IL NAPOLITANO CHE INVITA GUARGUAGLIONE IL 2 GIUGNO È LO STESSO CHE, PER ’RAPPRESAGLIA POLITICA’, NON MANDA UN INVITO AL DIRETTORE DE "IL FATTO"

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IL NAPOLITANO CHE INVITA GUARGUAGLIONE ALLA FESTA DEL 2 GIUGNO È LO STESSO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CHE, PER ’RAPPRESAGLIA POLITICA’, NON MANDA UNO STRACCIO DI INVITO AL DIRETTORE DE "IL FATTO QUOTIDIANO", ANTONIO PADELLARO? - È L’UNICO ASSENTE TRA EMINENTI PERSONALITÀ COME IL SARTO BALESTRA, IL "MUTILATINO" DEL LIFTING, ED EVELINA CHRISTALLIN, QUELLA CHE RIDE SEMPRE SENZA SAPERE PERCHÉ - DA IERI, COMUNQUE, NON SI PUÒ PIÙ DIRE CHE LO STRUSCIO QUIRINALIZIO DEL 2 GIUGNO NON SERVA A UN CAZZO. O PEGGIO: CHE SERVA SOLO A BUTTARE DALLA FINESTRA ALTRI SOLDI A UNA ESOSISSIMA ISTITUZIONE CHE DI SUO COSTA MILIONI DI EURO (PIÙ DI BUCKINGHAM PALACE!). CHIEDETELO A LADY GUARGUAGLINI CHE HA SVICOLATO L’INTERROGATORIO A NAPOLI SUL CASO SELEX FACENDOSI "SCUDO" DEL CARTONCINO DI NAPOLITANO - (REPORTAGE DI PIZZI, STARRING GUARGUAGLIONE CHE FA IL SUO MAESTOSO INGRESSO AL QUIRINALE APPLICANDOSI AI SUOI ’AFFARI INTERNI’: INFILANDOSI UN BEL DITO NEL NASINO) www.dagospia.it FOTO DI UMBERTO PIZZI DA ZAGAROLO 1 - LADY GUARGUAGLINI NON VA DAI PM: "SONO AL QUIRINALE" Guido Ruotolo per La Stampa Uno sgarbo istituzionale. Come se fosse un gesto di ripicca. Doveva essere ricevuta alle tre del pomeriggio, anzi alle quattro, sperando di passare inosservata davanti alle telecamere e ai fotografi, la signora Finmeccanica, Marina Grossi, amministratore delegato della «Selex Sistemi Integrati», moglie del presidente della Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini. E invece, intorno a mezzogiorno si è presentato in Procura il suo legale, l'avvocato Stravino. E' salito dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e gli ha consegnato un fax: «... per motivi istituzionali... non posso esserci». La signora Marina Grossi, spiega il suo avvocato a voce, «oggi sarà al Quirinale». Nulla quaestio, lo «scudo» Napolitano è del tutto comprensibile. Anche se poi, secondo quanto ricostruiscono in Procura, si tratta dell'invito al ricevimento, in occasione del 2 giugno, nei giardini del Quirinale. Insomma, poteva pure avvisarci prima. E adesso, la prossima convocazione conterrà quel piccolo dispositivo molto irritante che prevede l'accompagnamento «coatto» in caso di disobbedienza. E per l'ingegnere amministratore delegato della «Selex Sistemi Integrati» non sarà certo piacevole. Da quel che si capisce, la sua convocazione come persona informata dei fatti nasce da una chiamata in causa diretta da parte di un testimone dell'inchiesta sugli appalti per il «patto sicurezza». E' la signora Grossi ad avere introdotto, garantito, sponsorizzato un imprenditore a Napoli, in Campania, impegnandosi a fargli ottenere subappalti? E poi c'è il grande interrogativo della gara (il sospetto è che sia stata truccata) che ha fatto vincere alla «Elsag Datamat Spa» e alle altre imprese consorziate l'appalto di 37 milioni di euro per il Centro elaborazione dati del Viminale. Perché la «Selex Communication» prima partecipò alla gara segretata e poi si ritirò? L'inchiesta sugli appalti del «patto per la sicurezza» sembra arrivata a un giro di boa. Caserme, commissariati e poi sistemi di videosorveglianza fino alla Cittadella della sicurezza. Sono due anni che la Procura di Napoli indaga. Una decina gli iscritti sul registro degli indagati tra uomini delle istituzioni, faccendieri, imprenditori, dirigenti Finmeccanica. Mario Mautone, il Balducci napoletano, l'ex provveditore alle opere pubbliche, finito nei guai per gli appalti Romeo e non solo, avrebbe confermato il «tavolino» napoletano: quella stanza di compensazione tra imprese che si spartivano gli appalti e i subappalti. E il ruolo dei padrini politico-istituzionali. Tutto da verificare ancora, naturalmente. Ma tra ieri e oggi con le convocazioni dei «ministeriali», i vertici del Viminale che hanno avuto un ruolo nell'appalto per il Centro elaborazione dati, il Cen, questa tranche dell'inchiesta sembra essere giunta alla vigilia della sua conclusione. GUARGUA, MARINA GROSSI 2 - IL DIRETTORE DEL FATTO UNICO NON INVITATO PER LA FESTA AL QUIRINALE. Luca Telese per Il Fatto "Il giallo del ricevimento al Quirinale" inizia di prima mattina. Non è il titolo del libro di qualcuno dei tanti "Anonimi" che hanno scalato le classifiche della prima repubblica. Ma il dubbio che prende corpo nella redazione de Il Fatto, quando si scopre che questo nostro piccolo giornale è l'unico quotidiano che non vede il suo direttore fra gli invitati del tradizionale ricevimento del 2 giugno. Che si tratti di una svista? Di un errore? Di una dimenticanza? Oppure di una reazione (legittima, per carità) alle critiche