Senato. Interrogazione di E. Lannutti su aumento di capitale di Unicredit 11-1-2012
LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che: la crisi sistemica generata dall'avidità dei banchieri, che ha distrutto, secondo il Fondo monetario internazionale, ben 32 milioni di posti di lavoro dal 7 luglio 2007, tramite la speculazione sulle materie prime con gli strumenti derivati OTC (over the counter) pari a 700.000 miliardi di dollari, una vera e propria creazione dal nulla di denaro e piramidi finanziarie costruite sulla sabbia per pagare le stock option e le dorate prebende dei banchieri, secondo affermazioni superficiali e destituite di fondamento, non avrebbe toccato la solidità delle banche italiane, che avrebbero retto meglio la cattiva congiuntura; esse, tuttavia, lo hanno fatto addebitando, a rate da lunghissimi anni, sulle spalle delle famiglie e piccole e medie imprese gli elevatissimi costi della loro inefficienza ed avidità, sia con tassi più elevati rispetto alla media UE, che con prezzi dei conti correnti più alti delle altre banche d'Europa, presentando il conto di una tangente annua pari a 4,2 miliardi di euro di extra spese addossata a carico dei correntisti, che ammonta a ben 42 miliardi di euro, sottratti alle famiglie ed alle piccole e medie imprese nell'ultimo decennio; il sistema bancario italiano impone costi, tassi e condizioni tra i più gravosi d'Europa, anche secondo una ricerca del commissario europeo Barnier. In un articolo pubblicato dal quotidiano "la Repubblica" del 1° aprile 2011, si conferma il divario tra gli elevatissimi costi dei conti correnti italiani (ben 295,66 euro) ed i costi di gestione dei conti correnti europei (114 euro della media UE a 27), che genera un saccheggio sistematico dalle tasche delle famiglie; alcune associazioni di consumatori hanno denunciato spesso i comportamenti arroganti dei banchieri a danno delle famiglie e delle piccole e medie imprese, l'introduzione di nuove gabelle come il "pizzo" di 3 euro per prelevare contante agli sportelli, la variazione unilaterale dei tassi e delle condizioni contrattuali, la commissione di 2 euro al giorno per chi sconfina anche per 1 centesimo dal fido con penalità da 3,5 fino a 5 euro per i senza fido, la revoca degli affidamenti con un preavviso di 24 ore, l'introduzione surrettizia di nuove voci di costo ed i continui salassi agli sportelli bancari consentiti, a giudizio dell'interrogante, dalla complicità sistematica della Banca d'Italia, che non risulta muovere un dito per prevenire ed arginare prassi predatorie, che portano un conto corrente a listino con 11 operazioni mensili (132 annue) a costare ben 550 euro all'anno; risulta che Unicredit, dopo aver erogato una buona uscita di ben 42 milioni di euro al dottor Alessandro Profumo, nonostante nel corso della sua gestione si sia ridotta la capitalizzazione della banca, costretta negli ultimi anni a ben tre aumenti di capitale, ha avviato l'ennesimo aumento di 7,5 miliardi di euro, le cui modalità appaiono punitive per i piccoli azionisti e risparmiatori che avevano cominciato ad investire in pacchetti azionari durante la prima privatizzazione dell'ex Credito italiano, con uno slogan ingannevole, "Oltre i Bot i Credit", quasi ad equiparare l'investimento sul reddito fisso ad investimenti più rischiosi come quelli azionari; a giudizio dell'Adusbef le modalità dell'ultimo aumento di capitale, approvati dalla Consob, sembrano molto penalizzanti per i piccoli azionisti tali da produrre, nella giornata del 9 gennaio 2012, un ulteriore crollo delle azioni arrivate al minimo storico, per evidente incapacità gestionali di un management che ha depredato migliaia di piccoli investitori, distrutto valore e capitalizzazione, passato in pochi anni da 100 miliardi di euro ai tempi della fusione con Capitalia a poco più di 8 miliardi di euro odierni; l'operazione di aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro, avallato dalla Consob, che prevede l'emissione di 2 nuove azioni per ogni vecchia posseduta e la possibilità di esercitare i diritti fino al 27 gennaio 2012, molto oneroso (soprattutto per i piccoli investitori) con il titolo Unicredit molto diffuso tra i piccoli risparmiatori, ha indotto, per l'enorme mole di diritti emessi, i piccoli investitori a vendere almeno una parte delle opzioni, per poter poi seguire l'aumento di capitale. Solo che per avere una nuova azione, oltre al diritti, bisognerà versare 1,943 euro, quindi al momento vendendo tre opzioni (0,66 euro) si riuscirebbe a racimolare abbastanza per sottoscrivere un nuovo titolo; tale meccanismo di spirale negativa ha innescato un circolo vizioso in base al quale, più crollano i diritti, più il ricavato della vendita delle opzioni diventa esiguo, rendendo difficile per i retail seguire l'aumento nelle stesse proporzioni, inducendo i piccoli investitori a vendere i diritti per fare cassa ed avere le risorse con cui seguire l'aumento, ed i grandi investitori a cedere le opzioni con la scommessa di farle crollare per riacquistarle a prezzi più bassi, consentendo enormi guadagni sugli arbitraggi speculativi e la differenza di prezzo tra azione ed opzioni; secondo un'agenzia di stampa del 10 gennaio 2012, delle ore 16,18, Italpress, il direttore generale di Unicredt Roberto Nicastro, ha affermato che in merito all'eventuale speculaizone sul titolo Unicredit, la Consob starebbe investigando. Si legge nell'agenzia: «Non siamo in grado di comprendere se ci sono vendite allo scoperto. Consob sta investigando". Lo ha detto il direttore generale di Unicredit, Roberto Nicastro, a Palermo, a margine della cerimonia di consegna del primo finanziamento di microcredito a una famiglia siciliana, in riferimento alle possibili speculazioni in borsa sul titolo dell'istituto di credito. Alla domanda se esiste un eventuale rischio di scalata, Nicastro ha risposto: "Si tratta di un rischio abbastanza remoto. In Italia abbiamo uno statuto che rende impossibile per un singolo azionista esprimere più del 5 per cento dei voti in assemblea. Bankitalia ha i mezzi per vietare l'assunzione di partecipazioni superiori al 10 per cento», si chiede di sapere: se il Governo risulti che il nulla osta all'aumento di capitale di Unicredit, rilasciato dalla Consob, abbia danneggiato i piccoli azionisti costretti a diluire eccessivamente il valore del proprio titolo per partecipare all'aumento; se risulti che, come affermato dall'Adusbef, che ha depositato esposti denunce alla magistratura, le modalità dell'ultimo aumento di capitale, approvate dalla Consob, sembrano molto penalizzanti per i piccoli azionisti tali da produrre, nella giornata del 9 gennaio 2012, un ulteriore crollo delle azioni arrivate al minimo storico, per evidente incapacità gestionali del management; se risulti se l'operazione di aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro, abbia indotto, per l'enorme mole di diritti emessi, i piccoli investitori a vendere almeno una parte delle opzioni per poter poi seguire l'aumento di capitale; se sia vero che solo per avere una nuova azione bisognerà versare 1,943 euro, inducendo i piccoli risparmiatori a vendere i diritti per fare cassa ed avere le risorse con cui seguire l'aumento, ed i grandi investitori a cedere le opzioni con la scommessa di farle crollare per riacquistarle a prezzi più bassi, consentendo enormi guadagni sugli arbitraggi speculativi e la differenza di prezzo tra azione ed opzioni; se risulti che vi sia stato abuso di mercato e manipolazione durante l'aumento di capitale di Unicredit, con fattispecie di insider trading sui titoli, e sui diritti e quali misure urgenti il Governo intenda adottare per ripristinare la legalità apparentemente violata sull'aumento di capitale Unicredit. (3-02574)12/01/2012
Documento n.9118