AFEF,TRONCHETTI,COSTANZO ED ANNUNZIATA: SONO COMPATIBILI LE CONSULENZE MILIONARIE CON L'ISCRIZIONE ALL'ORDINE DEI GIORNALISTI ?

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TRATTO DA: WWW.DAGOSPIA.IT AFEF A DAGOSPIA: “MACCHÉ COSTANZO, LA MIA IMMAGINE È FRUTTO DEL MIO LAVORO” L’IRA DI COSTANZO: “MACCHÉ AFEF, I 3 MILIONI ERANO PER LE MIE CONSULENZE A LA7” L’IRA DI LUCY: “NULLA DA NASCONDERE” – E METTE IN MEZZO FERRARA, LERNER, RIOTTA 1 – LETTERA DI AFEF A DAGOSPIA Riceviamo e pubblichiamo: Caro Dago, in questi giorni il mio nome è stato coinvolto ripetutamente all'interno di dichiarazioni che sono del tutto false. Capisco che il mio nome possa dar colore agli articoli riguardanti la triste vicenda Telecom, però le menzogne devono terminare. Maurizio Costanzo, che gode della mia stima, non si è mai occupato di promuovere la mia immagine. La prima volta che ho partecipato al suo show eravamo nel secolo scorso, correva l'anno 1996. E da quando ho preso marito non mi sono più seduta nel suo illustre salotto televisivo. Non ho mai avuto la fortuna di potermi considerare un'amica di Costanzo e, da conoscenti, non ci siamo mai frequentati nemmeno per una colazione o una cena conviviale. Non ho idea né di dove abiti né di come sia fatta la sua casa. In più Costanzo non ha mai avuto rapporti di lavoro con me anche perché se diversamente fosse avrebbe avuto scarse soddisfazioni visto che la mia immagine, buona o cattiva che sia, è il frutto del mio modesto lavoro. Nessuno l'ha mai curata al posto mio. Non rilascio facilmente interviste, non ho mai posato per un servizio fotografico con mio marito o con mio figlio, non ho certo scelto di commercializzare le foto del mio matrimonio o di altri momenti privati della mia vita. Tutto questo credo la dica lunga su quanto io sgomiti per apparire. Vorrei che fosse chiaro che ormai viviamo in un far west mediatico dove ciò che manca è soprattutto la memoria storica. E quando questa viene meno la verità entra nel porto delle nebbie: nomi, fatti, date, tutto viene confuso. Tutto questo è preoccupante e umiliante per tutti coloro che vengono coinvolti. Grazie per aver accolto il mio sfogo. Buon lavoro Afef PS – Nell’articolo dell’Unità si legge che “Il sodalizio Costanzo-Tronchetti era in realtà iniziato assai prima e il giornalista era già da anni consulente per l’immagine e per la comunicazione dei manager dell’azienda”. E’ una fesseria perché Tronchetti e Costanzo non si conoscevano prima del 2001, anno di acquisizione di Telecom. 2 - LUCIA ANNUNZIATA: INDAGATE PURE, NULLA DA NASCONDERE… Claudio Plazzotta per “Italia Oggi” E' giusto indagare e pubblicare schede dettagliate sui guadagni di tutti i giornalisti. Lucia Annunziata, nell'occhio del ciclone per le consulenze da centinaia di migliaia di euro fornite a Banca Intesa, Telecom Italia ed Eni, sposa la causa, poiché «bisogna discutere sull'etica professionale e verificare dove ci sono i conflitti di interesse. Il nostro mestiere lo richiede. Quanti giornalisti e direttori prendono soldi, per esempio, da Telecom Italia? E quanti conduttori televisivi hanno un conflitto di interesse»? Infatti, quanti? Parliamone. Beh, ci sono grandi firme pagate un sacco di soldi da Telecom Italia. Penso a Giuliano Ferrara o a Gad Lerner. Ma non ho mai dubitato della loro professionalità. Lei nel 2005 ha incassato 100 mila euro da Telecom Italia per un report sull'Egitto. Perché lo hanno chiesto a lei? Era un