Senato. Interrogazione di Elio Lannutti La Macchina del fango "2"

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Interrogazioni orali con carattere d'urgenza ai sensi dell'articolo 151 del Regolamento LANNUTTI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze e della giustizia - Premesso che: il diritto alla libera espressione del pensiero (tutelato dall'articolo 21 della Costituzione) può talvolta entrare in conflitto con altri diritti costituzionalmente garantiti. Nel caso in cui il diritto di cronaca (che è uno dei modi in cui la libera espressione del pensiero si sostanzia) confligga con i diritti della personalità - ossia qualora un soggetto (persona fisica o giuridica) si senta leso da una notizia resa attraverso i mass media - c'è uno strumento che può aiutare il soggetto che si ritiene danneggiato, senza dover ricorrere all'autorità giudiziaria. Il riferimento è al diritto di rettifica, sancito dall'articolo 8 della legge sulla stampa n. 47 del 1948 e dagli artt. 42 e 43 della legge n. 416 del 1981, che rappresenta uno strumento riparatorio sui generis. Esso tende, infatti, non ad accertare la verità oggettiva, bensì ad arricchire la notizia divulgata con una verità soggettiva, cioè con l'interpretazione dei fatti resa da colui che si ritiene leso. Secondo molti commentatori una tempestiva rettifica possiede talvolta un'efficacia riparatoria assai maggiore del risarcimento pecuniario del danno. Un risarcimento anche sostanzioso, infatti, spesso non restituisce l'immagine pubblica precedente ad una notizia diffamante. Insomma "Chi di penna ferisce, di penna perisce"; la rettifica di una notizia resa a mezzo stampa è disciplinata dall'articolo 10 della legge n. 223 del 1990 (cosiddetta "legge Mammì"), che ha ridisciplinato quanto disposto dall'articolo 7 della legge n. 103 del 1975; la rettifica di una notizia diffusa a mezzo stampa è invece regolata dall'articolo 42 della legge n. 416 del 1981, che ha sostituito l'articolo 8 della legge n. 47 del 1948; la Carta dei doveri del giornalista (sottoscritta dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa italiana l'8 luglio 1993) nella premessa statuisce che il lavoro del giornalista si ispira ai principi della libertà d'informazione e di opinione, sanciti dalla Costituzione, ed è regolato dall'articolo 2 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, il quale dispone: «È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e della buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori»; il rapporto di fiducia tra gli organi d'informazione e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista. Per promuovere e rendere più saldo tale rapporto i giornalisti italiani sottoscrivono la Carta dei doveri. Nel capitolo "Rettifica e replica", si dispone che «il giornalista rispetta il diritto inviolabile del cittadino alla rettifica delle notizie inesatte o ritenute ingiustamente lesive. Rettifica quindi con tempestività e appropriato rilievo, anche in assenza di specifica richiesta, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate, soprattutto quando l'errore possa ledere o danneggiare singole persone, enti, categorie, associazioni o comunità. Il giornalista non deve dare notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica all'accusato. Nel caso in cui ciò sia impossibile (perché il diretto interessato risulta irreperibile o non intende replicare), ne informa il pubblico. In ogni caso prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia deve attivarsi per controllare se sia a conoscenza dell'interessato»; sempre nella Carta dei doveri, il capitolo "Incompatibilità" dispone: «Il giornalista non può subordinare in alcun caso al profitto personale o di terzi le informazioni economiche o finanziarie di cui sia venuto comunque a conoscenza, non può turbare inoltre l'andamento del mercato diffondendo fatti e circostanze riferibili al proprio tornaconto. Il giornalista non può scrivere articoli o notizie relativi ad azioni sul cui andamento borsistico abbia direttamente o indirettamente un interesse finanziario, né può vendere o acquistare azioni delle quali si stia occupando professionalmente o debba occuparsi a breve termine. Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale. Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l'esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l'immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell'autonomia professionale»; considerato che: l'interrogante ha subito la macchina del fango, tendente a screditarne la limpida attività di 25 anni a tutela dei diritti dei risparmiatori, utenti dei servizi bancari e finanziari e dei consumatori, dalla Consob su diretto mandato di Unicredit, da parte dell'ex dirigente Alessandro Profumo allontanato dai suoi compagni con una liquidazione da 40 milioni di euro e dal combinato disposto Abi-Consob; in data 15 ottobre 2007, a seguito di una puntata di "Report" andata in onda il giorno precedente sui derivati avariati che Unicredit collocava ampiamente presso la propria clientela, l'interrogante nella sua qualità di presidente di Adusbef e Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori, inoltravano, ad integrazione di precedenti esposti, specifiche denunce a 10 Procure della Repubblica, chiedendo di procedere contro Unicredit, la banca dei derivati avariati, anche con l'acquisizione della puntata di "Report", con il seguente integrale testo di comunicato stampa riportato sul sito di Federconsumatori: «Sullo scandalo dei prodotti derivati appioppati dalle banche ed allibratori senza scrupoli ad utenti ed enti locali, al di fuori da qualsiasi controllo delle autorità monetarie, che nonostante gli allarmi e le denunce ricevute, hanno sottovaluto i rischi reali consentendo la crescita di una leva finanziaria che divora i risparmi dei cittadini, Adusbef e Federconsumatori hanno inoltrato oggi nuovi esposti denunce a 10 Procure della Repubblica, dopo quelli dell'11 luglio 2007, chiedendo di acquisire, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la puntata di Report andata in onda ieri sera. Gli swap sui tassi infatti, sofisticati strumenti affibbiati dalle banche italiane negli anni scorsi a migliaia di imprenditori ed enti locali (soltanto Unicredit ne ha piazzato circa 32.000 ad altrettante piccole e medie aziende che ritenevano così di garantirsi dall'aumento dei tassi, salvo poi a scoprire che non erano affatto salvaguardati, rischiando così il tracollo), è la più grande bolla speculativa della famiglia degli hedge fund, che non solo la banca centrale europea, ma anche Federal Riserve ed altre banche centrali hanno lasciato lievitare, per consentire l'esclusiva speculazione dei maggiori istituti di credito europei ed americani, di incassare 25 miliardi di dollari Usa di commissioni»; la Consob di Cardia, all'epoca presidente, e di Vittorio Conti (vicario), di concerto con Profumo di Unicredit e quasi sicuramente dell'Abi, che con la Consob ha un sistema di porte girevoli volte a scambiarsi i direttori generali, come testimoniato dalla successione a Giuseppe Zadra, ex direttore generale Abi con Giovanni Sabatini, entrambi provenienti dalla Consob, invece di aprire un'istruttoria su un sistema bancario che ha collocato derivati avariati per un valore di 80 miliardi di euro presso gli enti locali, apriva un procedimento sanzionatorio contro Adusbef ed il suo presidente per turbativa di mercato, comminando in data 30 novembre 2010 una sanzione amministrativa di 100.000 euro; Adusbef, fondata dall'interrogante il 13 maggio 1987, ha svolto un'attività di serrate denunce contro un sistema bancario e finanziario poco trasparente ed autoreferenziale perché colluso con le autorità vigilanti, in primis Banca d'Italia e Consob, rivolgendosi alla magistratura sia sul fenomeno del risparmio tradito, che ha generato crac finanziari ed industriali per 50 miliardi di euro a danno di 1 milione di famiglie, che sulle scalate estive dei "furbetti del quartierino" scoprendo che l'avvocato Marco Cardia, figlio di Lamberto, facente parte di un gruppo ben consolidato di potere com'è dimostrato dalla nomina alla presidenza delle Ferrovie dello Stato da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri subito dopo l'uscita dalla Consob, risultava a libro paga di numerose aziende vigilate dal padre con consulenze ben retribuite dai Ligresti ai Fiorani. Le circostanziate e puntuali denunce dell'Adusbef, che hanno anche contribuito all'allontanamento dell'ex Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio in merito alle malefatte finanziarie ed agli omessi controlli della Consob e della Banca d'Italia, in primis su un sistema a giudizio dell'interrogante al limite della legalità con il quale alcuni banchieri hanno gestito il credito ed il risparmio, sempre a danno dei consumatori e delle famiglie, rappresentava una spina nel fianco di un potere economico e di sistemi di controllo collusi con le banche. Per questo il potere economico, minacciato dalle denunce e dalle quotidiane segnalazioni dell'Adusbef, doveva dare una lezione all'interrogante con un vero e proprio abuso di potere da parte di una Consob che non è mai riuscita a prevenire fenomeni di crac e dissesti finanziari ed è stata condannata ripetute volte a congrui risarcimenti per i danni inferti, anche per omessa vigilanza, ai risparmiatori ed alle famiglie. La macchina del