IUl Fatto. 2-9-2010. Passera, Banca Intesa e gli affari di famiglia
Passera, Banca Intesa e gli affari di famiglia
Senza dire che era azionista dell'Hotel Villa D'Este votò il prestito a Fontana che lo doveva acquistare. E il compratore subito dopo entrò nella cordata Alitalia organizzata dal banchiere
Sostiene il banchiere Corrado Passera che quei sette milioni di euro parcheggiati nel paradiso esentasse di Madeira sono un gruzzolo di famiglia denunciato al Fisco e accantonato all’estero in attesa di una buona occasione per spenderlo. Tutto regolare, quindi, assicura il gran capo di Banca Intesa in una lettera di risposta (*
riportata in calce) a un recente articolo del Corriere della Sera. E che dire delle sue proprietà alberghiere? Cose vecchie, ereditate dai genitori. Insomma, niente di rilevante, nulla che possa interferire con il suo ruolo di amministratore delegato della più importante banca d’Italia.
Ma la versione minimalista offerta da Passera ai lettori del Corsera non spiega tutto. Non spiega fino in fondo gli intrecci azionari, i prestiti per centinaia di milioni di euro, le compravendite di titoli che tre anni fa sono serviti a riportare in Italia dal Lussemburgo il pacchetto di controllo dell’hotel Villa d’Este di Cernobbio, un cinque stelle tra i più lussuosi al mondo, meta abituale di superVip e presunti tali.
La miccia che innesca questa girandola di affari è un prestito di 157 milioni concesso da Intesa alla famiglia Fontana, industriali brianzoli che usano quei soldi per comprare il pacchetto di maggioranza di Villa d’Este. L’hotel, un tempo trattato in Borsa, può contare su decine di azionisti di minoranza. E tra questi c’è anche Passera, insieme a sua madre, al fratello, alla sorella. La loro quota è poca cosa: meno dell’1 per cento della società di gestione dell’albergo. Quanto basta, però, per esporre il banchiere a un potenziale conflitto d’interesse.
Infatti Intesa, la banca guidata da Passera, finanzia la compravendita di una società di cui lo stesso Passera è azionista. E i Fontana, secondo quanto dichiarano all’epoca, sono pronti ad acquistare, oltre alla quota di controllo parcheggiata in una finanziaria lussemburghese, anche le azioni dei piccoli soci dell’Hotel. Quindi, in teoria, anche quelle dei Passera.
Per togliersi dall’imbarazzo il banchiere avrebbe potuto rendere nota la sua posizione agli altri consiglieri di amministrazione di Intesa chiamati ad approvare il prestito. Ma Passera tace. Nel verbale del consiglio di amministrazione del 14 novembre 2007, che dà il via libera al fido di 157 milioni per finanziare l’acquisto di Villa d’Este, non si fa cenno a interventi del numero uno. E il prestito viene approvato all’unanimità, con il voto favorevole, quindi, anche di Passera.
Particolare importante: nel consiglio di Intesa siede anche Giuseppe Fontana, proprio l’imprenditore che deve avere il prestito. In pratica la banca ha finanziato per decine di milioni un suo consigliere. Fontana però, come prescrive la legge, non partecipa alla votazione sul prestito. Qualche mese dopo circa 50 milioni di questo finanziamento vengono trasferiti alla Banca Popolare di Sondrio. Coincidenza delle coincidenze: Fontana era amministratore anche di questa banca.
Ma torniamo a Passera per segnalare un altro fatto rimasto fin qui inedito. Il 16 ottobre 2007, quindi meno di un mese prima della concessione del prestito, una società dei Passera, l’Immobiliare Venezia, vende circa 15 mila azioni di Villa d‘Este incassando 117 mila euro. Chi compra? Il bilancio della società non indica il nome dell’acquirente. Certo è che i tempi di questa operazione, che precede di poche settimane l’ingresso in campo di Intesa, finiscono per sollevare nuovi dubbi e sospetti. Di più: Passera e famiglia vendono le loro azioni a circa 7 euro ciascuna. Un mese dopo Fontana finanziato da Intesa compra il 62 per cento del capitale di Villa d’Este a circa 67 euro per azione. I conti non tornano.
E certo non aiuta a fare chiarezza il fatto che la vendita dell’hotel di Cernobbio transiti da una società del Lussemburgo, tradizionale approdo a prova di fisco per affari di ogni tipo. In pratica il prestito di Intesa è finito nel Granducato nelle casse della Finanziaria Regina, che ha ceduto la quota di controllo di Villa d’Este. L’azionista principale della società lussemburghese era Claudio Luti, proprietario tra l’altro della società di arredamento Kartell. Ma gli stessi Fontana possedevano una quota del 30 per cento circa.
E qui arriva un altro gioco di prestigio. Con una complessa operazione di ingegneria finanziaria la famiglia brianzola si libera della partecipazione nella società lussemburghese e in cambio ottiene 70 milioni, che approdano sui conti bancari della loro holding, la Loris Fontana & c. Riassumendo: i soldi di Intesa finiscono in Lussemburgo e da qui rimbalzano in una società targata Fontana. Tempo qualche mese e parte di quel denaro troverà una pronta occasione d’impiego. Siamo nell’estate del 2008. C’è l’Alitalia da salvare.
