Senato. Interrogazione Lannutti su derivati del Comune di Roma
Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03715 Atto n. 4-03715 Pubblicato il 23 settembre 2010 Seduta n. 428 LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che: i contratti su derivati stipulati dal Comune di Roma tra il 2003 e il 2007 sono al vaglio della Procura della capitale che indaga, per ora contro ignoti, per l'ipotesi di reato di truffa aggravata; l'inchiesta, come si apprende da un articolo de "Il Sole-24 ore" del 1° settembre 2010, «è partita un anno fa e si sta concentrando sui contratti stipulati dal Campidoglio con sette istituti di credito: Ubs, Deutsche Bank, JP Morgan, Morgan Stanley, Dexia, Banca Opi e Barclays. Nei mesi scorsi le indagini, affidate al procuratore aggiunto Paolo Ielo, hanno subito un'accelerazione. In Procura sono stati sentiti come testimoni non solo i funzionari del Comune (...) e i manager delle banche che si occuparono della stipula dei contratti, ma anche alcuni componenti della giunta guidata da Gianni Alemanno, per capire le motivazioni dello smantellamento della struttura incaricata di occuparsi dei derivati creata dalla precedente amministrazione. Nel frattempo gli uomini della Guardia di Finanza hanno acquisito tutta la documentazione in possesso del Comune. Adesso tutto il materiale è al vaglio degli inquirenti. Il sospetto, rivelano fonti vicine all'inchiesta, è che si siano verificate irregolarità e che le banche possano avere lucrato ingenti commissioni occulte, in analogia con quanto si ipotizza nell'inchiesta sui derivati del Comune di Milano»; dai dati segnalati in una trasmissione di Radio Popolare il 24 maggio 2010 si apprende che tra il 2003 e il 2007 il Campidoglio ha stipulato contratti su derivati per un valore di ben 6 miliardi e 951.000 euro. I relativi interessi ammontano, per il 2008, a 467 milioni di euro, per il 2009 a 633 milioni di euro, e per il 2010 ammonteranno a ben 689 milioni di euro. Mentre sull'esposizione del Comune in riferimento alle cosiddette "commissioni implicite" di intermediazione connesse agli swap e sulle eventuali criticità sul profilo del rischio delle posizioni in derivati, anche con riguardo alle rinegoziazioni di tali posizioni, perdura ad oggi l'incertezza, come precedentemente segnalato nell'atto sindacato ispettivo 4-03237; in un altro articolo pubblicato sempre su "Il Sole-24 ore" del 1° settembre si legge che: «Nell'aprile 2008, quando le passività del Comune sono passate sotto la responsabilità dello stato, erano in essere nove derivati con un valore negativo per il Comune di 147,05 milioni su un debito sottostante di circa 2,6 miliardi. Il mark to market negativo lo scorso settembre era sceso a 74. Al Tesoro, i derivati degli enti locali e territoriali (collegati a 35 miliardi sui 106 del totale debito locale) sono monitorati costantemente e le irregolarità sono considerate casi rari. Così a via Venti settembre non scatta l'allarme derivati: anzi, entro fine anno c'è intenzione di emanare il nuovo regolamento per consentirne l'uso, corretto naturalmente»; mentre il Comune di Roma è indebitato fino al collo, come si apprende da un articolo di "la Repubblica" del 6 agosto 2010 «l'ad di Ama, Franco Panzironi, (...) non contento di percepire più di 380.000 euro l'anno per guidare l'azienda dei rifiuti, ne incassa altri 165.187 come Presidente di Multiservizi», per un totale di «545.287 euro l'anno»; più oltre si legge che «l'ad di Atac, Adalberto Bertucci, che come rivelato da Repubblica è riuscito a farsi nominare consulente dalla sua stessa azienda (aggiungendo 219mila euro l'anno ai 140mila già pattuiti per dirigerla)»; a giudizio dell'interrogante è immorale che il Campidoglio continui a sborsare centinaia di milioni per salvare Ama, con l'aumento della tariffa dei rifiuti (Ta.ri), mentre Panzironi intasca ogni anno 545.000 euro, aggirando il dettato della legge finanziaria per il 2007 e le delibere comunali che fissano un tetto agli stipendi dei manager e vietano il cumulo quando a pagare sono i cittadini romani in termini di aumento di tariffe e riduzione di servizi e infrastrutture; considerato che: il decreto legislativo 17 settembre 2010, n.156, recante "Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n.42, in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale", assai particolareggiato in alcuni aspetti, non solo non disciplina con chiarezza l'istituto dell'aspettativa non retribuita e le modalità di determinazione dell'indennità spettante al Presidente dell'Assemblea comunale e agli assessori, con il conseguente rischio di possibili incrementi di spesa, ma in più introduce una disposizione innovativa che prevede per i consiglieri il diritto di percepire una indennità di funzione, connessa alla carica e parametrata a una serie di indicatori, in luogo dei gettoni di presenza oggi corrisposti per l'effettiva partecipazione alle sedute consiliari; pertanto il recente decreto legislativo, pur nell'esclusivamente formale "invarianza della spesa", non arreca alcun risparmio complessivo di risorse. Viceversa, il provvedimento autorizza ad incrementare le indennità spettanti agli amministratori in questione, al fine di tenere conto della particolare complessità dei compiti loro richiesti, senza prevedere alcun tetto al predetto incremento, si chiede di sapere: quali iniziative di propria competenza intenda assumere il Governo affinché i cittadini romani che pagano il conto delle pubbliche amministrazioni, in termini di aumento di tariffe, riduzione di servizi ed infrastrutture, siano messi in condizione di venire a conoscenza, in base alle norme sulla trasparenza dell'attività amministrativa e sull'accessibilità agli atti delle amministrazioni, quanto, per che cosa e chi stanno pagando; se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se i contratti sui derivati siano stati stipulati con la dovuta perizia e la necessaria cautela, oppure, se sono riscontrabili errori e manchevolezze, a chi ne debba essere attribuita la responsabilità in termini economici oltre che politici; quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo al fine di impegnarsi a verificare gli emolumenti dei manager, come nel caso del Comune di Roma per i vertici delle ex agende municipalizzate, alla luce di una più equa e legittima destinazione delle risorse pubbliche, tanto più necessaria nel momento in cui si chiedono sacrifici a tutti i cittadini; se convenga con l'interrogante che il decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156, si ponga quale preminente finalità, ascrivibile ad interessi di casta, di regolamentare lo status giuridico ed economico dei membri elettivi e di governo dell'ente territoriale (comprese la disciplina dei compensi e di quella dei permessi retribuiti), eludendo o rinviando una più puntuale regolamentazione delle funzioni di Roma Capitale, costituzionalmente necessarie.24/09/2010
Documento n.8720