Giustizia e lungaggini processuali (Iacoviello-Tanza)

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GIUSTIZIA E LUNGAGGINI PROCESSUALI: FINALMENTE UNA NORMA A REGOLARE LA DURATA DEI PROCESSI E LA RELATIVA AZIONE RISARCITORIA del Dr. Antonino Iacoviello IL TESTO DELLA DOMANDA ALLA CORTE DEI DIRITTI DELL'UOMO PER OTTENERE UN EQUO INDENNIZZO dell'Avv. Antonio Tanza ______________________ Con la L. 89 del 24 marzo 2001 si affronta anche in Italia il problema della qualità effettivamente democratica dei rapporti tra cittadini e Stato, avuto riguardo alla tempestività della risposta statuale alla richiesta di giustizia proveniente dai primi, quale unica e concreta garanzia di effettività dei diritti. La giurisprudenza della Corte Europea ha in questi decenni sempre più elaborato i principi fondamentali in materia di ragionevole durata del processo, a tal riguardo affermando che la realizzazione dell'equo processo costituisce un vero e proprio obbligo di risultato per il singolo Stato. In virtù di tali principi lo Stato italiano è stato più volte ritenuto inadempiente all'obbligo di assicurare una durata ragionevole del processo, sia penale che civile, fino a ricevere valanghe di condanne. Inchiodato da questa urgente e disastrosa realtà l'apparato statale ha dovuto reagire: dapprima con legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, il legislatore inseriva i principi del "giusto processo", enucleabili dall' art. 6 della Convenzione Europea Diritti dell'Uomo, nell'art. 111 della Costituzione; poi, a inizio 2001, con la legge menzionata in apertura, finalmente il legislatore decideva di istituire una giurisdizione "domestica" per i danni da ritardo nell'amministrazione della giustizia. Non sarà più necessario adire la Corte Europea di Strasburgo per vedersi risarcito il danno conseguente a lungaggini processuali, infatti la L. 89/2001, c.d. legge Pinto, demanda il giudizio sull'equa riparazione alla Corte d'Appello "dirimpettaia" secondo il combinato disposto dall'art. 111 c.p.p., così come modificato dalla L. 420/98, con l'art. 1 delle norme di attuazione del c.p.p. per i procedimenti riguardanti i magistrati. All'art.2, dopo avere richiamato l'art. 6 della CEDU, si impongono al giudice dei criteri di valutazione specifici della durata del processo. Così come stabilito da una conforme giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, si prevede che andrà vagliato in primo luogo il comportamento delle parti, principio importantissimo alla luce del successivo art. 3, in base al quale rileva solo il danno per il periodo eccedente il termine ragionevole. Quel che interessa ai fini del ristoro del danno, è dunque il comportamento del giudice e di ogni altra autorità chiamata a concorrere o contribuire alla definizione del processo. Accertato nei limiti di cui sopra - esclusivamente per l'eccedenza non addebitabile alla parte, rispetto alla durata fisiologica del processo - il nesso tra anomalie verificatesi e danno lamentato, il comma 3 art.2 L. 89/01, pone specifici parametri per la valutazione: lo fa richiamando l'art.2056 c.c. e, in caso il danno non possa essere agevolmente quantizzato l'art. 1226 c.c. (valutazione equitativa). Questo tipo di responsabilità piuttosto che richiamarsi alla colpa si richiama alla mancanza di diligenza. Quest'ultimo rilievo evidenzia come la responsabilità in oggetto non si configuri né contrattuale ne extracontrattuale, la specifica obbligazione cioè, trova la sua fonte (tenendo presente la tripartizione di cui, all'art.1173 c.c.) in quella categoria aggiunta indicata in "ogni altro fatto o atto idoneo a produrla in conformità all'ordinamento giuridico". Il richiamo specifico all'art 2056 c.c. pone un criterio di valutazione del danno che specificamente attiene alla responsabilità extracontrattuale, da cui discende che il metro non potrà essere quello annacquato, a carattere indennitario, ma un vero e proprio parametro risarcitorio, teso cioè al ripristino dello status quo ante. Il comma 1 dell'art. 2 e la lettera b del comma 3 della legge 89/2001 riconoscono la risarcibilità del danno morale. Certamente anche questa volta il danno andrà provato, ed è presumibile che ciò sia più agevole allorquando si discuta della lungaggine dei processi penali. L'Articolo 3 comma 2 dispone che il giudizio si propone con ricorso, precisando che esso deve essere firmato da un difensore munito di procura; il ricorso deve contenere l'indicazione dell'ufficio giudiziario adito, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o l'istanza. Non è vincolante la produzione