Senato. Interrogazione Lannutti. Profumo e sua liquidazione

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Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03704 Atto n. 4-03704 Pubblicato il 22 settembre 2010 Seduta n. 427 LANNUTTI , MASCITELLI , CARLINO - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che: l'amministratore delegato Alessandro Profumo, dopo 13 anni nel gruppo Unicredit, è stato sfiduciato dal consiglio di amministrazione riunitosi ieri in seduta straordinaria, al termine di una giornata snervante, fitta di notizie e smentite sulle sue dimissioni; all'ex amministratore delegato di Unicredit, che percepiva uno stipendio di circa 4 milioni di euro l'anno, tra la parte fissa e il variabile, e che ha firmato la risoluzione consensuale con l'istituto di credito, andranno circa 40 milioni di euro di buonuscita; considerato che: la buonuscita di 40 milioni di euro, al top nella classifica per le liquidazioni più ricche a banchieri e manager italiani, appare in netto contrasto con le recenti proposte europee di tagliare i bonus dei manager di fronte alla crisi finanziaria; Unicredit durante la gestione Profumo è stata caratterizzata da continui rincari dei costi di gestione dei conti correnti, fino alla introduzione della commissione di 3 euro per prelevare un importo pari a 100 euro di denaro contante agli sportelli con un evidente deterioramento della qualità dei servizi erogati ad una utenza vessata e tartassata; a giudizio dell'interrogante non è tanto scandaloso che il signor Profumo di Unicredit abbia richiesto una buona uscita pari a 40 milioni di euro, dopo aver collocato derivati "avariati" ad enti locali e piccole e medie imprese ridotte al fallimento, come la Divania di Bari, azienda solida, che dava occupazione a centinaia di lavoratori gettati nella disperazione e licenziati a causa dei derivati; ma è ancora più scandaloso che gli sia stata accordata da parte di un management che dovrebbe valutare un'azione di responsabilità, sia per il crollo del titolo Unicredit da circa 8 a meno di 2 euro, che per i danni inferti a risparmiatori, consumatori, azionisti; una buonuscita pari a 40 milioni di euro equivale al trattamento di fine rapporto di 4.000 precari con analoga anzianità; nel libro di Gianni Dragoni e Giorgio Meletti, giornalisti rispettivamente del "Il Sole-24Ore" e di "La7" ("La paga dei padroni"), si legge che Profumo ha guadagnato 25.000 euro al giorno, esattamente quanto, nella media, un lavoratore dipendente ha incassato in una anno. Si legge anche che un normale operaio o impiegato per mettere assieme quanto Profumo in dodici mesi, dovrebbe lavorare 365 anni; a giudizio dell'interrogante non si possono impiegare milioni di euro del contribuente per salvare le banche e per scoprire, alla fine, che quei milioni sono serviti ad alimentare bonus e buonuscita di manager bancari direttamente responsabili della più grave crisi economica dal primo dopo guerra, ad avviso dell'interrogante la decenza ed un minimo di equità sociale dovrebbero impedire compensi come quello descritto in premessa, iniqui e distortivi, perché il mercato può anche avere dei meriti che vanno preservati ovunque possibile, ma quando si dà al mercato la possibilità di divenire strumento di sopraffazione di esseri umani su altri esseri umani, allora la ragione ed il buon senso dovrebbero intervenire e regolamentare di conseguenza, si chiede di sapere: quali siano le valutazioni del Governo sulla vicenda ed in particolare: quali iniziative urgenti intenda assumere affinché i banchieri che, come nel caso del signor Profumo, hanno l'unica finalità di garantirsi vantaggi economici ed appannaggi vari, senza guardare mai agli interessi ed ai diritti della clientela spremuta proprio per pagare tali bonus, non vengano premiati con compensi immorali, che comportano sproporzioni inaccettabili tra buonuscita dei manager e quelle dei dipendenti comuni, persino quando sono sfiduciati dall'istituto stesso per malagestione; se non debba intervenire con proposte normative organiche di riforma tese a risolvere il conflitto di interessi tra le autorità vigilanti come la Banca d'Italia e le banche azioniste capeggiate da Unicredit e Intesa SanPaolo, che detenendo il 54 per cento delle quote di Palazzo Koch, e quindi la maggioranza azionaria, finiscono per influenzarne l'operato inibendo all'origine quella azione di prevenzione su attività dei banchieri, spesso fraudolente, che danneggiano risparmiatori e consumatori come è stato accertato dai derivati "avariati" e dal grandissimo scandalo del risparmio tradito.

23/09/2010

Documento n.8719

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