BANCHE: PASSERA, BAZOLI E TEMPINI, TRA I 15 BANCHIERI ACCUSATI DAL PM DI TRANI RUGGIERO DI TRUFFA AGGRAVATA E CONTINUATA PER AVER SPACCIATO DERIVATI
COMUNICATO STAMPA
BANCHE: PASSERA, BAZOLI E GORNO TEMPINI, TRA I 15 BANCHIERI ACCUSATI DAL PM DI TRANI MICHLELE RUGGIERO DI TRUFFA AGGRAVATA E CONTINUATA PER AVER SPACCIATO DERIVATI TOSSICI AD IMPRESA. ADUSBEF, SEMPRE A FIANCO DEI MAGISTRATI CHE INDAGANO L’OPERATO SPESSO TRUFFALDINO DEI BANCHIERI, SI COSTITUIRA’ PARTE CIVILE.
E’ passata sotto silenzio la notizia dell’iscrizione sul registro degli indagati di Corrado Passera, Giovanni Bazoli, Giovanni Gorno Tempini tra i 15 banchieri e manager accusati di truffa aggravata nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Trani, da parte di Michele Ruggiero, il combattivo pubblico ministero della Procura pugliese che ha messo sotto inchiesta le principali agenzie di rating mondiali, titolare di fascicoli scottanti, tari i quali l’usura bancaria e la manipolazione dell’Euribor.
Stavolta il Pm Ruggiero ha iscritto sul registro degli indagati 15 tra banchieri e manager, tutti accusati di truffa aggravata continuata e (solo alcuni funzionari minori) di concorso in abusivismo finanziario continuato, nomi eccellenti di dirigenti ed ex dirigenti di Banca Intesa e della controllata banca Caboto. Tra questi: Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza ed ex presidente del cda, Corrado Passera, amministratore delegato sino al 2011 e poi ministro, Enrico Salza, ex presidente del Consiglio di gestione, Giampio Bracchi, ex vicepresidente e Giovanni Gorno Tempini, ex amministratore delegato di Caboto, oggi amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti.
Accusati di aver venduto prodotti derivati a Ruggiero Di Vece, titolare della Euroalluminio, società pugliese specializzata nella vendita di materiali per l’edilizia nel 2004, con la sottoscrizione di un finanziamento a tasso variabile dell’importo di 700 mila euro da estinguere in quindici anni in rate trimestrali. Contemporaneamente Di Vece viene indotto (per il pm il «consenso sarebbe stato carpito con l’inganno») a firmare con Banca Intesa «contratti aventi a oggetto strumenti finanziari derivati Irs». Una truffa aggravata dal fatto di aver fatto sottoscrivere a Di Vece prodotti «via via più gravosi, chiedendo periodicamente la rinegoziazione previa risoluzione dei precedenti contratti; prospettando al cliente una minore esposizione e invece aggravando la sua posizione e aumentando contestualmente il proprio margine di guadagno».
I derivati erano stati proposti a Di Vece come «copertura dal rischio di variazione del tasso d’interesse» del suo finanziamento, ma per Ruggiero questi «erano strutturalmente inefficaci e inadeguati a tale funzione per la loro peculiare natura speculativa (cioè vere e proprie scommesse sui tassi), sempre sbilanciata in favore della banca». L’imprenditore avrebbe stipulato, «secondo lo schema adottato notoriamente dalle banche della proposta-accettazione», tre contratti destinati a «operatori qualificati» quale non era, dopo aver firmato un modulo in cui invece si dichiarava tale, pur «senza avere ricevuto alcuna informazione sul tipo di derivati, sulla nozione di "operatore qualificato" e sulle conseguenze» di quella dichiarazione. Quei contratti per Ruggiero avrebbero procurato a Intesa un «ingiusto profitto patrimoniale» di 41.410 euro, «profitto rimasto occulto al cliente».
Per il pm, amministratori e manager erano tutti «consapevoli che contratti swap di quel tipo» erano favorevoli sono alla banca e quindi «coscientemente e volontariamente (e quanto meno con dolo eventuale), predeterminavano le condizioni per la negoziazione di contratti derivati di natura truffaldina».
A questo punto il magistrato stila l’elenco delle accuse rivolte ai vertici: aver consentito il collocamento di questi derivati presso la clientela; non averla informata sui possibili rischi (qui Ruggiero cita diversi articoli del Testo unico di intermediazione finanziaria del 1998, il Tuif); non essere corsi ai ripari di fronte ai rischi evidenziati dall’auditing interna e dall’ispezione della Banca d’Italia. Insomma i vertici «predeterminavano, inducevano consentivano e/o comunque non impedivano» che «"l’evento truffa" accadesse (così assumendosene le relative responsabilità)».
Stavolta anche gli ispettori di Bankitalia avrebbero avuto da ridire sulla vendita dei prodotti finanziari incriminati, con Ruggiero che cita i risultati di due ispezioni, del settembre 2005 e del maggio 2006, che avevano contestato l’«inefficacia dei controlli circa l’operato della Rete commerciale» che proponeva i derivati; la mancata corresponsione dei premi ai clienti; la ricerca di meri ritorni senza prestare attenzione ai «rischi legali e reputazionali» della banca.
Adusbef sempre al fianco dei magistrati che mettono sotto inchiesta l’operato discutibile, spesso truffaldino delle banche, anche questa volta si costituirà parte civile, al processo.
Elio Lannutti (Presidente Adusbef)
Roma, 18.1.2014
20/01/2014
Documento n.9603