degli atti del processo contestato, infatti a norma dell'art 3 comma 5 ne potrà essere richiesta l'acquisizione d'ufficio. Le controparti saranno i ministri p.t. rispettivamente della giustizia in ordine ai procedimenti ordinari, della difesa per la giustizia militare e delle finanze per i processi tributari. Il comma 4 dell'articolo 3 regola la procedura riportando alle disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio di cui agli artt. 737 e ss. del c.p.c.. Il comma 6 del medesimo articolo 3 fissa in quattro mesi il tempo massimo entro cui la Corte deve pronunciare un decreto impugnabile per Cassazione, decreto immediatamente esecutivo. Arrivati alla tappa finale forti del decreto immediatamente esecutivo, rimane solo da riscuotere. L'art. 7 provvede in tal senso prevedendo le opportune disposizioni finanziarie. In sostanza, alla luce di queste disposizioni normative, la Corte D'Appello Italiana è chiamata ad assolvere le stesse funzioni della Corte Europea dei diritti dell'uomo, limitatamente all'accertamento della durata eccessiva dei processi e alla liquidazione del danno. Considerato che a seguito di questa legge italiana, la vittima della lentezza dei processi in Italia potrà ottenere una equa soddisfazione davanti agli stessi giudici italiani, la Corte Europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo, dall'8 Marzo in poi dichiarerà irricevibile qualsiasi ricorso avente codesto oggetto, ammettendone l'esame solo per cui capi di doglianza che siano distinti e diversi dalla violazione relativa all'eccessiva durata dei processi. L'art. 6 della legge prevede per i ricorsi già presentati davanti alla Corte di Strasburgo, ed aventi ad oggetto l'eccessiva durata dei processi che non siano ancora stati dichiarati "ricevibili" dalla stessa, la possibilità di ripresentare il ricorso alla Corte D'Appello in Italia, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge oggetto del nostro esame, allegando una copia del ricorso e della documentazione già inviata alla Corte, precisando inoltre la data dell'avvenuta spedizione a Strasburgo. Ancorché questa nuova legge preveda che la Corte D'Appello valuti il danno conseguente alla eccessiva durata dei processi ai sensi dell'art 2056 cc Italiano, il ricorrente deve invocare i criteri enunciati in subiecta materia nella consolidata giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani, a cui anche la Corte d'Appello Italiana è vincolata. In difetto è sempre possibile un ulteriore e successivo ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani, a Strasburgo, per lamentare l'inadeguatezza del risarcimento ottenuto oppure il mancato pagamento del risarcimento da parte del Governo italiano. Per completezza appare opportuno considerare che questa legge, se in fase di discussione poca attenzione aveva suscitato nella diffusa convinzione che non sarebbe stata approvata, oggi ha destato nella dottrina e negli operatori non poche perplessità. Dal mondo della magistratura arrivano valutazioni dubbiose ; si esprime il dubbio che si instauri un circolo vizioso in cui al processo sul risarcimento del ritardo, si aggiunga il processo sulla sussistenza eventuale del diritto al risarcimento del danno derivante da ritardo nel giudicare il precedente ritardo. Ancora si paventa la possibilità che i magistrati vengano sistematicamente considerati responsabili dei ritardi quando invece, giustamente, i ritardi della giustizia non sono automaticamente i ritardi del giudice, ma anzi troppo spesso e troppo sfacciatamente sono i ritardi nell'adempimento di una macchina organizzativa di cui il giudice è ben più frequentemente oggetto e vittima, che non soggetto attivo. L'effetto oggettivo che comunque registreremo a partire dalla sua prossima applicazione, sarà che finalmente l'ordinamento interno ha deciso di conformarsi all'impegno che con la legge di ratifica della CEDU aveva preso sul fronte dei rapporti internazionali, nonché che finalmente si vedranno riconosciuti i diritti di coloro i quali hanno pagato in prima persona, sul piano morale oltrechè finanziario, gli effetti di un sistema giudiziario troppo spesso inefficace e inutilmente prolisso. Dott. Antonino Iacoviello _______________________- OLTRE 400 CONDANNE NELL'ULTIMO ANNO pronunciate DALLA CORTE UROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO NEI CONFRONTI DELL'ITALIA A CAUSA DELLE LUNGAGGINI PROCESSUALI: IL J'ACCUSE DEL PROCURATORE GENERALE DELLA CASSAZIONE. L'IMPEGNO DI ADUSBEF PER OTTENERE L'EQUO INDENNIZZO A FAVORE DELLE VITTIME DEL SISTEMA GIUDIZIARIO _____________________ (*) IL