Il Fatto quotidiano 5-11-10.Enel Green Power, fanno festa gli speculatori. di G. Meletti

in Articoli e studi
Enel Green Power, fanno festa gli speculatori Esordio caotico in Borsa: i furbi vendono, i fondi comuni comprano La Borsa italiana non annoia mai, anzi garantisce sempre spettacolo, almeno per chi non si sta giocando la camicia. Ieri in cartellone c’era l’esordio alle quotazioni dei titoli Enel Green Power (Egp). E per l’occhio allenato sono bastati 25 secondi (secondi, non minuti) per capire che sarebbe stata una giornata memorabile. Ma vediamo prima le formazioni in campo. L’Enel ha appena collocato un miliardo 625 milioni di azioni Egp a 1,6 euro l’una, incassando 2,6 miliardi di euro. Per farle digerire al mercato finanziario, cioè a circa 350 mila persone, ha ingaggiato “non una, non due, non cinque, ma dieci banche!”, come nota il Wall Street Journal, quotidiano finanziario di Rupert Murdoch, non giustizialista, non anticapitalista. Le dieci banche sono: Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Credit Suisse, Goldman Sachs (come joint global coordinators), Unicredit, J.P. Morgan Chase, Morgan Stanley, Barclays, Bank of America e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA) come joint bookrunners. In italiano i joint bookrunners sono quelli che convincono i loro clienti che le azioni Egp sono un affare. Per questo disturbo si spartiti una commissione pari all’1,85 per cento dell’incasso Enel, cioè 48 milioni di euro. Soldi sacrosantemente guadagnati, perché avevano convinto i risparmiatori a comprare le Egp a un prezzo tra 1,8 e 2,1 euro, che invece gli investitori istituzionali, cioè le stesse banche, i fondi d’investimento, le compagnie d’assicurazione etc., hanno giudicato scandalosamente alto. Così all’ultimo momento l’Enel (dopo aver predicato per settimane che un prezzo sui 2 euro era ottimo) ha deciso lo sconto a 1,6 euro. Però, guardate che stranezza: l’Enel diceva che l’85 per cento delle azioni sarebbero andate agli istituzionali, quelli con le spalle larghe, e solo il 15 per cento ai piccoli investitori, i risparmiatori, i 350 mila che danno retta al consiglio della loro banca. E invece alla fine le parti si sono invertite: 23 per cento agli istituzionali, e 77 per cento ai piccolini, il cosiddetto “retail”. Detta in euro: avevano detto che avrebbero venduto ai risparmiatori titoli per 400 milioni, gliene hanno mollato per 2 miliardi, perché quel miliardo e 600 milioni di differenza le grandi banche si sono rifiutate di prenderlo. Adesso si capisce meglio il significato di ciò che è successo ieri in Borsa. Il mercato apre alle 9. Alle 9 e 25 secondi qualcuno ha piazzato un’ordine di vendita per 9.679.241 azioni Egp, pari a un controvalore di circa 15 milioni e mezzo di euro. Questo qualcuno, verosimilmente non un pensionato, ha venduto a 1,55 euro azioni pagate 1,6, e lo ha fatto dopo 25 secondi dall’inizio delle contrattazioni di quelle azioni. In 25 secondi ha perso 548 mila euro. Ci si chiede che cosa spinge una qualsiasi entità razionale a mettersi in fila per comprare le azioni Egp, e pagarle 1,6 euro per rivenderle dopo 25 secondi a 1,55, incamerando una perdita del 3,12 per cento. Una risposta non c’è. L’unica spiegazione razionale implica l’ipotesi di un reato: qualche soggetto del mercato finanziario, che ha “dovuto” comprare le azioni per far vedere al “mercato” che credeva nell’affare, si affretta a sbarazzarsene pensando che perdere il 3 per cento è meglio magari che perdere di più nelle prossime settimane. Questa è naturalmente solo un’ipotesi “di scuola”, basata sul fatto che a Milano l’inchiesta giudiziaria sul collocamento delle azioni Saras ha fatto finire nel registro degli indagati alcuni grossi nomi del Gotha delle banche d’affari proprio con un’accusa del genere. Fatto sta che l’ordine di vendita a 25 secondi dall’apertura delle contrattazioni ha scatenato una bufera. Migliaia di ordini di vendita si sono aggiunti al primo, portando il titolo a perdere fino al 4 per cento. Poi, nel pomeriggio, il trombettiere della cavalleria ha suonato la carica. Sono arrivati i nostri, i fondi d’investimento. Spiegava ieri sera un dispaccio dell’agenzia Ansa: “L’iniziale ondata speculativa è stata infatti arrestata dall’intervento dei fondi di investimento che sono corsi ad accaparrarsi le azioni della società”. Verosimilmente è accaduto questo: le grandi banche si sono liberate dei titoli, e i fondi, che dalle stesse banche sono gestiti ma investono i soldi dei risparmiatori, “sono corsi ad accaparrarsi i titoli”. Con i soldi dei risparmiatori. Tutto è bene quel che finisce bene. Le azioni Egp, grazie all’intervento dei fondi sono risalite fino a 1,59 euro, un centesimo sotto il prezzo di collocamento. Quel segno meno non ci voleva. Per fortuna è arrivato un compratore forte, che alle 17,30 e 32 secondi (la Borsa chiude alle cinque e mezza, ma evidentemente c’è il recupero) ha piazzato un ordine d’acquisto per 27 milioni di euro di controvalore, al prezzo di 1,6 euro esatti. Così il giorno di esordio di Egp termina in un pareggio. Ma nel corso di otto ore e mezzo di scambi sono passate di mano 167 milioni di azioni, oltre il 10 per cento di quelle collocate dall’Enel. Meno male che era un titolo che prometteva soddisfazioni nel medio-lungo termine. Sempre l’agenzia Ansa ieri sera ha comunque rassicurato tutti: “Sin dall’inizio la flessione non ha però impensierito troppo i vertici del gruppo, convinti della solidità del titolo e pronti ad attribuire l’accoglienza tutt’altro che calorosa all’andamento sfavorevole del settore e ad una certa incertezza sui sussidi alle rinnovabili”. da Il Fatto Quotidiano del 5 novembre 2010

05/11/2010

Documento n.8753

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