Le clausole abusive nei contratti di assicurazione. Studio Cassottana

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Le clausole abusive nei contratti di assicurazione. STUDIO LEGALE CASSOTTANA Avv. Patrizia Monferrino-Dott.ssa Roberta Grondona

A tutela del consumatore, in quanto soggetto attivo di rapporti giuridici, il nostro ordinamento, sulla scorta di una direttiva comunitaria (93/13/CEE), ha da alcuni anni messo a punto una serie di norme molto significative, che trovano applicazione anche nel caso di contratti assicurativi. La disciplina di particolare protezione opera, infatti, nel caso di contratti di cessione di beni o prestazione di servizi, che siano conclusi tra persone fisiche, al di fuori di qualsiasi attività professionale o imprenditoriale, e professionisti (vale a dire soggetti che, contrariamente ai primi, utilizzano tali contratti nell?ambito di un?attività d?impresa o professionale). Lo scopo è di evitare che la parte ?forte? del rapporto (nel nostro caso: la Compagnia di Assicurazioni) imponga al consumatore condizioni eccessivamente onerose, che provochino a suo carico un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi contrattuali. Il legislatore ha individuato una serie di ipotesi ?tipiche?, che si presumono sempre vessatorie per il consumatore, salvo che la Compagnia riesca a provare il contrario (in particolare, essa deve dimostrare che la clausola ?sospetta? è stata consapevolmente accettata dal consumatore, dopo specifica trattativa: non è sufficiente a tale riguardo la consueta ?doppia sottoscrizione?). La tutela risulta particolarmente incisiva, in quanto le clausole vessatorie inserite, nonostante il divieto, nei singoli contratti non sono efficaci, e dunque, di fatto, non producono alcuna conseguenza a carico del consumatore. Rimangono invece ferme le altre clausole, quindi è garantito lo scopo finale del consumatore (conseguire il bene o fruire del servizio). Di seguito vengono esaminate alcune delle clausole più ricorrenti nella prassi assicurativa, senza, peraltro, alcuna pretesa di completezza. FACOLTA? DI RECEDERE DAL CONTRATTO O DI SOSPENDERNE L?ESECUZIONE Si presumono vessatorie le clausole che riconoscono al solo professionista, e non anche al consumatore, la facoltà di recedere dal contratto (art. 1469 bis, c. III, punto 7). Possono venire inquadrate in questa categoria le clausole, presenti ad esempio in alcune polizze di assistenza sanitaria e contro gli infortuni, in forza delle quali «dopo ogni denuncia di danno e fino al 60° giorno dal pagamento o rifiuto dell?indennità, la Società ha facoltà di far cessare l?assicurazione .... o anche di recedere con preavviso». Non esclude la presunzione di vessatorietà il fatto che sia prevista a favore del contraente la restituzione della parte di premio non fruita, poiché scopo di questa previsione legislativa è di eliminare situazioni di squilibrio contrattuale, più che economico, in particolare ove, come nel caso delle polizze in oggetto, per la natura dei beni assicurati e la finalità della stipulazione, la posizione del contraente risulta delicata. E? invece legittimo prevedere il diritto di recesso a favore di entrambe le parti. Rientrano altresì in questa categoria le clausole, anch?esse ricorrenti in alcune polizze assistenza o infortuni, con cui si prevede la cessazione anticipata del contratto al raggiungimento di certi limiti d?età da parte dell?assicurato (?l?assicurazione cessa dalla successiva scadenza annuale per le persone che raggiungono il 70° anno d?età?), qualora, all?atto della stipulazione del contratto, il raggiungimento di tali limiti fosse un fatto assolutamente prevedibile . Determina uno squilibrio a carico dell?assicurato anche la prevista sospensione della garanzia per tutta la durata del servizio militare, qualora da tale fatto non derivi un?obiettivo aggravamento del rischio originariamente stabilito. PROROGHE O RINNOVAZIONI TACITE DEL CONTRATTO. Ai sensi dell?art. 1469 bis, c. III, punto 9, si presumono vessatorie le clausole che fissano a carico del consumatore un termine eccesivamente anticipato, rispetto a quello di scadenza «naturale» del contratto, per la comunicazione di disdetta, in assenza della quale il contratto si intende tacitamente prorogato. Si tratta di valutazione che può essere operata dal consumatore solo in concreto, avuto riferimento alla durata complessiva del rapporto contrattuale.Ciò premesso, i termini previsti dalle polizze assicurative più diffuse risultano uniformi: nel caso di assicurazione fabbricati, generalmente si richiede che la disdetta, per essere efficace, venga data almeno 2 mesi prima della scadenza; tale termine è previsto anche in alcuni casi per l?assicurazione della responsabilità civile (la cui durata media è tuttavia nettamente inferiore alla prima). Nel caso di numerose polizze infortuni e di assistenza sanitaria, il consumatore deve dare disdetta almeno 3 mesi prima della scadenza. Anche a prescindere dal fatto che tali rapporti hanno spesso una durata non superiore