TESTO DEL RICORSO (Delegazione ADUSBEF PUGLIA: avv. Antonio TANZA) "Non è più il tempo di tergiversare. La questione giustizia deve essere risolta a ogni costo, con una mobilitazione civile senza precedenti perché senza precedenti è il rischio che incombe sulla Nazione". Sui mali endemici del nostro sistema giudiziario italiano, che ADUSBEF ha più volte in questi anni denunziato e condannato, si è ora abbattuto anche il maglio del Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Dott. Antonio La Torre, che, nella relazione tenuta in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario del 2000, ha puntato severamente il dito contro la "cronica lentezza" del sistema processuale e giudiziario del nostro Paese, tale da assicurare a questi "il non invidiabile primato del più alto numero di ricorsi e di condanne in sede europea" e porlo "nell'umiliante condizione di sorvegliato speciale". Una autentica Caporetto della giustizia italiana, quella descritta dal PG La Torre, causa di un "sotteso e reiterato giudizio di discredito che si abbatte di continuo sul nostro paese, deturpandone profondamente l'immagine nel consorzio delle nazioni civili". Non casuale al riguardo si è rivelato il riferimento ad una recente risoluzione del luglio scorso del Comitato dei Ministri UE, con cui si è di fatto diffidato il nostro Paese ad adeguare prontamente le proprie strutture giuridico - amministrative in campo processuale, evidenziando altresì che " per pochi mesi ancora l'Europa è disposta ad attendere i risultati della terapia prima di adottare più drastiche iniziative", e manifestando al contempo il rischio inquietante che l'Unione Europea possa "adottare a carico dell'Italia la più grave delle sanzioni, ossia sospenderla dal diritto di voto e in pratica emarginarla dal consesso europeo": "un errore storicamente imperdonabile, per la nostra generazione, perdere tanto per così poco", sottolinea amaramente il PG La Torre, anche considerati gli immani sacrifici che il popolo italiano ha compiuto per l'aggancio alla moneta unica, all'euro: ma è quanto accadrà se la durata media dei procedimenti giudiziari nel nostro Paese, dall'introduzione alla sentenza, continuerà a superare quei canonici sei anni in cui la giurisprudenza nazionale e comunitaria quantifica concretamente la durata ragionevole dei processi. Ebbene sì, la storia si ripete: il Governo impone sacrifici al cittadino, allettandolo con la prospettiva di uno straordinaria sorte di progresso e di modernizzazione, come la tanto agognata entrata in Europa, per la quale gli è stato addirittura imposto di pagare l'ennesima tassa, salvo poi puntualmente disilluderlo, disperdendo il valore aggiunto di quel risultato in un sistema di prestazioni e servizi di qualità tale da escluderlo da quel contesto civile cui pure aspira ad accedere. Senza tralasciare i ben noti disagi della giustizia penale, avversata da insufficienze strutturali del sistema, dalla limitata efficienza del codice di procedura penale, del tutto inadeguato a far fronte alle nuove emergenze criminali costituite dal dilagare dell'immigrazione clandestina e dal portato della diffusione nel territorio nazionale delle organizzazioni criminali provenienti dall'Est europeo ed asiatico, il vero nodo gordiano della malagiustizia italiana resta quello della giustizia civile, rispetto alla quale, con la pesante ipoteca di 3 milioni di cause in eccedenza, La Torre ha ammesso "l'incapacità di smaltimento del sistema". Le cifre: 269 giorni di durata media dei giudizi davanti al Giudice di Pace, 824 giorni nei procedimenti davanti alle Preture, addirittura 1343 nelle cause patrocinate davanti ai Tribunali in primo grado, un tempo che sostanzialmente raddoppia considerando gli eventuali ulteriori gradi di giudizio. Le soluzioni da tempo prospettate (istituzioni di giudici monocratici in prima istanza, rafforzamento delle competenze della magistratura onoraria, impulso alle sezioni stralcio) per l'accelerazione delle modalità di smaltimento dell'immenso arretrato e la restituzione al giudizio civile della ormai perduta funzione di strumento dispositivo di tutela delle situazioni soggettive del privato, trovano infine nelle parole del PG della Cassazione un significativo complemento nella proposta di introduzione di un sistema di riparazione equitativa, ovvero di soddisfacimento compensativo per i processi che non riescano a chiudersi in tempi ragionevoli. é bene tuttavia rammentare che il nostro ordinamento da anni ormai contempla uno strumento legislativo che consente di ottenere un soddisfacimento dei danni sofferti