lavoro diviso in quattro parti e che ho consegnato al capo degli affari esteri di Telecom Italia. Stavano ragionando se investire o meno in quel paese. Io ho vissuto un anno in Egitto, lo conosco bene, ho fatto un'analisi dei fratelli musulmani, dei profili politici. E la consulenza da 49 mila euro sul Malawi per Banca Intesa? C'era un megaprogetto su quel paese, a cui hanno partecipato in tanti big. E comunque sull'aereo che è volato in Malawi io non c'ero, ma c'era Gianni Riotta, e lo ha anche raccontato sul Corriere della Sera. Al momento quanti rapporti di consulenza ha? Nessuno. Quelli per Telecom e Intesa sono durati un anno. Per Eni, invece, faccio la coordinatrice del comitato scientifico della rivista Oil, dove lavorano anche altri giornalisti e scienziati. Mi occupo del menabò, metto insieme i pezzi Per 140 mila euro all'anno... Sì Lavoro per Eni, poi ho un contratto art. 2 per La Stampa e uno di due anni più uno alla Rai, pagata a trasmissione, senza benefit di nessun tipo. Il presidente del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, Lorenzo Del Boca, ha detto a ItaliaOggi che un giornalista deve essere indipendente ma anche apparire nella sua indipendenza. E che si augura che il Consiglio regionale del Lazio, dove lei è iscritta, avvii un procedimento per verificare se lei ha compiuto infrazioni deontologiche. Che ne pensa? I miei direttori sono sempre stati informati delle mie consulenze: sia Marcello Sorgi, sia Giulio Anselmi alla Stampa. Le consulenze sono sempre state di affari esteri. E ora non intervisto Scaroni né mi occupo di petrolio. Però 100 mila euro per un report sull'Egitto sono tanti, non crede? A 57 anni non vendo la mia credibilità per 100 mila euro, stia tranquillo. Vada a vedere le dichiarazioni dei redditi dei direttori di giornale, e le confronti con la mia, di 225 mila euro nel 2005. Io sono l'unica giornalista che si è dimessa due volte senza scivoli. Nel 1996 ho lasciato la direzione del Tg3, e sono andata a Mosca, con mio marito, restando disoccupata un anno. Poi nel 2004 ho lasciato la presidenza della Rai, ancora una volta senza scivolo, solo con una liquidazione di 40 mila euro lordi. Potevo chiudere un occhio su molte cose, accettare la presidenza di Rai Usa a un milione di euro all'anno. Forse era meglio. Beh, ma insisto: 100 mila euro sono un sacco di soldi. Uno non lascia la presidenza della Rai per andare a fare consulenze sul Malawi o sull'Egitto. Anzi, in quel periodo ero molto depressa e mi pesava andare in giro a fare queste cose. Dalle dichiarazioni di Tavaroli emergerebbe un suo coinvolgimento nella cessione dell'agenzia di stampa ApCom a Telecom Italia. Lei ha risposto affermando che si è dimessa dalla direzione di ApCom nel marzo 2003, e che la cessione a Telecom è stata successiva, nell'ottobre di quell'anno. Ma potrebbe aver avviato le trattative, per poi lasciare prima della chiusura del contratto, non crede? Come no. Perché le trattative tra Francesco Micheli (azionista di riferimento di ApCom all'epoca, ndr) e Marco Tronchetti Provera (presidente di Telecom Italia all'epoca, ndr) le facevamo io e Tavaroli. Ma non mi faccia ridere. Io non ero proprietaria di nulla. Sono andata in Rai e avrei potuto chiedere l'aspettativa in ApCom, ma non l'ho fatto proprio per evitare che si parlasse di conflitto di interesse. Insomma, se l'Ordine dei giornalisti, che espelle tanti colleghi perché fanno pubblicità alla luce del sole, dovesse chiamarla, lei che fa? Mi presento con testimoni, dichiarazioni dei redditi e contratti. Non ho nulla da nascondere: le regole, io, le conosco. 