che in diversi momenti Il Fatto e alcuni suoi editorialisti hanno rivolto al presidente della Repubblica? Trattandosi di una delle istituzioni più efficienti della Repubblica, le ipotesi di errore accidentale vengono depennate di prima mattina. Quella di una "rappresaglia", però, ci sembra ugualmente inverosimile. Regalo di Natale. Il ricordo corre alla cerimonia di augurio di fine anno, sempre al Quirinale. Antonio Padellaro, in quell'occasione, ricette un invito con stemma presidenziale spolverato d'oro zecchino, un cartoncino per eventuale accompagnatore, e persino un ambito ticket per parcheggiare su piazza del Quirinale. La domanda sorge spontanea: il nostro piccolo quotidiano è stato forse declassato? E se si per quale motivo? Chi scrive viene incaricato di chiamare il portavoce del presidente, Pasquale Cascella, vecchia conoscenza di una corposa pattuglia di questo quotidiano (e del suo direttore) per i comuni trascorsi a L'Unità. In ufficio mi risponde, cortesissima, la sua segretaria: "Il dottor Cascella è già nei giardini, sa, c'è la cerimonia...". Errore materiale, o un depennamento intenzionale dalla lista degli inviti? La segretaria del portavoce, con grande cortesia, mi rimanda al collaboratore del portavoce. Lo chiamiamo. Stessa domanda, stessa risposta. Anche lui è molto cortese, ringraziamo per la gentilezza e la disponibilità, ma spieghiamo: vorremo capire se l'invito per il direttore del giornale è stato smarrito. "Sinceramente non so posso dire - risponde - una parte degli inviti sono gestiti direttamente dal Cerimoniale del Quirinale. La richiamo entro le 16 e 30". Nessuna telefonata. Alle 17.30 il cronista si presenta al Colle dove trova un accredito stampa. Ma ovviamente il dubbio resta, anche perché, pochi minuti dopo, Dagospia batte in tempo reale uno dei suoi dispacci: "Tutti (o quasi) i direttori di quotidiani nazionali sono stati oggi gentilmente pregati di festeggiare la festa della Repubblica deambulando lungo i giardini del Quirinale. Tutti - scrive Dagospia - eccetto il direttore de "Il Fatto", Antonio Padellaro. Domani ne leggeremo della belle". Negli splendidi giardini, fra una chiacchiera e l'altra, andiamo a caccia degli uomini dell'ufficio stampa. Davanti al tavolo degli affettati appare il vice. Gli chiediamo se è riuscito a sciogliere l'enigma. Risponde imbarazzato: "No, non ho avuto modo.... Ma lo scopriremo". Poco dopo le sei, in redazione chiama il direttore di Medusa, Carlo Rossella. Anche lui, dopo tanti anni di Colle, quest'anno è stato depennato. Trattandosi di uno degli uomini più vicini a Berlusconi la cosa ci conforta: quindi non può essere stata una esclusione politica. Pochi istanti dopo, dietro la sagoma discreta dello stilista Renato Balestra, uno degli invitati d'onore, ecco un altro esponente dello staff presidenziale . Forse sa qualcosa? Risponde con imbarazzo: "Sa, quest'anno ci sono stati molti tagli". Non solo alla finanziaria, dunque, ma anche agli inviti. Il cronista sta per tornare in redazione con il cuore rinfrancato, quando scorge il portavoce del Colle. Colpo di scena. Cascella si libera di un interlocutore, e improvvisamente offre la soluzione: "Volete sapere perché Padellaro non è nella lista?". Sembra emozionato, quasi turbato: "Io l'ho depennato! Sono stato io, diglielo pure". Attimi di stupore. E' un fiume in piena: "In tanti anni di lavoro non mi era mai capitato di essere pubblicamente insultato, con un editoriale contro di me, sulla prima pagina di un quotidiano! Solo Padellaro lo ha fatto". Di quale editoriale si parla? L'insulto era tale da comportare depennamento. Ancora Cascella: "Padellaro scrive non vuole avere rapporti con il Quirinale? Bene, è stato accontentato". Sembra dispiaciuto: "Sono stato offeso due volte: come persona e come professionista. E' incredibile. Nemmeno i giornali della destra l'hanno mai fatto". Giorgio Napolitano con la bandiera italiana pulcinella napolitano Recuperiamo il fondo incriminato:"Avevamo scritto - osservava Padellaro il 25 marzo - che Napolitano sarebbe sicuramente intervenuto a difesa del potere giudiziario... Pensavamo di avere bene interpretato, oltre l'opinione dei nostri lettori, gli intendimenti del capo dello Stato. Purtroppo non era così. Un'aspra reprimenda di un autorevole consigliere del Quirinale ci è piovuta addosso. Non è piaciuto il titolo ‘Napolitano dice' e neppure l'appello, pur rispettosamente rivolto". Non sembravano parole offensive. Anzi, la conoscenza e la stima che a Il Fatto si nutre per Cascella è tale, da convincerci che non sia lui, il colpevole, malgrado la confessione spontanea. Leale e fedele, Cascella ha impugnato la pistola fumante, addossandosi la colpa, per proteggere le più alte istituzioni.

02/06/2010

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