Da Corriere.it (5-2-06) Scalata e interventi stranieri, lezione per i politici
Le scalate Scalata e interventi stranieri, lezione per i politici Forse è ingenuo sperare che scendano i costi e migliori il servizio, ma l’arabesco è finito Da noi, diceva Flaiano, la linea più breve fra due punti è l’arabesco. Venerdì Bnp, grande banca francese, ha comprato Bnl, e Antonveneta va con Abn Amro. Forse è ingenuo sperare che scendano i costi e migliori il servizio, ma l’arabesco è finito. Nel dicembre 2004 il Corriere per primo scrisse: «Nessun contendente deve essere "visto bene" dalla Banca centrale, arbitro imparziale per definizione». Qualcuno credeva forse di difendere l’interesse nazionale ignorando le leggi dell’Unione Europea, convinto dell’appoggio ricevuto a Palazzo Chigi davanti allo Sciacchetrà; mai dimenticare la volubilità del signore di Arcore, magari ignaro, certo vacillante nel mantenere le promesse. La partita delle scalate bancarie che ha arroventato l’estate 2005, e che sembrava aver visto prevalere per 2 a 0 le tre F (Fazio, Fiorani e Furbetti assortiti), si è chiusa con un rovesciamento di fronte; come spesso accade, nell’apparente trionfo c’era il germe della sconfitta.Èquesto il brillante risultato ottenuto dagli astuti difensori dell’italianità delle banche, tanto convinti di essere gli autentici interpreti dell’interesse del Paese da ritenersi sciolti dall’osservanza delle buone maniere, quando non della legge. Tanta presunzione di rado si accoppia a tanta insipienza: è lungo l’elenco dei gravi errori commessi. Prima una lotta indiscriminata agli stranieri, senza quella razionalità che consigliava di approvare alcune operazioni, fermandone con ragione altre: non si ferma la piena mettendo il dito nella falla della diga. Poi la pretesa di bloccare tutte le grandi concentrazioni, con le banche che giocano alle belle statuine: onde il divieto di operazioni che potevano consentire il rafforzamento di «campioni nazionali» sani (San Paolo- Roma e Unicredit-Comit). Resta oscuro il movente, forse si voleva dar tempo a Banca di Roma di rafforzarsi, con abbondanti trasfusioni di sangue da Bipop. Quando poi il blocco mette a rischio il controllo di alcune banche, e serve un cavaliere bianco, lo si trova proprio in Gianpiero Fiorani, alla testa di una banda in una banca debole e gestita come un hedge fund (definizione di Alessandro Penati). La coazione a ripetere gli svarioni pare finita e il Paese può trarne alcune lezioni. Anzitutto, che chi vuole contrastare un’Opa non prende scorciatoie che bordeggiano sull’illegalità, ma fa un’Opa concorrente. Poi che anche disegni bancari interessanti, come forse quello di Lodi, falliscono se perseguiti con mezzi criminosi: a chi deride le anime belle, prive di realismo, chiediamo quanto sia giovata ai furbetti la loro disinvoltura. Gli anticorpi che ci hanno salvato sono la deprecata magistratura, la stampa e chi, nelle Autorità indipendenti, è rimasto neutrale: una menzione speciale a chi in Banca d’Italia ha tenuto dritta la schiena. La complicità dei controlli interni nella truffa lodigiana, invece, conferma una costante dei nostri recenti scandali: se in Italia il vertice dell’impresa è anche alla testa della truffa, i controlli interni (Bipop, Cirio, Parmalat, Bpl) si voltano dall’altra parte: feroci coi piccoli furti sulle note spese, perché impegnati a reggere il sacco ai grandi ladri. Se non prenderemo coscienza della strada da fare in questo campo, nessuna legge sul risparmio ci tutelerà: allo sbeffeggiamento del potente da lontano, si accoppia la deferenza quando questi è bene in vista. Infine la lezione più trascurata: ognuno faccia il proprio mestiere, anziché invadere il campo altrui, il che in genere induce anche a trascurare i propri obblighi. I cda delle imprese devono sì collaborare con il capo azienda, ma anche monitorarne il lavoro, anziché tifare per il goleador, che magari trucca il gioco. Quanto ad uomini politici e istituzioni, restino fuori dalle contese economiche, dove spesso sono disinformati e corrono il rischio (a parte il signore di Arcore, che è sul suo terreno) di fare il gioco di qualcuno che — anche se non ci possono credere —è più furbo di loro. Anziché entrare nelle contese economiche, pensino piuttosto ad arginare lo strapotere di economia e finanza nella politica: lì sì che c’è da fare. Salvatore Bragantini 05 febbraio 200606/02/2006
Documento n.5639