2 - COSTANZO: MACCHÉ AFEF, I 3 MILIONI ERANO PER LE MIE CONSULENZE Silvia Garambois per “l’Unità” Maurizio Costanzo è quello che, nel 2004, ci rispondeva al telefono mentre cercavamo tutt’altra persona e - con nostra grande sorpresa e qualche soprassalto - ci avvertiva che il cellulare che stavamo chiamando era spento. I tempi in cui Giobbe Covatta annunciava che era partito l’avviso di chiamata e Laura Freddi dava la sveglia telefonica. L’idea di «umanizzare» la voce elettronica del telefono con voci famose - sia per Telecom che per Tim -, era dello stesso Costanzo, e Marco Tronchetti Provera aveva subito dato l’ok al «vecchio» consulente. Nel 2001, infatti, Tronchetti Provera aveva già chiamato Costanzo, nonostante fosse dirigente di Canale 5 - come riportarono le cronache, con molte polemiche - per dargli consigli sulla appena acquisita La7. Si ipotizzò, allora, che Costanzo sarebbe diventato un dirigente della tv, ma tutto poi finì in niente. Il sodalizio Costanzo-Tronchetti era in realtà iniziato assai prima e il giornalista era già da anni consulente per l’immagine e per la comunicazione dei manager dell’azienda. «Le accuse sono un castello di infamie», tuona ora Costanzo, il cui nome è tornato sulle prime pagine dei giornali, e rimbalza dagli interrogatori di Giuliano Tavaroli a quelli dello stesso Tronchetti Provera, nei verbali ormai pubblici dell’inchiesta su Telecom. Costanzo non vuole dare interviste, ma ha preso carta e penna e ha scritto al «Riformista». A indisporre «l’uomo da 8 milioni di euro» (questa la cifra contabilizzata per Costanzo nel «conto del Presidente»: anzi, 8 milioni e 748mila euro), infatti, è soprattutto una frase che esce dai verbali di Tavaroli: «Tronchetti retribuisce Costanzo con 3 milioni di euro all’anno soltanto, in definitiva, per costruire l’immagine di Afef. Ma, in realtà, Tronchetti vuole tenerlo buono e, nel contempo, alla larga». «Facendo un minimo di storia - ribatte Costanzo - fin da quando c’era Ernesto Pascale, e quindi l’azienda telefonica era statale, ho collaborato con la medesima con una mia società di consulenze. Mi occupai della nascita di Tim e del suo sviluppo, come a lungo ho lavorato con Colaninno e con Tronchetti. La mia consulenza è ampiamente documentata e consegnata a chi ne chiedeva la consistenza. Dal “controllo” degli spot interpretati da Christian De Sica a quando cercammo di inserire voci note per i servizi con l’utenza Telecom. E mille altre occasioni che giustificano quanto percepito e pagato in tasse». E aggiunge (a proposito delle tasse): «Capisco: in Italia questo può essere motivo di sorpresa». In quanto ad Afef, Costanzo taglia corto: «È vero, credo di essere stato il primo a ospitare Afef al "Maurizio Costanzo show", ma è altrettanto vero che al "Maurizio Costanzo Show" ho invitato e intervistato circa 32 mila persone». Per chiudere, a proposito delle “chiacchiere da bar” - come le ha definite Tronchetti Provera - sul Conto Quercia di Piero Fassino, Costanzo aggiunge: «Sorrido pensando al destino di Piero Fassino che si trova costantemente a dover smentire cose che riguardano lui e la Telecom. Una stretta di mano e uno sguardo di solidarietà a Fassino». Dagospia 25 Luglio 2008

26/07/2008

Documento n.7430

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