Silvio Berlusconi chiama a raccolta i nuovi capitani coraggiosi disposti a investire per rilanciare la compagnia di bandiera dopo averne scaricato i debiti sui contribuenti. Fontana, da poco padrone di Villa d’Este, stacca un assegno da 10 milioni per la nuova Alitalia. A organizzare la cordata è proprio la Banca Intesa di Passera, all’epoca ben allineato e coperto sulle posizioni del governo. Passera chiama. Fontana risponde. Intesa paga il conto.
di Vittorio Malagutti
da il Fatto Quotidiano del 2 settembre 2010
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(*) La lettera di C. Passera al Corriere della Sera
Caro Direttore, ieri il «Corriere della Sera» è ritornato, dopo l'articolo di mercoledì, su varie vicende relative alla mia famiglia, e siccome il giornalista Mario Gerevini non ha reputato utile chiamare né mio fratello né me, fornisco ora tutti i chiarimenti che avrei potuto darvi a voce. Non entro nei dettagli perché non mi sono mai occupato della gestione delle attività di famiglia e non sono amministratore di nessuna società. Posseggo l'11,3% e ho la nuda proprietà del 22,7%. Per tutti gli approfondimenti mio fratello Antonello è comunque a disposizione. Ho ricostruito con lui i principali temi e ne faccio una sintesi.
La società Lariohotels, che possiede i due alberghi di famiglia a Como, nel 1999 ha stipulato un mutuo con il San Paolo (15 miliardi di vecchie lire) perché si apprestava a fare una acquisizione industriale nel suo settore di attività. L'acquisizione alla fine non si concluse e il San Paolo diede vari suggerimenti su come gestire la somma riveniente dal mutuo in attesa di future opportunità di investimento industriale. In particolare fu acquisita a Madeira una società - Sea Horse Serviços e Marketing, LDA - che fu dedicata alla gestione finanziaria della liquidità approfittando del regime fiscale vantaggioso che tale localizzazione prevedeva, regime per altro approvato a livello Ue.
Nel corso degli anni furono valutate varie alternative di investimento industriale e alla fine mio fratello decise di liquidare la società di Madeira e di far rientrare le disponibilità della società (i dieci milioni dei quali si parla nell'articolo) e di utilizzarle per ristrutturare totalmente uno dei due alberghi di Como. Il cantiere è in corso da più di un anno. Dei vari eventi nel corso degli anni viene data informativa nelle Relazioni di Bilancio della società. È infatti da documenti pubblici che Gerevini trae lo spunto per i suoi articoli.
La mia famiglia detiene da trent'anni 55.000 azioni di Villa d'Este che corrispondono circa allo 0,9% del capitale della società. Questa partecipazione certamente non rilevante è stata finanziata negli ultimi anni con una parte del mutuo San Paolo del quale ti ho detto poco sopra. Nel momento in cui la società di Madeira è stata liquidata le azioni sono state acquistate da Lariohotels. La transazione totale ammonta a circa 1 milione di euro e il prezzo per azione (18 euro) rappresenta una prudente valutazione del valore per quote di infima minoranza sulla base delle ultime transazioni realizzate.
Non c'è stata nessuna intenzione di nascondere la transazione e infatti se ne dà trasparente illustrazione nel bilancio della società. L'utilizzo di una fiduciaria risponde solo all'esigenza di non volersi iscrivere direttamente a libro soci. Appare quanto meno forzata qualsiasi altra speculazione su «crocicchi» indebiti tra le attività di mio fratello, Villa d'Este e Intesa Sanpaolo. Quest'ultima aveva partecipato insieme alla famiglia Fontana all'acquisto del pacchetto di controllo di Villa d'Este ma è già da tempo uscita dall'operazione.
Intesa Sanpaolo detiene il 44,5% di NH Italia che è la holding italiana di NH Hoteles che in questi anni ha sviluppato la sua attività nel nostro Paese attraverso numerose acquisizioni. Sostenni la proposta di inserire anche mio fratello tra i consiglieri di amministrazione di NH Italia in rappresentanza della banca perché lo reputo un vero esperto di gestione alberghiera per la sua esperienza imprenditoriale, per i molti anni di ruoli manageriali in grandi catene in Italia e all'estero e per la partecipazione a molti organismi di categoria.
Tale proposta seguì le procedure previste e per evitare ogni dubbio o possibile critica mio fratello decise di rinunciare a qualsiasi emolumento. Anche in questo caso parlare di «Intesa concorrente di Passera sugli hotel di Como» mi pare francamente una forzatura. NH è un gruppo che opera in mezzo mondo di centinaia di alberghi con migliaia di stanze. Lariohotels controlla due alberghi a Como con 50 stanze cadauno. E naturalmente NH non opera a Como.
Corrado Passera Amministratore delegato
Intesa Sanpaolo
03/09/2010
Documento n.8701