BANCHE: SE GIULIO NON VA AL MONTE, IL MONTE VA DA GIULIO – MUSSARI (PRESIDENTE MPS) SI INGINOCCHIA AI TREMONTI BOND PER SALVARE LA SUA POLTRONA

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SE GIULIO NON VA AL MONTE, IL MONTE VA DA GIULIO – MUSSARI (PRESIDENTE MPS) SI INGINOCCHIA AI TREMONTI BOND PER SALVARE LA SUA POLTRONA ED EVITARE LA SVENDITA DI SPORTELLI - LA FONDAZIONE MPS E la spinosa questione dei dividendi… Angelo Pergolini per "Panorama" Ha conquistato un non invidiabile primato: quello del titolo bancario più penalizzato dal mercato, perdendo dall'inizio del 2009 un terzo della capitalizzazione. E ora le quotazioni del Monte dei Paschi di Siena ballano intorno alla soglia psicologica (ma non solo) di 1 euro. Poi c'è un «core tier 1» (l'indice fra patrimonio e attivi) che pencola più verso il 5 che verso il 6 per cento preteso dagli analisti e promesso dalla stessa banca. Ma c'è anche un azionista di controllo, la Fondazione Mps, che possiede il 54 per cento del capitale e ha già messo le mani avanti sui criteri di distribuzione del dividendo. Infine è alle porte un'ondata di rinnovi delle cariche che a Siena sono considerate più importanti e perciò ambite: ad aprile scade infatti il consiglio d'amministrazione della banca. Mentre ad agosto arriverà al capolinea il mandato del vertice della fondazione, di cui il Comune di Siena è azionista di riferimento: nomina otto membri su 16.Eppure a Rocca Salimbeni, quartier generale del Mps, si respira una grande tranquillità. Anche a Palazzo Sansedoni, sede della fondazione, l'aria è distesa. E pure in comune non si avvertono segnali d'allarme. Questa assenza di fibrillazioni ha tre buoni motivi. Il primo consiste in una serie di numeri elaborati dal direttore generale Antonio Vigni. Il secondo è il patto di ferro stretto fra banca, fondazione e comune. Il terzo è rappresentato da una decisione ormai presa: quella di ricorrere ai cosiddetti Tremonti bond per rafforzare il patrimonio. I numeri, che non riguardano l'intero 2008 ma sono comunque significativi, dicono che, sì, lo scorso anno è stato difficile. Ma anche che il Montepaschi è riuscito a fare meglio o comunque meno peggio della concorrenza. Su un foglietto Vigni ha sottolineato tre cifre: andamento dei ricavi, dei costi, dell'utile netto. Se la crescita media dei ricavi delle maggiori banche italiane si attesta intorno al 2,5 per cento, il risultato del Monte è stato quasi doppio: più 4,5. Quanto ai costi, in media sono lievitati del 2,1 per cento, mentre per la banca senese la percentuale è identica ma con davanti il segno meno. Infine i profitti netti: è vero che sono diminuiti pesantemente, facendo segnare un meno 18 per cento; ma nello stesso arco di tempo la media degli utili delle banche italiane è crollata del 30 per cento. Tutte cifre che hanno rincuorato il presidente del Monte, Giuseppe Mussari. Tanto che da qualche tempo non fa che rispondere, a chi gli chiede come vanno le cose: «Siamo molto soddisfatti». Quanto all'imminente rinnovo delle cariche, Mussari cerca di glissare: «Ho un lavoro fino al 29 aprile. Non sono un banchiere, faccio l'avvocato. E lo studio non l'ho mai chiuso». Ma lo dice con stampato in faccia un sorriso malandrino. Il fatto è che Mussari può contare, oltre che sui numeri che dicono come il Monte abbia retto meglio di molti altri la crisi del sistema creditizio (perdipiù in un anno reso complicato dall'integrazione della Banca Antonveneta), su un accordo non ufficializzato ma ormai raggiunto. Un patto che prevede la sua conferma alla guida della banca e quella di Gabriello Mancini al vertice della fondazione. Accontentando così sia l'anima diessina (area di riferimento di Mussari) sia quella margheritina (Mancini viene da una lunga storia nella Dc) del Partito democratico. Un'intesa benedetta dal sindaco Maurizio Cenni, da sempre sponsor di Mussari. E rafforzata dalla vittoria nelle primarie per la scelta del candidato del Pd alla presidenza della Provincia di Siena (a cui spettano cinque poltrone al vertice della fondazione) di Simone Bezzini: ex segretario dei Ds di cui Mussari è stato, anche se con discrezione, un grande elettore. È all'interno di questa cornice che dovrà essere sciolta la spinosa questione dei dividendi, che da Rocca Salimbeni scendono nelle casse della fondazione per soddisfare gli appetiti di tutta Siena. Nel 2008 la fondazione ha erogato qualcosa come 230 milioni: più di 25 sono finiti al Comune (i cui investimenti complessivi sono stati pari a 40 milioni). E il Monte ha scelto una politica dei dividendi molto generosa, con un «pay-out» del 50 per cento. Ma con l'arrivo della crisi la musica è cambiata. In primo luogo perché, quando verranno tirati i conti definitivi del 2008, l'utile complessivo sarà nettamente inferiore a quello dell'anno precedente. In secondo luogo perché dopo l'operazione Antonveneta il Monte deve rafforzarsi patrimonialmente. La debolezza del core tier 1 è dovuta alla mancata vendita di 125 sportelli in eccesso dopo l'acquisizione dell'Antonveneta e al blocco della cessione degli immobili strumentali. Per quanto riguarda il secondo problema, Mussari è convinto di poterlo risolvere entro pochi mesi. Più complicata la faccenda degli sportelli.«Venderli oggi vorrebbe dire svenderli» sostiene Mussari. Ma come compensare il mancato introito? Il modo più semplice sarebbe portare a patrimonio gli utili d'esercizio. Peccato però che lasciare a bocca asciutta la fondazione, e con lei tutta Siena, non appaia possibile. E allora? Mussari è convinto di avere trovato una soluzione che consiste nell'apertura di due trattative. Una con la fondazione per concordare criteri meno generosi di finanziamento. L'altra con il Tesoro per accedere ai cosiddetti Tremonti bond. L'idea è di utilizzare questi fondi come una sorta di prestito ponte in attesa di tempi migliori per la vendita degli sportelli. Con i suoi collaboratori Mussari si dice convinto che l'intesa con la fondazione alla fine si troverà. Più complicato, forse, sarà convincere il ministro Giulio Tremonti a indossare i panni di grande elemosiniere di Siena.

16/02/2009

Documento n.7762

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