a causa della lentezza della macchina processuale. Con Legge 4 agosto 1955 n. 848, infatti, lo Stato italiano ha ratificato e reso esecutiva la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, firmata il 4 novembre 1950, prezioso strumento di tutela di diversi diritti fondamentali dell'uomo, tra cui appunto il diritto ad avere un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole davanti ad un Tribunale indipendente e imparziale costituito per legge al fine della determinazione dei propri diritti e dei propri doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. Solo dopo decenni di sistematica violazione, da parte dello Stato italiano, di un diritto umano fondamentale qual è quello ad avere un processo equo e di durata ragionevole, il 1° novembre 1998 è entrato in vigore il Protocollo n. 11 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, disciplinante l'esercizio di azioni innanzi alla Corte Europea dei diritti dell'uomo per la tutela di tali diritti contro le violazioni dello Stato, che fornisce al cittadino uno strumento comodo, veloce e di estrema utilità, per agire innanzi alla Corte europea ed ottenere dallo Stato stesso l'equo indennizzo che loro indiscutibilmente spetta in caso di lungaggini processuali. È dunque sufficiente trasmettere, anche a mezzo semplice raccomandata, una domanda di indennizzo corredata dalla fotocopia degli atti del processo celebrato nello Stato del richiedente, autenticata da un avvocato o da un notaio, e non soggetta alle pesantissime imposte processuali, perché la Corte decida: nessun inutile rinvio, nessuna complicazione tecnico - processuale, ma solo un'equa definizione della controversia adottata sulla base degli atti e dei fatti. ADUSBEF invita i cittadini, che hanno avuto o che hanno ancora a che fare con una giustizia ingiustificatamente e irragionevolmente lenta ed elefantiaca, a proporre ricorso innanzi alla Corte Europea dei diritti dell'Uomo e, in questa battaglia, è pronta, come sempre, a sostenerli mettendo a loro disposizione tutti gli essenziali strumenti tecnici, ed anche la necessaria consulenza legale. A tal fine qui di seguito viene riportato il fac simile di formula di ricorso che il richiedente può utilizzare onde conseguire l'indennizzo cui egli ha pieno diritto nell'ipotesi di lungaggine di processo civile. È dunque auspicabile che i cittadini, vittime spesso inermi dello Stato, anche attraverso l'indicato strumento giudiziale, si muovano in direzione della contestazione critica del sistema, onde paventare alle attuali paludate istituzioni il rischio concreto di soggiacere a consistenti esborsi, ed in tal modo stimolare l'effettiva instaurazione di un vero e proprio processo di rigenerazione dell'apparato giudiziario, nella procedura, nei mezzi, nella mentalità. Avv. Antonio Tanza Vice Presidente ADUSBEF ECC.MA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO C/° Segretariato Generale del Consiglio d'Europa 67006 STRASBOURG - CEDEX (Francia) Il Ricorrente: Cognome .........................Nome .............................. Nazionalità .......................... Professione .................... Data e luogo di nascita ...................... Domicilio ............... Tel. n. .......................... Nome e cognome del rappresentante (eventuale) ...................................................... Indirizzo del rappresentante ...................................................... Tel. n. ................... Controparte STATO ITALIANO espone a codesta Ecc.ma CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO, quanto segue: IN FATTO 1. Con atto di citazione, notificato in data ...., l'odierno ricorrente ha convenuto, innanzi all'on.le Tribunale di ...., il Sig. ...., per il giorno ...., ore di rito, chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni ...., per i seguenti motivi ....- 2. Al procedimento civile, regolarmente iscritto nel ruolo, viene assegnato il N. .... / 19.... del R.G. Contenzioso civile. 3. La prima udienza di comparizione delle parti ha avuto luogo il giorno .... innanzi al Giudice Istruttore dott. ........ e da questi rinviata al .......... per ..............; 4. All'udienza del .... venne disposto l'interrogatorio delle parti, espletato nelle successive udienze del .... e del .... 5. All'udienza del .... viene ammessa la prova testimoniale espletata nelle successive udienze del .... e del .... 6. All'udienza del .... viene disposta consulenza tecnica d'ufficio e nominato perito il Sig. .... che, dopo aver prestato il giuramento di rito all'udienza del ...., chiedeva una proroga dei termini, concessagli dal Giudice, e depositava la consulenza tecnica in data .... 