fango scattava così su input di Profumo di Unicredit, che denunciava una presunta manipolazione dei mercati derivanti dalle denunce a 10 procure della Repubblica in data 15 ottobre 2007, dai presidenti di Adusbef e Federconsumatori, ma solo l'interrogante avrebbe manipolato il mercato. A seguito della delibera sanzionatoria firmata da Vittorio Conti, commissario Consob ed ex dirigente bancario, successivamente smontata dagli avvocati Antonio Tanza, Lucio Golino e Marisa Costelli, notificata il 30 novembre 2010, il 1° dicembre il difensore dei consumatori finiva sulle prime pagine dei giornali come un manipolatore dei mercati. La Consob di Cardia, Conti e Maccarone, coadiuvati da Rocco Salini e da altri funzionari assunti alla Consob, a quanto risulta all'interrogante per raccomandazione e senza alcun concorso di evidenza pubblica, avevano compiuto la missione loro ordinata ed affidata da Alessandro Profumo amministratore delegato di Banca Unicredit, che così poteva tranquillamente continuare nelle disinvolte vendite di derivati avariati ed altri bond ad alto rischio ad ignari risparmiatori spesso frodati e truffati dai banchieri, con il concorso dei collusi controllori. Sono stati necessari mesi per ottenere la pronuncia della Corte di appello di Perugia, che, nel procedimento relativo al ricorso del Presidente Adusbef e senatore dell'Italia dei Valori Elio Lannutti, con delibera del 19 novembre 2009, lo sanzionava per l'astronomica somma di 100.000 euro per aver reso dichiarazioni pubblicate a tutela dei risparmiatori su un giornale minore del 16 ottobre 2007 successivamente alla messa in onda della puntata di "Report" (14 ottobre 2007) che aveva messo in luce come le banche avessero piazzato in maniera criminale a imprese ed enti locali i prodotti derivati cagionandone il fallimento o profondi buchi di bilancio; i giudici perugini, Sergio Matteini Chiari (Presidente), Massimo Zanetti (relatore) che avevano accolto il ricorso di sospensiva sin dal 10 giugno scorso, leggendo il dispositivo in udienza, hanno considerato che le dichiarazioni dell'interrogante non potevano in alcun modo considerarsi fuorvianti per il mercato ed anzi si inserivano nel pubblico dibattito sul pericolo universale per la massiccia ed irresponsabile diffusione di quelle mine vaganti come i derivati emessi a piene mani per finanziare le laute prebende e le stock option dei banchieri. Nello specifico, in merito allo scontro sull'entità dell'ammontare del disavanzo del mark to market (secondo Unicredit 1 miliardo di euro, secondo Adusbef almeno 4-5), la Corte non ha mancato di evidenziare come Consob si sia limitata a recepire pedissequamente le dichiarazioni di Unicredit interessata a diffondere comunicazioni rassicuranti, senza compiere alcuna istruttoria in merito, a conferma che l'ex banchiere di Intesa San Paolo, Vittorio Conti, che ha firmato la sanzione, ed altri dirigenti hanno agito eseguendo il mandato di Unicredit per punire ed infangare il buon nome di Adusbef e dell'interrogante, che si battono senza tregua contro truffe, frodi ed abusi quotidiani dei banchieri a danno dei risparmiatori. Si tratta di una censura senza appello che getta un'ombra sinistra sul sistema Consob incline a punire gli storici censori, quali l'interrogante, neppure per conto proprio ma addirittura per conto terzi (nel caso l'Unicredit del mai troppo biasimato Alessandro Profumo, recentemente allontanato dai suoi stessi compagni con una buona uscita di 40 milioni di euro, oltre stock option). I giudici di Perugia hanno confermato che Consob ha imbastito quello che è apparso subito - sin dalla comunicazione dell'atto di accertamento nel novembre 2008 - il simulacro di procedimento sanzionatorio, un teorema senza alcun fondamento giuridico. I quotidiani che avevano riportato la notizia in prima pagina il 1° dicembre 2010, inconsapevoli o colpevoli esecutori della macchina del fango ordita a carico dell'Adusbef e dell'interrogante, o non riportavano affatto la notizia o la riportavano con un'evidenza grafica sapientemente occultata per non dare la possibilità ai propri lettori di prendere conoscenza della limpida sentenza della Corte di appello di Perugia, replicata in data 16 giugno 2011 dalla Corte d'appello di Roma, 1°Sezione Civile, volontaria giurisdizione, Presidente e Relatore Cons. Corrado Maffei, che ha accolto il ricorso di Adusbef su difesa dagli avvocati Antonio Tanza, Marisa Costelli e Lucio Golino avverso la delibera 17071 con cui Consob aveva sanzionato Adusbef e il suo presidente Lannutti per manipolazione dei mercati ex art. 187-ter del decreto legislativo n. 58 del 1998, testo unico in materia di intermediazione finanziaria, su esposto