all?anno, quest?ultima ipotesi dev?essere valutata con particolare attenzione, in considerazione della particolare delicatezza degli interessi coinvolti e quindi alla luce dei complessivi rapporti di forza tra le due parti. In alcuni casi, tali clausole risultano doppiamente insidiose, a causa della loro particolare formulazione. E? il caso delle polizze R.C.A. di questo tenore: « (I° comma).In mancanza di disdetta data da una delle parti con lettera raccomandata almeno 30 giorni prima della scadenza, il contratto, se di durata non inferiore all?anno, è rinnovato per una durata pari ad una anno, e così successivamente. (II° comma). Qualora il contratto sia emesso in sostituzione di altro di durata annuale e per la residua durata, esso non si considera di durata inferiore all?anno e pertanto alla sua scadenza si applica il disposto del primo comma.» Ciò significa che il termine di preavviso di 30 gg., che può apparire congruo se il contratto dura più di un anno, viene applicato automaticamente anche in casi in cui il rapporto tra le due parti ha una durata sensibilmente inferiore, per cui quindi appare eccessivamente anticipato. DECADENZE Si presumono vessatorie le clausole con cui si sanciscono decadenze a carico del consumatore (art. 1469 bis, III° c. ,punto 18). Si ritiene che possano ricondursi a tale ipotesi le clausole che impongono oneri particolari per l?acquisto di un diritto o per la sua conservazione. Vanno richiamate le condizioni generali di assicurazione che impongono al contraente l?obbligo di effettuare le comunicazioni richieste per legge o contratto solo attraverso lettera raccomandata, pena l?inefficacia della comunicazione stessa. In alcune polizze, relative ad esempio a fabbricati, risultano vessatorie, in quanto vanno al di là di quanto specificamente richiesto dalla legge, le regole riguardanti l?obbligo di denuncia dell?avvenuto sinistro. Non si esige soltanto che il consumatore si adoperi per evitare un aggravamento delle conseguenze dannose e che comunichi tempestivamente alla Compagnia la notizia del sinistro, poiché infatti si prevede: «In caso di sinistro il Contraente o l?Assicurato deve altresì: 1) fare denuncia scritta all? Autorità Giudiziaria o di Polizia entro 5 gg. se e da quando la Società ne ha fatto richiesta precisando, in particolare: il momento nel quale il sinistro ha avuto inizio, la causa presunta e l?entità approssimativa del danno; copia di tale dichiarazione deve essere trasmessa alla Società; 2) conservare, fino ad avvenuta valutazione del danno, le tracce e i residui del sinistro (...); 3) dare la dimostrazione della qualità, della quantità e del valore dei beni preesistenti al momento del sinistro oltre che della realtà e dell?entità del danno, mettendo a disposizione della Società o dei Periti fatture, documenti od altri elementi di prova; facilitare le indagini e gli accertamenti che la Società ed i Periti stessi ritenessero necessario esperire presso terzi; 4) presentare, a richiesta della Società, tutti i documenti che si possono ottenere dall?Autorità competente in relazione al sinistro». Se tale previsione può risultare necessaria nell?ottica di agevolare le operazioni di determinazione del danno che competono alla Società, appare tuttavia vessatorio stabilire che «L?inadempimento di tali obblighi può comportare la perdita totale o parziale del diritto all?indennizzo ai sensi dell?art. 1915 del cod. civ.»: l?articolo menzionato, infatti, non impone al consumatore tali e tanti doveri di condotta attiva, limitandosi a sanzionare con la decadenza solo la mancata denuncia del sinistro. Alcune polizze assistenza e infortuni stabiliscono che «gli aggravamenti di rischio non noti o non accettati dalla Società possono comportare la perdita totale o parziale all?indennizzo nel caso del manifestarsi nell?Assicurato di una o più delle seguenti affezioni: alcolismo, tossicodipendenza, malattie mentali». Si tratta di una formula che attribuisce eccessiva discrezionalità alla Compagnia e che contrasta con l?art. 1898 cod. civ., ai sensi del quale l?aggravamento del rischio non accettato pone di norma a carico della stessa l?obbligo di comunicare il recesso dal contratto. A maggior ragione questo vale per le clausole, riscontrate nei formulari relativi ai fabbricati, che pongono a favore della Compagnia la facoltà di scegliere se far cessare il rapporto o far decadere controparte dal diritto all?indennizzo. FORO COMPETENTE Si presumono vessatorie le calusole che stabiliscono, come sede del foro competente a decidere sulle controversie luogo diverso da quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore o che determinano deroghe alla competenza dell?autorità giudiziaria (art. 1469 bis, III° c., punto 18). Nella maggior parte dei casi, tale prescrizione non viene rispettata: le condizioni generali di assicurazione infatti solitamente stabiliscono che competente sia «esclusivamente» o «a scelta della parte attrice» l?Autorità Giudiziaria «del luogo ove è stato stipulato il contratto, o del