BANCHE VENETE: BANKITALIA, CHE NON HA VIGILATO; MEF GARANTE MALEFATTE SISTEMA BANCARIO, RESPONSABILI CRAC DI 45,8 MLD EURO, ADDOSSATO A 207MILA FAMIGLIE E COLLETTIVITA', CON STUPRO LEGGI E COSTITUZIONE

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COMUNICATO STAMPA

 

BANCHE VENETE: BANKITALIA, CHE NON HA VIGILATO; MEF GARANTE MALEFATTE SISTEMA BANCHE,  RESPONSABILI  CRAC DI 45,8 MLD EURO, ADDOSSATO A 207MILA FAMIGLIE E COLLETTIVITA’,CON STUPRO LEGGI E COSTITUZIONE.

 

   La procura di Roma, che non brilla certo per solerzia quando si tratta di banchieri e potentati economici, a poche ore dal regalo delle banche venete ad Intesa San Paolo, con la dote inziale di 5 miliardi di euro come caparra dei 17 mld impegnati dal ministro Padoan per salvare, a spese della collettività e di 207.000 famiglie frodate Veneto Banca e BpVi dello spiccia faccende di Bankitalia Zonin,  ha chiesto il rinvio a giudizio per l'ex AD di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, l'ex presidente Flavio Trinca e altri nove tra amministratori e manager, per le irregolarità nella gestione dell'istituto di credito tra il 2012 ed il 2014.

   Posto che le responsabilità principali dell’accaduto sono in capo a Gianni Zonin, Vincenzo Consoli e ai loro allegri amici e sodali –scrive Paolo Fior sul Fatto-, corre l’obbligo ribadire che non avrebbero potuto stare al timone delle due banche venete per quasi un ventennio, facendole crescere anche a colpi di acquisizioni ed il valore gonfiato delle azioni, senza la complicità diretta e indiretta di autorità di controllo – Bankitalia in testa – che si sono distinte unicamente per aver girato la testa dall’altra parte e chiuso tutte e due gli occhi.

    Non risultano contestazioni su come venivano gestiti gli istituti di credito e su come e a chi venivano piazzati strumenti finanziari rischiosi e illiquidi come le azioni non quotate delle due banche popolari e le obbligazioni subordinate;  nessun rilievo pubblico su come veniva determinato il valore (sempre in crescita) delle azioni delle due banche in assenza di valutazioni indipendenti; mai nessun serio controllo anche perché – nel caso della Popolare di Vicenza – un certo numero di uomini-chiave della Banca d’Italia, furono assoldati da Zonin, in un sistema di porte girevoli che per Adusbef integra gravissimi reati penali.

   Con Bankitalia corresponsabile del crac delle banche venete, che aveva scelto il suo spiccia faccende Zonin e la BpVi come possibile “aggregatrice” per salvare la Popolare dell’Etruria, grazie alla rete protettiva formata da ex funzionari di palazzo Koch: Gianandrea Falchi, già capo della segreteria quando Mario Draghi era governatore, assunto nel 2013 alle relazioni istituzionali; Mariano Sommella, arrivato fin dal 2008 e Luigi Amore, l’uomo che aveva condotto l’ispezione del 2001, mentre nel 2011, era stato nominato vicepresidente Andrea Monorchio, l’ex ragioniere generale dello Stato, assieme a magistrati in pensione (tra i quali quel Fojadelli che aveva archiviato l’inchiesta del 2001) e ufficiali della Finanza. “Bankitalia e Consob – prosegue Paolo Fior-  non hanno vigilato: risarciscano i danni – Chi ha subito l’azzeramento delle azioni e delle obbligazioni subordinate, e lo stesso Stato che è intervenuto con i soldi dei contribuenti per far fronte al crac, dovrebbero chiedere alla Banca d’Italia di risarcire i danni. Un discorso analogo vale per la Consob, che non si è affatto curata di controllare le modalità di collocamento di azioni e obbligazioni subordinate, vendute molto spesso in violazione delle norme di legge a soggetti del tutto privi dei requisiti previsti per l’acquisto. Anche la Consob dovrebbe essere chiamata a rispondere delle sue mancanze risarcendo i risparmiatori truffati e lo Stato per il danno erariale. Non si tratterebbe di una partita di giro tra fondi pubblici, ma di risarcimenti veri perché a finanziare il bilancio delle Authority sono i soggetti vigilati, ossia le banche, gli intermediari e le società quotate, e soprattutto sanzionare chi ha reso possibili i crac a causa delle sue omissioni è il primo, vero passo, che può contribuire a ridare credibilità ad arbitri di cui non si fida più nessuno”.

   Il Governo approva un decreto, controfirmato dal presidente Mattarella, in deroga all'art. 47 della Costituzione, al Codice Civile, al Testo Unico Bancario, al Testo Unico della Finanza, Codice del Consumo, al diritto fallimentare, spacciando un regalo a Banca Intesa che si prende l’argenteria delle due banche e butta al macero i crediti tossici, richiamando il saggio di Gaetano Salvemini, pubblicato per la prima volta nel 1910, riedito nel 1919: ‘Il ministro della mala vita’, avente per oggetto i rapporti fra la società italiana nei primi anni del XX secolo e la politica italiana, impersonata da Giovanni Giolitti.

  Il decreto salva banche di gennaio da 20 miliardi di euro, è tra l’altro incapiente di 3 miliardi, se sommiamo i 6 mld di capitalizzazione Mps; i 5 miliardi di caparra ad Intesa ed altri 12 mld a copertura delle svalutazioni sui bad asset delle due banche venete fino a 17 mld, con il pasticcio della valutazione dei crediti tossici, appostati in bilancio al 56%, oltre il triplo delle sofferenze delle 4 banche in risoluzione, valutate il 17,6%, di valore economico pari al 25% per la parte garantita da ipoteca e all'8,4% per quella chirografaria, con una media ponderata del 17,6%.

   Infine la probabile revocatoria del rimborso alla pari del bond subordinato in scadenza al 31.12.16 per nominali 328,8 milioni di euro emesso nel 2009 (Isin IT0004548258) e convertibile in azioni Bpvi, oggetto di rastrellamenti speculativi e favoritismi, quando le quotazioni erano ben sotto la pari, in modo da poter conoscere gli investitori istituzionali e piccoli risparmiatori, rimborsati alla pari il 2 gennaio 2017.

   Tali somme, inoltre potrebbero essere oggetto di indagine in fase di liquidazione della Bad Bank ed esserne chiesta la restituzione; in casi di fallimento infatti il curatore fallimentare può chiedere il rientro delle somme trattandosi di una dazione che ha ridotto il capitale della società, come sancito dalla Consulta: "...Il contratto di transazione è soggetto alla revocatoria fallimentare. Infatti, la sua natura non aleatoria ma commutativa fa si che ciascun contraente subisca un sacrificio patrimoniale determinato, onde procurarsi un vantaggio corrispondente e rende possibile al giudice valutare, ex art. 67, n. 1, legge fall., se la prestazione assunta dal fallito sorpassi notevolmente la controprestazione".

 

                                                                                        

28/06/2017

Documento n.8079

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