Senato Interrogazione di E.Lannutti al Presid. Berlusconi. Exit e intervista a Licio Gelli su logge massoniche

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Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03976 Atto n. 4-03976 Pubblicato il 28 ottobre 2010 Seduta n. 449 LANNUTTI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'interno. - Premesso che: Ilaria D'Amico, conduttrice di "Exit", prima di aprire l'ultima puntata su "La7" andata in onda il 27 ottobre 2010, per affrontare i temi della corruzione, gli scandali dell'eolico, il coinvolgimento dei magistrati da parte dei politici per finalità oscure ha esordito: "Cercheremo di capire se davvero in Italia ci sono dei complotti da parte della magistratura oppure se è la politica che a volte delegittima i giudici"; durante la trasmissione di "Exit", alla quale partecipavano politici, magistrati, giornalisti, è stata mandata in onda una intervista all'ex venerabile della Loggia di Propaganda P2, Licio Gelli; già in una veccia intervista pubblicata 7 anni fa dal quotidiano "La Repubblica", in data 28 settembre 2003, dal titolo: "Avevo già scritto tutto trent'anni fa", Licio Gelli affermava: "Guardo il Paese, leggo i giornali e dico: avevo già scritto tutto trent'anni fa". "Giustizia, tv, ordine pubblico è finita proprio come dicevo io". Son soddisfazioni, arrivare indenni a quell'età e godersi il copyright. "Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d'autore. La giustizia, la tv, l'ordine pubblico. Ho scritto tutto trent'anni fa"»; ed ancora: «tutto nel piano di Rinascita, che preveggenza. Tutto in quelle carte sequestrate qui a villa Wanda ventidue anni fa: 962 affiliati alla Loggia. C'erano militari, magistrati, politici, imprenditori, giornalisti. C'era l'attuale presidente del Consiglio, il suo nuovo braccio destro al partito Cicchitto: allora erano socialisti. Chi ha condiviso quel progetto è oggi alla guida del paese. "Se le radici sono buone la pianta germoglia. Ma questo è un fatto che non ha più niente a che vedere con me"»; si legge ancora nel citato articolo: «quando Gelli parla di Berlusconi e di Cicchitto, di Fini di Costanzo e di Cossiga lo fa con la benevolenza lieve che si riserva ai ricordi di una stagione propizia. Sempre con una frase, però, con una parola che li fissa senza errore ad un'origine precisa della storia. Quel che rende Licio Gelli ancora spaventosamente potente è la memoria, lo si capisce dopo la prima mezz'ora di conversazione, atterrisce dopo due. Il Venerabile maestro della Loggia Propaganda 2 è in grado di ricordare l'indirizzo completo di numero civico della prima casa romana di Giorgio Almirante, l'abito che indossava la sua prima moglie quel giorno che gli fece visita a Natale, i nomi dei tre figli di Attilio Piccioni e da lì ricostruire nel dettaglio il caso Montesi che vide coinvolto uno dei tre, ricorda il numero di conto corrente su cui fece quel certo bonifico un giorno di sessant'anni fa, la targa della camionetta di quando era ufficiale di collegamento col comando nazista, quante volte esattamente ha incontrato Silvio Berlusconi e in che anni in che mesi in che giorni, come si chiamava il segretario di Giovanni Leone a cui consegnò la cartella coi 58 punti del piano R, che macchina guidava, se a Roma c'era il sole quella mattina e chi incontrò prima di arrivare a destinazione, che cosa gli disse, cosa quello rispose. Questo di ogni giorno dei suoi 84 anni di vita, attualmente archiviata in 33 faldoni al primo piano di villa Wanda, dietro a una porta invisibile a scomparsa»; Gelli continua nell'intervista: «"Ogni sera, sempre, ho scritto un appunto del giorno. Per il momento per fortuna non mi servono, perché ricordo tutto. Però sono tranquillo, gli appunti sono lì". Il potere della memoria, ecco. Il resto è coreografia: il parco della villa che sembra il giardino di Bomarzo, con le statue le fontane i mostri, la villa in fondo a un sentiero di ghiaia dietro a un convento, le stanze con le pareti foderate di seta, i soffitti bassi di legno scuro, elefanti di porcellana che reggono i telefoni rossi, divani di cuoio da due da tre da sette