luogo ove ha sede l?Agenzia alla quale è stato assegnato il contratto». Nei casi migliori, il foro del consumatore viene previsto almeno (!) come alternativa a quello individuato in base alla sede della Compagnia o Agenzia, ma la scelta è comunque rimessa alla parte attrice della controversia e ciò non garantisce sufficientemente che la tutela predisposta dalla legge sia assicurata Frequenti nelle polizze infortuni ed assistenza sanitaria sono previsioni di questo tenore: «.In caso di controversie sulla natura della malattia o sul grado dell?invalidità permanente o sui miglioramenti ottenibili con adeguati trattamenti terapeutici, la vertenza è deferita a tre medici, nominati uno per parte ed il terzo di comune accordo o, in caso contrario, dal Segretario del Consiglio dell?Ordine dei Medici, avente giurisdizione nel luogo ove deve riunirsi il collegio». In altri casi, la deroga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario è prevista per «divergenze sul grado di invalidità permanente o sul grado o durata dell?inabilità temporanea, nonché sull?applicazione dei criteri di indennizzabilità» e al collegio medico «è data facoltà di rinviare ... l?accertamento definitivo dell?invalidità permanente ad epoca da definirsi». In queste ed in tutte le altre ipotesi in cui si deferisca ad un collegio la decisione se ed in quali limiti risarcire, si è di fronte ad un vero e proprio arbitrato obbligatorio, lesivo della posizione del consumatore. Analogamente, per quanto riguarda previsioni siffatte: «In caso di conflitto di interessi o di disaccordo in merito alla gestione dei sinistri tra l?Assicurato e la Società, la decisione può venire demandata, con esclusione delle vie giudiziarie, ad un arbitro che decide secondo equità, designato di comune accordo dalle parti o, in mancanza di accordo, dal Presidente del Tribunale competente», poiché la legge vieta qualunque forma di deroga alla competenza giurisdizionale ordinaria, sia essa prevista come obbligatoria o facoltativa. TRASPARENZA Si può considerare un principio generale, posto dal legislatore a base di tutta la disciplina di tutela del consumatore. Secondo l?art. 1469 ter del codice civile, infatti, «La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell?oggetto del contratto, nè all?adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purchè tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile». Nelle polizze assicurative non mancano clausole che, nell?individuare quale sia il servizio offerto al consumatore, richiamano nozioni che non appaiono del tutto chiare. Tra i rischi sempre esclusi dall?assicurazione, figurano ad esempio nell?ambito di una polizza infortuni, quelli «causati da trasformazioni o assestamenti energetici dell?atomo, naturali e provocati, e da accelerazioni di particelle atomiche (fissione o fusione nucleare, isotopi radioattivi, macchine acceleratrici, raggi X, ecc.)», oppure, nel caso di assicurazione fabbricati, quelli «verificatisi in occasione di esplosione o di emanazioni di calore o di radiazioni provenienti da trasmutazione del nucleo dell?atomo, come pure in occasione di radiazioni provocate dall?accelerazione di particelle atomiche, salvo che l?Assicurato provi che il sinistro non ebbe alcun rapporto con tali eventi». In sostanza, può non essere affatto semplice, per il consumatore medio, in sede di stipulazione contratto, identificare quale sia la copertura della garanzia assicurativa, essendo egli, presumibilmente, sprovvisto del bagaglio tecnico necessario per dare un concreto significato alle clausole richiamate. Senza parlare di come possa essere arduo fornire la prova che il sinistro non è in rapporto causale con tali eventi, prova necessaria per poter fruire di tutela assicurativa e che, nella maggior parte dei casi controversi, non verrà raggiunta (tale previsione, peraltro, va comunque sempre considerata vessatoria, in quanto implica a carico del consumatore un?inversione dell?onere della prova, preclusa dall?art. 1469 bis, c. III, punto 18). Analoghe osservazioni possono farsi per l?esclusione dei danni «verificatisi in occasione di tumulti popolari, di scioperi, di sommosse, di atti di terrorismo o di sabotaggio»: ai fini di una maggiore garanzia per il consumatore, sarebbe opportuno richiamare le definizioni contenute nel codice penale, in modo da delimitare ragionevolmente il rischio di interpretazioni discrezionali da parte della Compagnia. Ancora: si dubita della piena comprensibilità della clausola che identifica il rischio assicurato come quello conseguente a «fatto accidentale». Si può dire, conclusivamente, che la genericità e l?ambiguità di molte delle clausole assicurative rappresentano, allo stato attuale, uno dei più gravi rischi per il consumatore, che è dunque invitato implicitamente dallo stesso legislatore a prestare particolare attenzione e a chiedere alla Compagnia tutti gli opportuni chiarimenti, prima di sottoscrivere il contratto.

11/04/2001

Documento n.3184

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