Il Consiglio n° 47. PENSIONI: LE “SCELTE OBBLIGATE” DEL TFR. PICCOLA GUIDA. I CONSIGLI.

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Il ConsigliO n° 47 PENSIONI: LE “SCELTE OBBLIGATE” DEL TFR. PICCOLA GUIDA. I CONSIGLI. A CURA DI FEDERCO NOVELLI PER CONTO DI ADUSBEF SINTESI 1. Introduzione L’ attuale Governo ha deciso di anticipare l’ entrata in vigore del nuovo sistema previdenziale al 1° gennaio 2007. La riforma è quella prevista dal decreto legislativo n. 252 del 5 dicembre 2005 (decreto Maroni). La normativa in questione sarebbe dovuta entrare in vigore il 1° gennaio 2008. Ora che il Governo Prodi ha stabilito che il decreto entrerà in vigore già dall’ inizio del prossimo anno, le imprese ed i lavoratori dovranno, entro il 30 giugno 2007 (originariamente entro il 30 giugno 2008), prendere decisioni importanti. Vediamo quali sono le novità più significative introdotte dalla riforma1. Sono interessati alla riforma della previdenza complementare i lavoratori dipendenti del settore privato. Tuttavia, la disciplina specifica sul conferimento del TFR alle forme previdenziali complementari si applica solo ai lavoratori dipendenti. Le impostazioni illustrate di seguito dovranno passare al vaglio del legislatore e sono pertanto passibili di modifica. 2. Le forme di previdenza complementare Le forme pensionistiche complementari sono forme di previdenza finalizzate alla costituzione di una prestazione pensionistica integrativa, autorizzate e sottoposte alla vigilanza della Covip. Le varie forme complementari si distinguono in: Fondi negoziali (o chiusi), ossia fondi complementari stabiliti per categoria di lavoratore o istituiti presso le imprese sulla base dei contratti collettivi; Il fondo pensione negoziale è un soggetto giuridico autonomo, la cui attività consiste prevalentemente nella raccolta delle adesioni e dei contributi e nell’individuazione della politica di investimento delle risorse, che vengono affidate in gestione a soggetti esterni specializzati nella gestione finanziaria. Fondi aperti, ossia fondi istituiti direttamente da banche ed assicurazioni e società di gestione del risparmio. Costituiscono un patrimonio separato ed autonomo finalizzato esclusivamente all’erogazione delle prestazioni previdenziali. Esistono poi i contratti di assicurazione con finalità previdenziali. Le risorse finanziarie accumulate mediante tali contratti costituiscono patrimonio autonomo e separato. Infine menzioniamo i fondi pensione preesistenti sono forme pensionistiche complementari già istituite alla data del 15 novembre 1992. L’adesione a questa tipologia di fondo è su base collettiva e l’ambito dei destinatari è individuato dagli accordi aziendali o interaziendali. Tali fondi presentano caratteristiche peculiari rispetto ai fondi istituiti successivamente. Queste sono le più importanti forme di previdenza complementare oggi esistenti in Italia. Con queste, i lavoratori dovranno prendere confidenza al fine di operare una scelta consapevole. Tale scelta non dovrà avvenire necessariamente in favore della previdenza integrativa in quanto, come vedremo, i lavoratori potranno anche decidere di tenere il TFR presso il proprio datore di lavoro (o presso l’ INPS nel caso in cui siano occupati in aziende con più di 50 dipendenti). Tuttavia, anche per essere in grado di optare per tale ultima preferenza, è indispensabile conoscere bene il sistema dei fondi pensionistici complementari. 3. Le modalità di destinazione del TFR In base a quanto previsto dal disegno di legge finanziaria, dal 1° gennaio 2007 ciascun lavoratore dipendente può scegliere di destinare il proprio Trattamento di Fine Rapporto (TFR) maturando (futuro) alle forme pensionistiche complementari o mantenere il TFR presso il datore di lavoro. In relazione all’anzianità contributiva maturata presso gli enti di previdenza obbligatoria si aprono diverse possibilità di scelta per i lavoratori. Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti iscritti ad un ente di previdenza obbligatoria dal 29 aprile 1993, la scelta sulla destinazione del TFR riguarda l’intero TFR maturando e può essere manifestata in modo esplicito (dichiarazione espressa) o tacito (silenzio-assenso all’adesione). Modalità Esplicite Entro il 30 giugno 2007 per i lavoratori in servizio al 1° gennaio 2007, o entro 6 mesi dalla data di assunzione, se avvenuta successivamente al 1° gennaio 2007, il lavoratore dipendente può scegliere di: • destinare il TFR futuro ad una forma pensionistica complementare; • mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro. In tal caso, per i lavoratori di aziende con più di 50 dipendenti, l’intero TFR è trasferito dal datore di lavoro al Fondo per l’erogazione del TFR ai dipendenti del settore privato, gestito, per conto dello Stato, dall’INPS (in attesa di approvazione la proposta di destinare solo il 50 per cento del TFR). La scelta di destinazione del TFR futuro ad una forma pensionistica complementare deve essere espressa dal lavoratore attraverso una dichiarazione scritta indirizzata al proprio datore di lavoro con l’indicazione della forma di previdenza complementare prescelta. La dichiarazione scritta è necessaria anche nel caso in cui si scelga di mantenere il TFR futuro presso il proprio datore di lavoro. Modalità Tacite (Silenzio - Assenso) Se entro il 30 giugno 2007 per chi è in servizio al 1° gennaio 2007, o entro 6 mesi dall’assunzione, se avvenuta successivamente al 1° gennaio 2007, il lavoratore non esprime alcuna indicazione relativa alla destinazione del TFR, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, o ad altra forma collettiva individuata con un diverso accordo aziendale, se previsto. Tale diverso accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore in modo diretto e personale. In presenza di più forme pensionistiche collettive, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro: alla forma individuata con accordo aziendale; in assenza di specifico accordo, alla forma alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. In assenza di una forma pensionistica collettiva individuabile sulla base di questi criteri, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro ad un’apposita forma pensionistica complementare istituita presso l’INPS, alla quale si applicano le stesse regole di funzionamento delle altre forme di previdenza complementare. Trenta giorni prima della scadenza dei 6 mesi utili per effettuare la scelta, il datore di lavoro deve comunicare al lavoratore che ancora non abbia presentato alcuna dichiarazione le necessarie informazioni sulla forma pensionistica collettiva alla quale sarà trasferito il TFR futuro in caso di silenzio del lavoratore. La destinazione del TFR futuro ad una forma pensionistica complementare, sia con modalità esplicite che tacite: • riguarda esclusivamente il TFR futuro. Il TFR maturato fino alla data di esercizio dell’opzione resta accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla fine del rapporto di lavoro con le rivalutazioni di legge; • determina l’automatica iscrizione del lavoratore alla forma prescelta. Il lavoratore iscritto godrà quindi dei diritti di informazione e partecipazione alla forma di previdenza complementare cui ha aderito; • non può essere revocata, mentre la scelta di mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro può in ogni momento essere revocata per aderire ad una forma pensionistica complementare. Per quanto concerne invece i lavoratori dipendenti iscritti ad un Istituto di previdenza obbligatoria in data antecedente al 29 aprile 1993 ci sono possibilità di scelta differenti. In particolare, tali lavoratori possono: • se già iscritti ad una forma pensionistica complementare al 1° gennaio 2007, scegliere, con dichiarazione scritta indirizzata al datore di lavoro (modalità esplicita), di contribuire al fondo con la stessa quota versata in precedenza mantenendo presso il datore di lavoro la quota residua di