7. All'udienza del .... le parti chiedono rinvio per l'esame della consulenza tecnica d'ufficio e all'udienza del la causa ormai matura per la decisione viene rinviata per la precisazione delle conclusioni. 8. Precisate le conclusioni all'udienza del .... la causa fu assegnata a sentenza. 9. In data .... è stata depositata la sentenza che ha accolto la domanda del richiedente. 10. Tale sentenza non è stata appellata per cui è passata in giudicato in data .... (oppure) .... IN DIRITTO 1. Il richiedente ritiene che i sopra indicati rinvii per motivi non imputabili alle parti e ai loro difensori sono assolutamente intollerabili. 2. Tale lungaggine della giustizia italiana viola in modo eclatante il diritto garantito dall'art. 6, paragrafo 1 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo (ratificata con legge dello Stato italiano 4 agosto 1955, n. 848) che dispone testualmente: "Ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti ad un Tribunale indipendente ed imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta". 3. La questione oggetto della causa pendente di fronte al Tribunale di .... rientra per certo nella disposizione dell'art. 6, par. 1, trattandosi di diritti di carattere civile. 4. Nessuna delle condizioni previste negli artt. 28 e 35 della Convenzione può essere invocata nel caso di specie, per quanto attiene alla ricevibilità del presente ricorso. 5. Per la eventuale contestazione della "manifesta infondatezza" sarebbe sufficiente considerare che la violazione lamentata è l'eccessiva durata della procedura: nell'ipotesi in esame, il periodo da prendere in considerazione decorre dal .... e termina il .... data in cui la causa è andata in decisione. 6. Il ricorrente durante tale tempo di attesa ha subito notevoli danni che si possono sintetizzare: ................................................................................. 7. La situazione lamentata, peraltro non costituisce un caso isolato dovuto a ragioni contingenti ed eccezionali, ma è regola generale del Tribunale di .... e parimenti della maggior parte dei Tribunali della Repubblica italiana. Ed anche se in passato lo Stato italiano aveva cercato, inutilmente peraltro, di giustificare i reiterati ritardi con l'eccessivo lavoro della magistratura italiana, tale posizione è oggi del tutto inaccettabile: è la stesso stato che riconosce la propria responsabilità, ma non vi pone rimedio. 8. È manifesto che nel caso oggetto del presente ricorso la situazione non è eccezionale bensí normale: i rinvii ad un anno, i larghi vuoti nell'organico della magistratura e del personale di cancelleria, la mancanza o la disapplicazione di sanzioni per i dipendenti "svogliati". 9. Per quanto sopra evidenziato il ricorrente chiede a codesta Commissione Europea di riconoscere la violazione dell'art. 6, par. 1 compiuta dallo Stato italiano nella vicenda posta nel presente ricorso. 10. Decisione definitiva: Sentenza emessa dal Tribunale di .... - Sezione .... in data .... che ha definito il processo civile n. ..../19.... R.G. promosso dal richiedente contro .... (Altre eventuali decisioni "ritardatarie" dello stesso Tribunale, oppure in corso): Sentenza resa da .... - Sezione .... in data .... che ha ....; · Il ricorrente non dispone di un ulteriore ricorso o rimedio che può essere esperito. · Il ricorrente non ha sottoposto in passato ad altra istanza internazionale la presente richiesta. CONCLUSIONI Il ricorrente chiede che venga: o dichiarata la ricevibilità della domanda; o accertata la violazione dell'art. 6 par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo; o riconosciuto un equo indennizzo del danno derivante dall'enorme lungaggine processuale con gli interessi in caso di ritardato pagamento da parte dello Stato italiano. Il ricorrente desidera ricevere la decisione della Corte in lingua francese (oppure) inglese. Il ricorrente, Sig. .......................... (generalità complete) dichiara, infine, in coscienza e fede, che le informazioni riportate nel presente formulario sono esatte e si impegna a rispettare il carattere riservato della procedura dinanzi alla Corte, desiderando conservare l'anonimato nei confronti del pubblico. Si allegano al presente ricorso: a) Atto di citazione notificato in data ....; b) Comparsa di risposta depositata in data ....; c) Verbale delle udienze dal .... al ....; Luogo ...., lí .... In fede (firma del ricorrente) Autentica della firma.

01/06/2001

Documento n.3079

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