posti, di velluto blu, di raso rosa, a elle e a emiciclo, icone russe, madonne italiane, guerrieri d'argento, pupi, porcellane danesi, un vittoriano buio con le imposte chiuse al sole di settembre, scale, studi, studioli, sale d'attesa coi vassoi d'argento pieni di caramelle al limone. Ma lei vive qui da solo?. "Sì certo solo". E questi rumori, le ombre dietro le porte di vetro colorato? "La servitù".Commendatore, gli sussurra una segretaria pallida porgendogli un biglietto: una visita. "Mi scusi, mi consente di assentarmi un attimo? È un vecchio amico". Gelli è in piena attività. Riceve in tre uffici: a Pistoia, a Montecatini, a Roma. Oltre che in villa, naturalmente, ma fino ad Arezzo si spingono gli intimi. Dedica ad ogni città un giorno della settimana. A Pistoia il venerdì, di solito. A Roma viene il mercoledì, e scende ancora all'Excelsior. Le liste d'attesa per incontrarlo sono di circa dodici giorni, ma dipende. Per alcuni il rito è abbreviato. Al telefono coi suoi segretari si è pregati di chiamarlo "lo zio": "La regola numero uno è non fare mai nomi? insiste l'ultimo di una serie di intermediari? Lei non dica niente, né chi la manda né perché. La richiameranno. Quando poi lo incontra vedrà: è una persona squisita. Solo: non gli parli di politica". Licio Gelli da quando ha ufficialmente smesso di lavorare alla trasformazione dell'Italia in un Paese "ordinato secondo i criteri del merito e della gerarchia", come lui dice, "per l'esclusivo bene del popolo" ha preso a scrivere libri di poesia, ovviamente premiati di norma con coppe e medaglie, gli "amici" nel '96 lo hanno anche candidato al Nobel»; in un articolo pubblicato su un quotidiano "La Repubblica" del 4 dicembre 2008, è riportato il pensiero di Gelli, secondo il quale: «Con la P2 avevamo l'Italia in mano. Con noi c'era l'Esercito, la Guardia di finanza, la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia»; la storia della P2 si intreccia con le stragi, le bancarotte ed i misteri irrisolti della cosiddetta Prima Repubblica; circa trenta anni fa e precisamente il 17 marzo 1981, una perquisizione della Guardia di finanza nella villa di Gelli a Castiglion Fibocchi (AR) e nella fabbrica di sua proprietà (la Giole, sempre a Castiglion Fibocchi) portò alla scoperta di una lunga lista di alti ufficiali delle forze armate e di funzionari pubblici aderenti alla P2. La lista, la cui esistenza era presto divenuta celebre grazie ai media, includeva anche industriali, giornalisti e personaggi facoltosi come il più volte Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi (a quel tempo non ancora in politica), Vittorio Emanuele di Savoia, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Costanzo. Vi sono molti elementi, a partire dalla numerazione, che lasciano tuttavia ritenere che la lista rinvenuta fosse incompleta; Licio Gelli scappò in Svizzera, dove fu arrestato mentre cercava di ritirare decine di migliaia di dollari a Ginevra, ma riuscì ad evadere dalla prigione. Fuggì quindi in Sudamerica, prima di costituirsi nel 1987. Lo scandalo nazionale conseguente alla scoperta delle liste fu quasi drammatico, dato che molte delle più delicate cariche della Repubblica Italiana erano occupate da affiliati all'organizzazione di Gelli. La corte centrale del Grande Oriente d'Italia, con una sentenza del 31 ottobre 1981, decretò l'espulsione del Gelli dall'Ordine massonico. Il Parlamento italiano approvò in tempi rapidi una legge per mettere al bando le associazioni segrete in Italia e contemporaneamente (dicembre 1981) e venne creata una Commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta dalla onorevole Tina Anselmi (della Democrazia Cristiana), che riferirà al parlamento dopo 2 anni e mezzo di lavori; il grave pericolo della P2 era già stato denunciato dall'ex Procuratore Capo di Palmi Agostino Cordova, nel 1992, quando gli impedirono militarmente di sequestare gli elenchi degli iscritti alla massoneria, presso la sede romana del Grande Oriente d'Italia, a Villa Medici del Vascello, in cui forse sarebbero stati trovati i nomi di illustri Ministri, alte cariche dello Stato, alte gerarchie delle