Da Dagospia 14-6-2007 NON RIESCO A COMPRENDERE PERCHÉ UNA COOP NON POSSA CONTROLLARE CON I SUOI SOLDI UNA BANCA, MENTRE MANAGER E PROF D’UNIVERSITÀ SÌ
- PERCHÉ NON E’ STATA SOLLEVATA UNA QUESTIONE MORALE ANCHE PER LA FUSIONE PRODISTA DI BAZOLI?... Francesco Cossiga per “Il Riformista” Caro direttore, non mi intendo di banche ordinarie, non mi intendo di merchant bank, non mi intendo di grandi società di consulenza finanziaria, non mi intendo assolutamente di denaro. Mai me ne sono occupato a fini personali, non so se per onestà o soltanto per ignoranza, salvo che per finanziare legalmente il mio partito e le mie campagne elettorali: ma a quei tempi la classe politica non aveva varato ancora leggi sul finanziamento dei partiti come poi sull’abolizione di prerogative parlamentari derivanti dalla Magna Charta al fine di mettersi sotto il ricatto costante di un ordine giudiziario trasformatosi in “potere”. Non mi voglio impicciare nella guerra scatenata da una parte della maggioranza contro l’altra, con il concorso di grandi organi di stampa, dei loro patron industriali e bancari, compresa la prudente tessera n.1 del Partito democratico (Carlo De Benedetti, ndD), e di settori della magistratura deviata. Tra l’altro la solidarietà espressa a esponenti della parte sotto attacco non è stata gradita, perché questa parte sin da tempi lontani non ha voluto e non vuole difendersi per non attaccare il potere giudiziario di cui è stata ed è ancora storica alleata (ricordiamo Cossiga, connivente con il terrorismo di Prima Linea, Gava complice della camorra, Andreotti colluso con la mafia e mandante d’omicidio, Darida ladro, corrotto e corruttore, Tabacci tangentista e concussore e oggi Cuffaro mafioso, e così via: l’elenco sarebbe troppo lungo); e anche perché chi li ha attaccati e li attacca sono i cofondatori del Partito democratico e i compagni di governo, e se si difendono rischiano di far saltare l’uno e l’altro. Se gli avversari fossero stati i berlusconiani, come sarebbe stato tutto più semplice… Le scrivo questa lettera non per difendere chi è infastidito anche dall’essere difeso, ma per difendere me stesso. Sulle colonne di questo giornale e anche in pubblici dibattiti, perfino nelle settimane culturali di Cortina, ho sostenuto la perfetta legittimità anche politica, e anzi la politica opportunità al fine di un maggiore equilibrio politico-economico-finanziario-bancario, della scalata di Unipol alla Bnl. Non riuscivo a comprendere perché una società di cooperatori non potesse controllare con i suoi soldi una banca, mentre manager e professori d’università sì, anche senza metterci soldi. E non riesco a comprendere perché si sia potuta sollevare una questione morale nei confronti di dirigenti di un partito che era l’erede del Partito comunista, il partito dei lavoratori e delle cooperative, e non la si sia sollevata per una megafusione bancaria appoggiata da un presidente del Consiglio e da un partito della coalizione, perché la politica deve stare fuori dell’economia per tutti o per nessuno. Ma, in proposito, il riformismo socialista e cristiano sociale, senza appellarsi al marxismo-leninismo, non postulano il contrario, e cioè la guida della politica sull’economia? «Sì, ma solo attraverso regole!», si dice: però questa è roba da liberalismo democratico, non da riformismo socialista, cristiano-sociale o da “terza via” tra capitalismo e socialismo. (L'ex Unipol, Giovanni Consorte - Foto Lapresse) Comunque, io difendo il tentativo di scalata dell’Unipol alla Bnl, fatto fallire dal leader della Margherita e da un altro significativo esponente di questo partito, d’intesa con chi poi sarebbe diventato presidente del Consiglio dei ministri grazie a una leadership assicuratagli da ridicole primarie organizzate dalla struttura capillare dei Ds e con il loro voto massiccio, per l’ispirazione di colossi bancari “amici”, e grazie anche all’azione tempestiva di settori altrettanto “amici” della magistratura. Questo tentativo è stato fatto fallire anche al prezzo della cessione di una antica e gloriosa banca italiana a un colosso bancario straniero: ma già, noi siamo “europei”! Mi confermo amico e estimatore di Consorte e di Casale: i Ds li hanno buttati a mare, credendo che così non dico la “belva”, ma il “gattone” si sarebbe saziato; ma così non è stato. E la propalazione di notizie senza rilevanza penale da parte del gatto del portiere del Palazzo di Giustizia di Milano attraverso la sua amorosa, la gattina della portiera di via San Solferino, ha cominciato a fare il resto! Oggi è arrivata una dura tranvata in testa ai compagni ds e agli amici del futuro Partito democratico da parte del vice presidente del Consiglio dei ministri dell’unitissimo governo dell’Unione. (Il premier Prodi e il suo fido ministro Parisi - Foto Lapresse) E il presidente del Consiglio tace, reso prudente dall’educazione avuta nella sagrestia di qualche parrocchia di Reggio Emilia, mentre il suo ex compagno di Fuci Francesco Cossiga parla e straparla, dato che anche egli è stato evvero educato in parrocchia, ma non in sacrestia, bensì nell’oratorio del Circolo Sacro Cuore della Parrocchia di San Giuseppe in Sassari, insieme ad Arturo Parisi, a Mario Segni e a Luigi Manconi, prima che questi andasse a studiare e a occupare l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano, con una borsa della Diocesi o della Santa Sede, anche lui oggi “moralista”, come tutti i “lotta-”, ieri, e oggi “lobby-continuisti”, vicini più alle banche e alle grandi case editrici e ai grandi quotidiani filo-bancari che certo alle “masse elettorali in lotta”. P.S. La presente lettera si riferisce a personaggi viventi e ad avvenimenti reali. Ma non intende essere, stiano tranquilli, né una difesa né un atto di solidarietà ai dirigenti dei Ds sotto attacco! Dagospia 14 Giugno 200714/06/2007
Documento n.4812