Unicredit, a seguito di una dichiarazione del Presidente di Adusbef sull'esposizione della banca dell'allora amministratore delegato Profumo sui derivati comminando l'ingiunzione di pagamento di 100.000 euro. Il dispositivo della sentenza è stato letto in udienza, rinviando le motivazioni a dopo l'estate. Anche su questa ultima vittoria, che ha confutato le tesi accusatorie di una Consob, a giudizio dell'interrogante asservita ai potentati per diffamare, tramite la macchina del fango, le limpide attività di un difensore di consumatori e risparmiatori, non c'è stato alcun articolo di giornale; premesso altresì che a quanto risulta all'interrogante: la Consob ha un ufficio stampa, addirittura composto da 3 persone: Sante Vignarelli, Alberto Aglamo e Manlio Pisu, a giudizio dell'interrogante arrivati nella Commissione non si sa bene per quali meriti acquisiti. Il capo ufficio stampa, Manlio Pisu, ex giornalista dell'Ansa, sembra aver istituito rapporti confidenziali con i suoi ex colleghi giornalisti delle agenzie e della carta stampata, spesso rivelando in anticipo le decisioni della Commissione sui provvedimenti che la stessa intraprende. Anche il provvedimento sanzionatorio notificato il 30 novembre 2010 di 100.000 euro per turbativa di mercato era stato annunciato da tempo ad una stampa di regime ed a giornalisti in gran parte "embedded", arruolati alla causa di Consob, Isvap e Banca di Italia, precedentemente allertati, probabilmente dallo stesso Pisu, per dare una lezione a quel difensore dei consumatori, che doveva essere infangato per non disturbare più gli "affari" tra la Consob e le aziende vigilate, soprattutto banche, gruppi assicurativi come i Ligresti, così munifici nell'elargire dorate consulenze all'avvocato Marco Cardia, figlio dell'ex Presidente della Consob, che l'Adusbef aveva denunciato come scandalose alle Procure della Repubblica, da molti anni e prima ancora prima dello scandalo dei "furbetti del quartierino" e delle scalate ostili dell'ex banchiere BPI Giampiero Fiorani, assiduo frequentatore e finanziatore del rampollo dell'attuale presidente delle Ferrovie dello Stato. Il 30 novembre 2010, dopo che due funzionari della Consob avevano notificato in mattinata nella sede Adusbef romana di Via Farini,62, il provvedimento sanzionatorio per turbativa di mercato, tutte le agenzie di stampa, i giornali on line italiani ed esteri, le Tv, insomma il circo mediatico si mobilitava in una gara per rilanciare la notizia che un paladino dei risparmiatori aveva manipolato il mercato e danneggiato la banca Unicredit del signor Profumo. Quasi nessuno riportava il comunicato dell'Adusbef che smentiva qualsiasi manipolazione del mercato sia perché le azioni Unicredit non avevano perso, ma guadagnato a seguito delle denunce a 10 Procure della Repubblica inoltrate il 15 ottobre 2007, sia perché è un diritto di un'associazione denunciare alla magistratura comportamenti illegali dei banchieri, quali Profumo, che avevano collocato derivati avariati presso piccole e medie imprese portate così verso l'insolvenza, senza alcuna informazione sulla rischiosità dell'investimento, che, invece di garantire la copertura del rischio del contraente, offriva la possibilità di guadagno del 90 per cento alla banca proponente per garantire laute stock option, prebende e sistemi incentivanti ai banchieri ed ai manager con un sistema truffaldino, indagato da numerose Procure della Repubblica, in primis la Procura di Milano del pubblico ministero Alfredo Robledo, per aver assegnato derivati ad enti locali per la somma di oltre 80 miliardi di euro ai valori attuali; il 30 novembre 2010 ed il 1° dicembre, quando la stampa uscì a parere dell'interrogante con la finalità di infangare la limpida attività di un'associazione come l'Adusbef che da oltre 20 anni si era battuta senza tregua contro truffe ed abusi a danno dei risparmiatori e delle famiglie denunciando la plateale collusione dei banchieri con la Consob e la Banca d'Italia, Manlio Pisu si vantava con i colleghi giornalisti che l'interrogante doveva avere una lezione già da tempo e che quella sanzione sacrosanta per manipolazione del mercato sarebbe resistita all'appello, posto che nel 99 per cento dei casi, la magistratura di merito aveva sempre confermato le sanzioni della Consob. Si consideri che analoga sanzione inflitta dalla Consob all'ex presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarri, accusato di manipolazione del mercato sui titoli Alitalia durante le trattative di acquisizione fallita da parte di una cordata di imprenditori, ha avuto sulla stampa un risalto inferiore di neppure un decimo rispetto alla diffusione della sanzione all'Adusbef, a riprova