a quello del '92 quando Draghi, Ciampi e Prodi spalancarono le porte alla finanza internazionale. Certo, in Italia nell'ultimo anno sono nati due colossi come Sant'Intesa e Unicredit-Capitalia che possono far gola ai grandi capitali anglo-americani, ma nulla fa pensare che in tempi ravvicinati i "predatori" Abramo-Bazoli e Alessandro Profumo possano diventare "prede". (Abramo-Bazoli si tiene in forma!) La seconda risposta è più intrigante e anche se sfiora la fantapolitica vale la pena di essere registrarla. In sintesi si dice questo: Gianni Letta approda a Goldman Sachs all'interno di un progetto rivoluzionario destinato a mettere nelle mani della merchant bank americana il "tesoro di Berlusconi". Un tesoro blindato, custodito da un uomo di assoluta fiducia che nel 1987 è entrato in Fininvest e che ha intrecciato con il Cavaliere un rapporto inossidabile. Non è un mistero che più volte il piccolo Richelieu romano ha ricordato al suo "padrone" l'esigenza di sciogliere il conflitto di interessi, l'ultima palla al piede che si riaffaccia puntuale per bloccare l'irresistibile ascesa del Cavaliere al Quirinale. In Europa (e più sommessamente in Italia) il conflitto di interessi appare un nodo insopportabile per il quale va trovata una soluzione. E va trovata in fretta perchè se sono veri i sondaggi e se è vero che il vento tira verso elezioni trionfali, questo Cavaliere di Arcore che ha ormai capovolto il rapporto con la giustizia e la Guardia di Finanza, deve scrollarsi dalle spalle l'intreccio perverso degli interessi privati con quelli pubblici. Ecco allora il senso di una soluzione ideale: blindare il tesoro dentro una cassaforte di indiscusso prestigio e mettere a custode il più fido dei fedeli. (Il governatore di Bankitalia Mario Draghi - Foto U.Pizzi) E' uno scenario sussurrato a mezzabocca nei quartieri alti della finanza, ma solo nelle prossime settimane si capirà veramente che cosa è andato a fare l'ex-giornalista di Avezzano nel tempio che sforna per la politica mondiale i suoi talenti migliori. Dagospia 20 Giugno 200720/06/2007
Documento n.6634