Forze di polizia e dell'Arma dei Carabinieri, alti magistrati, industriali, banchieri, oltre ai soliti avvocati, professori universitari, giornalisti, faccendieri e malavitosi; nel corso dell'intervista obliqua e dai messaggi trasversali rilasciata ad "Exit", il venerabile maestro della Propaganda 2, Licio Gelli ha testualmente affermato: «"Se lei mi parla della P3 mi offendo. Noi si nominava i capi dei servizi segreti: Miceli, Santovito, Martini. Il Capo di Stato Maggiore lo si nominava noi. Su suggerimenti del comandante generale della Guardia di finanza. Avevano tutti i poteri in mano perché sapevano che avevamo il Ministro della Giustizia, Adolfo Sarti. Quindi, anche lui prima di entrare sapeva, voleva sapere quali erano le nostre intenzioni: le nostre intenzioni erano tutte positive e favorevoli. Sapevano però che noi non si scherzava. [Domanda:] E la P3? [Risposta:] Intendevano superarmi. E invece sono affogati. [Domanda:] (...) [Risposta:] Mi sono fatto una risata e basta. Hanno dimostrato che purtroppo questa P3, che non esiste, è stata inventata da qualcuno. Sa, i servizi segreti sanno inventare, sanno fare molte cose. Sanno scrivere, sanno inventare. [Domanda:] Che c'entrano, secondo lei, i servizi con questa invenzione della P3? [Risposta:] Mah, vede, non lo so. Perché io Carboni non l'ho mai conosciuto. Mai. Non ho mai tenuto neanche a conoscerlo, vede, molte volte è un fatto di pelle. (...) Lui apparve quando Calvi era in disgrazia. Io ero intimo amico di Calvi. [Commento televisivo:] Siamo nel 1981 (...). [Domanda:] Secondo lei, è possibile pensare che Carboni fosse in contatto con Berlusconi e Dell'Utri? Che ci fosse un legame organizzativo tra loro, che magari non era una loggia ma era appunto un comitato d'affari? [Risposta:] Berlusconi, dopo essere stato, secondo lui, "scottato" dalla P2, non si sia messo assieme perché Berlusconi sa chi è Verdini. Senz'altro lo saprà bene. Legge anche i giornali. Gliel'avrà chiesto. E quindi un provvedimento doveva prenderlo subito, non tollerare. E se non ha preso il provvedimento può darsi che ci sia qualcosa sotto per cui non lo può prendere. Gli armadi chi è che li apre? Negli armadi ci sono tanti scheletri. Uno li tiene chiusi in quel modo lì e non vuole che vengano scoperti. E per non essere scoperti, quindi, bisogna tacere. (...) Lui [Berlusconi] ha in mano il partito. E anche gli altri stanno zitti, lo sanno benissimo. Lei sa che anche Letta è indagato. Sono tutti indagati. Noi eravamo persone che se c'era uno che aveva ricevuto un avviso di garanzia sarebbe stato prima chiarito e poi espulso oppure trattenuto. Non c'è mai stato un caso nostro che era stato imputato perché sennò avremmo preso i provvedimenti immediati. Se oggi non hai la mazzetta, anzi, se non c'è la mazzetta non fai niente. (...) Mi sono distaccato completamente da tutte le istituzioni massoniche. Poi oggi ce ne sono 60-70 associazioni - "obbedienze", diciamo - che sono come al Governo: lei vede, al Governo sono tutti uno contro l'altro, si offendono completamente e anche queste altre piccole logge tutte dicono che la propria loggia è quella regolare. Ma non ce ne sono regolari. Non c'è nessuna loggia regolare in Italia. (...) Ho conosciuto un paio [di persone] che credo facciano, avessero fatto parte, o facevano parte, di questa loggia così, illegale. Non mi hanno detto la P3, mi hanno detto "Noi in Sardegna abbiamo creato una massoneria". Ho detto: "Guardate, non mi interessa". [Domanda:] (...) prima o dopo che emergesse la cronaca sulla P3? [Risposta:] D'altra parte questo non glielo posso dire, perché qui io tutti i giorni ricevo sei, sette, otto persone. Dieci. [Domanda:] E che le chiedono (...)? [Risposta:] Tante cose, tante cose (...); non me le ricordo. (...) È difficile, bisogna anche avere una buona memoria. Tante cose...; però certe cose molte volte conviene dimenticarle. Distruggerle. Incenerirle. Una volta incenerite non se ne parla più. È il miglior archivio che esista al mondo. Quando lei incenerisce qualcosa, e la cosa è sicura, lei può dormire tranquilla. È difficile leggere polvere bruciata, no? [Domanda:] Oggi manca una realtà come la P2 (...)