TFR; • se non iscritti ad una forma pensionistica complementare al 1° gennaio 2007, scegliere con dichiarazione scritta diretta al datore di lavoro (modalità esplicita) di trasferire il TFR futuro a una forma pensionistica complementare, nella misura fissata dagli accordi collettivi o, in assenza di accordi in merito, in misura non inferiore al 50%. In entrambi i casi resta ferma la possibilità di incrementare la quota di TFR maturando da versare alla forma pensionistica complementare. Se i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 non esprimono alcuna scelta sul TFR, si verifica il silenzio-assenso all’adesione e il datore di lavoro trasferisce integralmente il TFR futuro alla forma pensionistica complementare individuata, secondo quanto illustrato in ‘Modalità Tacite’ (v.sopra). 4. La spesa previdenziale diventerà davvero insostenibile ? I fautori della “riforma delle pensioni” puntano – spesso con toni drammatici – sul fatto che la previdenza complementare è assolutamente necessaria in quanto la spesa previdenziale diventerà insostenibile nei prossimi decenni e ciò renderà impossibile per i lavoratori avere una pensione dignitosa. In realtà bisogna porre bene in evidenza che questo ragionamento è specioso e falso perché distorto dal nostro sistema previdenziale, che finanzia oltre la previdenza anche l’assistenza ed altre “provvidenze”. Insomma, l’Italia addossa all’INPS ogni forma di provvidenza: dalla cassa integrazione, agli assegni familiari, alle cosiddette pensioni sociali. Paga lo Stato, ma la colpa viene addossata al sistema pensionistico. Se non si separa chiaramente la previdenza dall’ assistenza è ovvio che i fondi pensione complementari diventeranno una necessità e un grande affare per chi li gestisce. 5. I consigli 1) Come scelta iniziale: mantenere il proprio TFR presso il proprio datore di lavoro; sarà infatti possibile, in qualsiasi momento cambiare scelta destinando il TFR ad un fondo complementare. Infatti, se decidessimo diversamente, la scelta sarà definitiva e non potremo più cambiare destinazione al TFR. Nel momento in cui saremo in grado di valutare meglio gli strumenti a disposizione e di poterne verificare la qualità (gestione, rendimenti, trasparenza, chiarezza nei costi ecc.) potremo destinare decidere per una destinazione diversa ed a ragion veduta. 2) Attenzione all’esca dei rendimenti. I fondi aperti rendono di più, ma hanno costi maggiori: per adescare gli interessati, banche e assicurazioni sbandiereranno i rendimenti spuntati e sorvoleranno sui costi. Non è opportuno decidere in funzione dei tassi di rendimento passati: non è detto che verranno ripetuti. 3) Capitale subito o rendita?. Conclusa la vita lavorativa, chi avrà optato per lasciare il TFR in azienda o all’INPS, otterrà la liquidazione in unica soluzione; chi avrà optato diversamente potrà ottenere solo il 50 per cento del capitale risultante in unica soluzione immediata. Il restante 50 per cento dovrà essere riscosso a rate. Chi ritiene pertanto più conveniente entrare subito in possesso di tutto il capitale (da gestire e/o investire come ritiene più opportuno) dovrà quindi non optare per i fondi: con la scelta aziendale, la liquidazione avverrà esattamente come è avvenuta fino ad ora. 4) Per il governo: sarebbe opportuno emettere titoli di Stato “dedicati” all’ investimento individuale ed automatico del TFR, senza soggiacere ai gestori (banche e assicurazioni): si potrebbe pensare a titoli con rendimento pari a quelli dei CCT, non liquidabili se non per i motivi già di legge (acquisto prima casa per sé o per familiari stretti, grave malattia), di durata dai 5 ai 35 anni, con reinvestimento automatico della cedola annuale in titoli della stessa qualità. La loro liquidazione ( o il loro mantenimento) dovrebbe avvenire solo a conclusione della vita lavorativa. Potrebbero essere di concorrenza ai gestori privati. <

05/01/2007

Documento n.4834

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