BANCHE: SUONA LA CAMPANA PER PROFUMO DI ARROGANCE. MA INVECE DELLA LIQUIDAZIONE (22,5 MILIONI DI EURO) ANCHE PER LUI UN'AZIONE DI RESPONSABILITA'

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1 - ARROGANCE PROFUMO, IN VIAGGIO NEGLI USA, LEGGE IL 'CORRIERE" DELLE BANCHE E CAPISCE CHE GLI RESTA UNA SOLA BATTAGLIA DA VINCERE, QUELLA PER LA SUA LIQUIDAZIONE - #2 - ANCHE FLEBUCCIO DE BORTOLI, COME DAGO GIà DIECI GIORNI FA, SI ACCORGE FINALMENTE CHE BANCA D'ITALIA, RAMPL, LE FONDAZIONI E SOPRATTUTTO L'ALTA DIRIGENZA DELLA BANCA HANNO ABBANDONATO IL POVERO ALE E SONO TUTTI MOLTO UNITI E RILASSATI - #3 - IN PIAZZA CORDUSIO SCOMMETTONO ORMAI SOLO SULLA LIQUIDAZIONE CHE STRAPPERA': 22,5 MILIONI GRAZIE AD UNA LETTERA FANTASMA CHE TUTTI STANNO CERCANDO O UN SEMPLICE TFR COME UNO SPORTELLISTA QUALSIASI? AH, SAPERLO... Paola Pica per "il Corriere della Sera" Tanti conflitti, e di questa portata, non si erano davvero mai visti in Unicredit, una banca dove pure la politica e il mercato si fronteggiano da sempre e l' autonomia a lungo praticata dall'amministratore delegato Alessandro Profumo ha provocato frequenti mal di pancia agli azionisti e in particolare a quelli istituzionali, come le fondazioni, al cui vertice siedono, in maggioranza, uomini degli enti locali. Circolate a più riprese, e smentite solo pochi giorni fa dal diretto interessato in un incontro con gli investitori a Londra, le voci di uscita di Profumo sono tornate molto insistenti in queste ore, complice forse la fibrillazione elettorale. Ieri è arrivato l'affondo del ministro leghista delle Politiche agricole Luca Zaia, candidato governatore Veneto, che ha bocciato il modello «banca unica» voluto da Profumo, chiedendo in un'intervista alla Reuters una virata «federalista» del gruppo presente in tutta Europa e la creazione di una subholding per le attività italiane. «Le grandi banche devono sempre più pensare a un federalismo bancario-ha detto - ovvero a una presenza autonoma dei loro referenti sul territorio» secondo cui Unicredit, che conta al suo interno due fondazioni bancarie venete, Cariverona e Cassamarca, dovrebbe svilupparsi sul modello «della holding che ha la presidenza e controlla una, due, cento aziende che hanno la loro autonomia». Il ministro ha sostenuto così le richieste che sarebbero già state avanzate dal primo socio di Unicredit, la Cariverona di Paolo Biasi, e delle quali il comitato strategico permanente di Piazza Cordusio discuterà lunedì prossimo, La partita che attende Profumo al rientro dagli Stati Uniti si annuncia dunque di quelle decisive. La prossima settimana si apre proprio con un incontro dell'amministratore delegato con i suoi vice. Sul tavolo ci sarà certamente il riassetto, ma l'appuntamento si annuncia prima di tutto come l'occasione per un chiarimento a tutto campo. La giornata prosegue con la riunione del comitato strategico permanente cui dovrebbe seguire un altra riunione il 31 marzo. Dopo Pasqua, a ridosso del consiglio di amministrazione straordinario del 13 aprile è previsto un altro round ristretto. Si vedrà se a quel punto Profumo riterrà sufficientemente tutelata la sua autonomia e il suo progetto industriale sulla Banca Unica. 29 marzo. Ed è tutta da vedere quale sarà la reazione di Profumo, in questi giorni in trasferta negli Stati Uniti. Prendendo la parola nel lungo e teso comitato del 16 marzo, il banchiere aveva chiarito con i rappresentanti dei soci la sua indisponibilità a stravolgere l'impianto del progetto «Grande Unicredit», nome in codice One4C (one for client) finalizzato ad avvicinare la banca ai clienti, "aprendo" tuttavia alle istanze portate anche dai soci privati di nominare un manager di riferimento per i territori. Un direttore generale era la richiesta, un «country manager» aveva concesso Profumo, avvertendo però che, sulla banca unica, «indietro non si torna». Ma la questione è stata poi complicata dal fatto che anche la Banca d'Italia avrebbe avuto qualcosa da eccepire sotto il profilo delle competenze della Vigilanza sulla «Grande Unicredit»: da un lato holding di controllo internazionale, dall'altra banca italiana. La tregua stabilita con il rinvio di un mese, al 13 aprile, del via libera al riassetto («abbiamo bisogno di più tempo per pensare» aveva ammesso il presidente Dieter Rampl, pare non proprio allineatissimo, per la prima volta, al suo amministratore delegato) ha lasciato lo spazio per tranquillizzare il mercato che ha reagito con una vistosa fiammata ai conti 2009 e soprattutto alle rassicurazioni di Profumo sulla continuità della gestione. Lasciata alle spalle la bufera del dopo Lehman, il banchiere genovese ha ristabilito il feeling con gli investitori internazionali e dalla sua continua ad avere il sostegno della Borsa. Che più degli altri stakeholder sembra disposta a riconoscergli i meriti della costruzione di un grande gruppo europeo. Le resistenze alla banca unica, che passerà per l'incorporazione di sette controllate e la cancellazione di altrettanti consigli di amministrazione, trovano anche spiegazione anche nell'eliminazione di molto poltrone fin qui espressione delle amministrazioni locali. E ancor più in un problema di rappresentanza territoriale. «Ci siamo già scottati con la prima fusione, quando Verona è diventata molto milanese - dice il sindaco della città scaligera Flavio Tosi - non vorremmo scottarci di nuovo con il "Bancone". Il punto sono i tempi di risposta della banca alle imprese e ai clienti, se tutto deve passare da Milano...». Il problema vero, però, sembra essere quello della governance e dello stile di gestione del capo operativo. Gli azionisti hanno espresso una diretta preoccupazione per il cumulo di ruoli e cariche, formali e informali, dell'amministratore delegato che di fatto è anche direttore generale. Ma anche nella squadra dei manager si sarebbe fatto largo il malumore sui temi dell'organizzazione e della semplificazione interna. E anche qui conflitti e tensioni rischiano di essere esasperati dal confronto sul riassetto. Qualora non venisse scelto tra i tre vice di Profumo - i deputy ceo Sergio Ermotti, Paolo Fiorentino e Roberto Nicastro - l'eventuale «country manager» provocherebbe uno smottamento importante proprio nella primissima linea, dove non si possono escludere dimissioni.

25/03/2010

Documento n.8538

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