? [Risposta:] No. Si tratta di saper organizzare (...) la Cinquetti non cantava perché non aveva l'età. Io non faccio più nulla perché ho un'età. (...) [Domanda:] Perché, sennò, altrimenti? [Risposta:] Probabilmente...»; considerato che: nelle conclusioni della relazione di maggioranza della Commissione di inchiesta sulla P2 e su Licio Gelli presieduta da Tina Anselmi si legge, tra l'altro: "L'esame degli avvenimenti ed i collegamenti che tra essi è possibile instaurare sulla scorta delle conoscenze in nostro possesso portano infatti a due conclusioni che la Commissione ritiene di poter sottoporre all'esame del Parlamento. La prima è in ordine all'ampiezza ed alla gravità del fenomeno che coinvolge, ad ogni livello di responsabilità, gli aspetti più qualificati della vita nazionale. Abbiamo infatti riscontrato che la Loggia P2 entra come elemento di peso decisivo in vicende finanziarie, quella Sindona e quella Calvi, che hanno interessato il mondo economico italiano in modo determinante. (...) La seconda conclusione alla quale siamo pervenuti è che in questa vasta e complessa operazione può essere riconosciuto un disegno generale di innegabile valore politico; un disegno cioè che non solo ha in se stesso intrinsecamente valore politico - ed altrimenti non potrebbe essere, per il livello al quale si pone - ma risponde, nella sua genesi come nelle sue finalità ultime, a criteri obiettivamente politici. Le due conclusioni alle quali siamo pervenuti ci pongono pertanto di fronte ad un ultimo concludente interrogativo: è ragionevole chiedersi se non esista sproporzione tra l'operazione complessiva ed il personaggio che di essa appare interprete principale. È questa una sorta di quadratura del cerchio tra l'uomo in sé considerato ed il frutto della sua attività, che ci mostra come la vera sproporzione stia non nel comparare il fenomeno della Loggia P2 a Licio Gelli, storicamente considerato, ma nel riportarlo ad un solo individuo, nell'interpretare il disegno che ad esso è sotteso, e la sua completa e dettagliata attuazione, ad una sola mente. Abbiamo visto come Licio Gelli si sia valso di una tecnica di approccio strumentale rispetto a tutto ciò che ha avvicinato nel corso della sua carriera. Strumentale è il suo rapporto con la massoneria, strumentale è il suo rapporto con gli ambienti militari, strumentale il suo rapporto con gli ambienti eversivi, strumentale insomma è il contatto che egli stabilisce con uomini ed istituzioni con i quali entra in contatto, perché strumentale al massimo è la filosofia di fondo che si cela al fondo della concezione politica del controllo, che tutto usa ed a nessuno risponde se non a se stesso, contrapposto al governo che esercita il potere, ma è al contempo al servizio di chi vi è sottoposto. Ma allora, se tutto ciò deve avere un rinvenibile significato, questo altro non può essere che quello di riconoscere che chi tutto strumentalizza, in realtà è egli stesso strumento", si chiede di sapere: se al Governo risulti cosa intendesse affermare Licio Gelli nelle citate dichiarazioni con le quali richiamava i rapporti tra il Presidente del Consiglio dei ministri e il coordinatore del PdL Verdini; se risponda al vero che ci sarebbero 60-70 associazioni di obbedienza massonica che agiscono in contrapposizione, secondo quanto dichiarato da Licio Gelli; se ci sono "logge" legali in Italia; se risulti che lo stesso Gelli abbia conosciuto un paio di persone appartenenti ad una loggia illegale e a cosa si riferisce lo stesso nel richiamare l'avvenuta costituzione di una loggia massonica in Sardegna; se il Governo non ritenga urgente, nell'ambito delle proprie competenze, promuovere un'apposita audizione per chiedere al "venerabile" Licio Gelli di chiarire le affermazioni che gettano ombra sull'operato del Presidente del Consiglio dei ministri e sulle stesse istituzioni, che sarebbero ricattate da società segrete e poteri, occulti deviati, subdole camere di compensazione tra la stanza dei bottoni e la "cricca" dei faccendieri.

29/10/2010

Documento n.8750

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