Dagospia 10-7-2007 NON SOLO PARISI, IL W CERCHIOBOTTISTA SUL REFERENDUM NON PIACE A NESSUNO...
NON SOLO PARISI, IL W CERCHIOBOTTISTA SUL REFERENDUM NON PIACE A NESSUNO IL TERZISTA PER ECCELLENZA, MIELI: “UN LEADER SCIOGLIE I PROBLEMI, NON LI EVITA” JENA: “OPPURTUNITÀ? OPPORTUNISMO!” - ILLY: “AL BENE COMUNE PREFERISCE IL SUO” Per lui che è abituato all’unanimismo non solo politico, ma anche giornalistico, la giornata di oggi si profila come un calvario vero e proprio, di quelli che non conosceva da anni. La stampa, all’unanimità, boccia l’uscita cerchiobottista di Veltroni sul referendum. “Lo sostengo ma non firmo”, aveva detto ieri, credendo di essere “er mejo fico der bigoncio”. E invece alla favola incantata del leader che ha sempre una parola buona per tutti non ha creduto nessuno. I titoli delle prime pagine fanno paura: “Referendum, lite Veltroni-Parisi” (Corriere). “Pd, scontro sul referendum” (Repubblica). “Referendum sì, ma non firmo. Veltroni frena, subito polemica” (Stampa). E meno male che con lui il centrosinistra avrebbe cambiato registro e superato l’età delle polemiche infinite e degli scontri quotidiani. La reazione più velenosa viene dalla testata che doveva essere l’house-organ del veltronismo e che invece non sembra voler fare sconti al segretario in pectore (esattamente come è successo per Prodi…). In un corsivo non firmato, quindi attribuibile al direttore, il Corriere della sera così commenta la posizione del sindaco, a pagina 8: “E’ certo che, a mani libere, Walter Veltroni sarebbe il primo a firmare il referendum elettorale e impegnarsi a dare all’Italia un profilo nettamente maggioritario e bipolare. Ma il suo nuovo ruolo di candidato alla guida del Partito democratico gli impedisce di farlo e gli suggerisce anzi una prudente linea di condotta che non lo metta in urto con le componenti del centrosinistra contrarie al referendum. “Una scelta saggia ed equilibrata, ma solo all’apparenza – continua il Corriere di Mieli - Innanzitutto perché con la sua acrobatica presa di posizione Veltroni pone una notevole distanza con il piglio ‘decisionista’ del suo discorso di investitura a Torino. Ma soprattutto perché dal futuro leader del partito più grande dell’Unione si esige che i nodi vengano sciolti, non evitati: dalla legge elettorale alle pensioni, dalle tasse alla Tav a tutti i temi in cui il centrosinistra appare lacerato e frantumato. Conclusione: “Scegliendo, Veltroni non deve pensare di ‘offendere’ qualcuno: semplicemente sta esercitando il suo ruolo di leader in un sistema democratico che, come lui stesso sostiene, soffre di un deficit di decisione. Non scegliendo, finisce per dare ragione a chi, a cominciare da Rossana Rossanda, teme che una parte dei sostenitori di Veltroni voglia tendergli una trappola per logorarlo e sfiancarlo. Molto, se non tutto, dipende da lui”. A corredo di questo “spunto” per nulla accomodante c’è un’intervista al governatore del Friuli, Riccardo Illy, di comprovata fede democrat, il cui titolo non lascia dubbi: “Scoraggiante, al bene comune preferisce il suo”. E dentro è ancora più chiaro: “Veltroni ha mostrato di preferire l’interesse particolare e il riscontro immediato, ossia la sua elezione alla guida del Pd, rispetto al bene comune e a un progetto di ampia gittata, come quello di realizzare una legge elettorale capace di garantire stabilità e governabilità”. Sulla Stampa Federico Geremicca mette in fila in un’ampia paginata tutte “le spine del giovane Walter”, e dopo aver analizzato il peso che potranno avere la “delusione e l’amarezza” di Pierluigi Bersani, costretto a non candidarsi, passa al caso Parisi: “Ancora più insidiosa è la polemica sviluppata da Arturo Parisi direttamente nei confronti del sindaco di Roma, reo di sostenere il referendum elettorale ma di non firmarlo con la motivazione che «sono candidato alla guida di un partito collocato in una maggioranza in cui ci sono opinioni diverse». La replica del ministro della Difesa, ulivista della prima ora, è al vetriolo: «Se candidato alla guida significa candidato a guidare, a scegliere, non riesco a capire perché Veltroni decida di farsi guidare invece che guidare... Il Veltroni che serve all’Italia è uno che espone la sua linea e su questa cerca il consenso, non un candidato che si propone fin dall’inizio come il candidato di tutti e di nessuno». Il rilievo è pesante perché punta dritto al cuore delle due questioni che, a detta di alcuni, rappresenterebbero il vero tallone d’Achille di Walter Veltroni: la ricerca dell’unanimismo e, dunque, la predisposizione verso posizioni generiche - se non proprio ecumeniche - capaci di non scontentare nessuno. Un limite che potrebbe rivelarsi effettivamente pesante, se non superato, a fronte delle scelte da compiere da oggi ai prossimi mesi. Riuscirà Veltroni ad assumere il piglio «decisionista» indispensabile per riportare un minimo d’ordine nel centrosinistra?”. Ma i parisiani non sembrano intenzionati a fermarsi. Goffredo De Marchis, su Repubblica, illustra il piano dei fedelissimi del Professore nello spingere Veltroni ad appoggiare ancora più allo scoperto il referendum: “La firma del primo cittadino per l’abolizione del Porcellum farebbe venire allo scoperto altre candidature, quelle di chi è tiepido nei confronti del quesito. ‘E romperebbe il ticket Franceschini’, spiegano i prodiani. Visto che il capogruppo dell’Ulivo alla Camera è decisamente freddo sul referendum”. Non fa sconti neanche Riccardo Barenghi nella sua Jena: “Veltroni: ‘Appoggio il referendum ma non lo firmo per opportunità’. Che una volta si chiamava opportunismo”. Stefano Folli, nel suo Punto sul Sole 24 Ore, non è da meno: “Forse ci si potrebbe aspettare di più da un personaggio che ambisce a essere un leader e non semplicemente il garante di un assetto tattico. Il ruolo del sindaco di Roma dovrà essere realmente innovativo, nel linguaggio e nella sostanza. Pensare al capo del Partito democratico come a una sorta di segretario della vecchia Dc non avrebbe senso”. Si capisce bene, allora, che dalle parti del Campidoglio prolifera un pesante nervosismo. Sul Corriere della Sera Alessandro Capponi, nel pezzo di cronaca sull’uscita referendaria del sindaco, inizia così: “Uno dei collaboratori di Veltroni, a metà pomeriggio, cammina nel corridoio di fronte allo studio del sindaco e, a voce bassa, ripete: ‘Quello è venuto qui tre volte, qui, in quest’ufficio, per chiedergli di candidarsi…’. Quello è Arturo Parisi”. Ma il nervosismo dei collaboratori diventa vera e propria “irritazione” del principale. Lo scrive De Marchis, citando parole del candidato: “Io compio un gesto di riguardo nei confronti del governo, non firmo per scrupolo e vengo pure attaccato…”. Il tempo delle fanfare è finito, caro W., nella mischia gli schizzi volano per tutti… Dagospia 10 Luglio 200710/07/2007
Documento n.6684