ROSSO SANREMO: UN BUCO DA 4,5 MILIONI DI EURO CHE PAGHEREMO CON I PROSSIMI RINCARI DEL CANONE

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ROSSO SANREMO – ASCOLTI SUPER, SPONSOR CONTENTI, CON 4,5 MLN € DI PASSIVO – IL FESTIVAL COSTA 20 MLN – lo scorso anno BAUDO “incassò” 3 milioni di più ma un 30% fu poi restituita agli inserzionisti per via degli ascolti DELUDENTI… Paolo Festuccia per "La Stampa" Sarà la sindrome del cosiddetto bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Ma a guardare bene l'ultima edizione del Festival di Sanremo (che ha incantato per ascolti: raggiunte punte di 16 milioni), non si può certo dire che abbia fatto altrettanto sul fronte dei ricavi pubblicitari. Si parla di ricavi e non a caso: se gli introiti si sono visti - anche al di là delle più rosee aspettative, visti i tempi e le difficoltà del settore pubblicitario - è arduo sostenere però che siano stati tali da raggiungere o addirittura pareggiare il break even con le cinque serate liguri terminate sabato scorso. Perché a fronte di un investimento pari a 20 milioni di euro (9 per convenzione finiscono nel bilancio del comune di Sanremo), l'apporto pubblicitario è stato di 15,5 milioni di euro (circa 4,5 milioni in meno). Incassi importanti certo, se si tiene conto che le interruzioni pubblicitarie sono state cinque e le telepromozioni appena quattro. Sta di fatto, comunque, che se sono significativi per la Rai e la sua dirigenza, eccellenti se vogliamo - oggettivamente - per la Sipra, la concessionaria di pubblicità di viale Mazzini, insufficienti restano a colmare il divario tra i costi industriali e i ricavi. Costi da anni giustificati dall'azienda con il ricorso sistematico al cosiddetto valore «strategico di Sanremo» - lo ha ribadito più volte lo stesso direttore generale, Claudio Cappon - per la Rai, per il «Paese», per la «Cultura», per «il mantenimento e la centralità del servizio pubblico». Ora: che Sanremo sia un evento tanto atteso dagli italiani non stupisce, visto che anche quando va male negli ascolti, milioni di italiani lo guardano, giornali e magazine lo raccontano, le radio lo riassumono momento dopo momento come fosse il calcio minuto per minuto. Ma è chiaro che per esorcizzare la crisi sugli introiti non bastano né i buoni propositi né i grandi proclami. Ed è qui, allora, che matura la riflessione circa il bicchiere, stavolta, da considerare mezzo vuoto. Se il direttore generale della Rai Cappon ha rivendicato e rimarcato nei giorni del Festival «l'importantissima scommessa vinta» su Sanremo - e certamente può ritenersi soddisfatto per gli ascolti raggiunti - dall'altro viene da chiedersi come sia possibile, però, che la più significativa manifestazione canora, l'evento degli eventi della tv pubblica, la rassegna seguita ogni anno da milioni di italiani, non riesca a sfondare anche nei ricavi. A portare a casa, insomma, cifre più consistenti di quelle sborsate per essere realizzata. Si dirà e si sosterrà una tesi sentita più volte in questo periodo. E cioè: il mercato è fermo, i grandi investitori pubblicitari battono la fiacca, le aziende tagliano i budget pubblicitari. Come affrontare, quindi, le nuove dinamiche del mercato? Del resto, anche i Mondiali di calcio o le Olimpiadi, come la Formula uno (che pure eccelle negli ascolti) rispetto agli investimenti (diritti) non colmano l'investimento. C'è da immaginare, visto il quadro, che sia necessaria una diminuzione o una sensibile rivisitazione dei costi di produzione. Come? Abbassando magari i compensi degli artisti, nonostante Cappon abbia sostenuto che «il milione di euro a Bonolis» sia stato «ampiamente ripagato», o quello di Benigni o di altre star? Chissà. Di fatto, la questione resta ovviamente di grande attualità, così come resta più attuale che mai il tema della classificazione di ciò che può considerarsi servizio pubblico (i programmi cioè da finanziare attraverso il canone), e ciò che invece è prodotto commerciale, in altri termini i format che per tali caratteristiche dovrebbero autofinanziarsi e anzi generare, se possibile, ricchezze per le casse dell'azienda. La vera sfida, infatti, non è tanto guardare o no Sanremo (ma anche altri programmi generalisti) ma offrire al cittadino la possibilità di conoscere cosa finanzia o meno con il canone. Comunque la Sipra, stavolta, non può rimproverarsi nulla, visti i tempi. Con un break pubblicitario in meno (previsto dalla nuova normativa Agcom) rispetto allo scorso anno (erano 6 nel Sanremo 2008 di Pippo Baudo) e recuperato in parte solo con lo spot iniziale «Aspettando Sanremo» (valore per cinque sere circa 2 milioni di euro) non poteva probabilmente fare di più. L'Ad della Sipra, Maurizio Braccialarghe (nemmeno un sospiro in questi giorni) ha setacciato ogni angolo pur di rimpinguare il bilancio di mamma Rai, e il suo compito è stato svolto al meglio. Tanto da riuscire, per la prima volta, a mandare sulla pista dell'Ariston perfino la Ferrero con «impensabile» gratitudine. «E infatti siamo decisamente soddisfatti - sottolinea Alessandro Ronco, responsabile acquisti e pianificazione mezzi pubblicitari della azienda piemontese - sia per la qualità del programma ma anche per l'audience totalizzata nelle cinque serate e il target piuttosto giovane che ha seguito l'evento». In realtà lo scorso anno il Sanremo del Pippo nazionale «incassò» 3 milioni di più (circa 18 milioni nel totale, nel 2007, invece, 16,5 milioni) ma è altrettanto vero che un 30% di quella cifra fu poi restituita agli inserzionisti attraverso nuovi spazi per via degli ascolti non soddisfacenti. Non è il caso del 2009, almeno a sentire gli investitori. «Direi proprio di no - spiega Gian Pietro Beghelli, Amministratore delegato Beghelli spa - siamo molto soddisfatti. Il ritorno, infatti, sulle nostre promozioni è davvero eccezionale». Insomma, contenti gli sponsor, contenti tutti. Ma non è vero, come più volte sottolineato dai dirigenti Rai durante il Festival, che Sanremo 2009 si è «pagato» da solo.

25/02/2009

Documento n.7775

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