della vera e propria macchina del fango, diretta dal duo Cardia-Conti, dietro specifico mandato di Unicredit, come risulta dagli atti giudiziari depositati e dalle pronunce della Corte di appello di Perugia. L'ufficio stampa della Consob e Manlio Pisu hanno quindi avuto un ruolo primario ed evidente nella diffusione della notizia di sanzione costruita senza alcuna base giuridica e senza alcun riscontro dei fatti, come è doveroso per un'autorità che abbia la minima parvenza di autonomia ed indipendenza e non collusa con gli interessi dei banchieri, di Profumo e delle imprese vigilate, come dimostrano le sentenze delle Corti di appello; lo scandalo della P4 reso noto dalle inchieste della magistratura su Bisignani già iscritto, nel caso di specie, alla loggia massonica P2, manovratore occulto di un ben definito gruppo di potere che aveva la finalità di sovvertire l'ordine costituito per piegarlo ad interessi di parte e che vede coinvolto in primis il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dottor Gianni Letta, al quale il faccendiere sembra rispondere per designare non i migliori, ma i peggiori in posti chiave ed ordire trame per consolidare una tela di ragno che avvolge in un sistema gelatinoso manager, dirigenti di azienda, generali, autorità vigilanti, banchieri ed assicuratori, ha messo in luce un sistema di potere parallelo allo stesso ordinamento democratico. La stessa tela di ragno che a quanto risulta all'interrogante nella Consob, tramite Cardia e Conti, i maggiori esecutori della descritta macchina del fango, ha generato un sistema di parentopoli con assunzioni clientelari degli elementi peggiori, per i quali sono state costruite carriere dorate nei posti chiave tramite concorsi interni probabilmente pilotati; considerato che ad avviso dell'interrogante occorrerebbe: a)conoscere con quali criteri siano stati selezionati Manlio Pisu, Sante Vignarelli, Alberto Aglamo, che operano all'ufficio stampa della Consob per sviluppare notizie denigratorie, come nel caso di specie, volte a diffamare ed infangare le limpide attività a tutela dei risparmiatori e consumatori, spesso truffati da banche ed imprese con il concorso delle autorità vigilanti; b) acclarare l'eventuale esistenza di una vera e propria macchina del fango ordita da Unicredit e dall'ex amministratore delegato Profumo ed eseguita dalla Consob, in primis dal duo Cardia-Conti, con la finalità di diffamare ed infangare un paladino dei risparmiatori che si batte da un quarto di secolo per tutelare i diritti dei cittadini, dei consumatori e della povera gente dalle grinfie dei banchieri e dei loro sodali platealmente collusi con le autorità vigilanti per conseguire i propri affari; c) accertare, stante la gravità dei fatti descritti, se vi siano state assunzioni senza concorsi pubblici, progressioni di carriera ad hoc ed apparentemente pilotate finalizzate a promuovere i peggiori ai posti chiave, in modo da renderli soggetti a eseguire i desiderata di superiori ed esecutori materiali di denigrazione verso le voci critiche ed i rappresentati dei diritti dei consumatori e risparmiatori; d) far sì che il gruppo, guidato dal commissario Vittorio Conti, a quanto risulta all'interrogante esecutore materiale della macchina del fango, venga messo in condizione di non nuocere, posto che il suddetto commissario, ex dirigente bancario, non sente il dovere di rassegnare immediate dimissioni a causa del fallimento di un vero e proprio disegno criminoso, richiesto dai suoi ex colleghi banchieri, smontato da ben due sentenze delle Corti di appello di Perugia e di Roma e per impedire che fatti così gravi e scandalosi, avallati dal presidente della Consob Giuseppe Vegas, possano di nuovo accadere; e) restituire all'ufficio stampa della Consob quella deontologia professionale compromessa ed offuscata, specie da Manlio Pisu che, invece di limitarsi a dare le notizie, ha abusato del suo ruolo per infangare rappresentanti di consumatori e risparmiatori, si chiede di sapere quale sia la valutazione del Governo sulla vicenda, per gli aspetti di propria competenza, ed in particolare quali misure urgenti intenda intraprendere per far sì che la Consob, a giudizio dell'interrogante vera e propria succursale dell'Abi e degli interessi dei banchieri e delle imprese vigilate che chiedono alla Commissione di eseguire le proprie direttive svilendo un compito di terzietà e di pubbliche garanzie verso i cittadini vessati quotidianamente dalle banche, possa avvalersi degli strumenti più idonei per operare nell'ambito della piena legalità, nel preminente interesse dei risparmiatori. (3-02282)

01/07/2011

Documento n.8979

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