DUBAI: CON IL RISCHIO INSOLVENZA PER UN CRACK DA 59 MILIARDI CRESCONO I CDS (CREDIT DEFAULT SWAP)

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ILSOLE24ORE.COM > Notizie Finanza e Mercati Il rischio paese di Dubai sale ancora, Cds alle stelle a cura di Alberto Annicchiarico 27 novembre 2009 L'allarme sulla possibile insolvenza di Dubai World, la holding dell'emirato che ha chiesto mercoledì di congelare i propri debiti per sei mesi (che ammontano in totale a 59 miliardi di dollari), si è stemperato sui mercati finanziari europei, che ieri hanno vissuto una giornata di passione. La tensione che ha caratterizzato la vigilia non ha cambiato, però, i programmi degli sceicchi, che si apprestano a dare il via al «più grande spettacolo pirotecnico nella storia dell'umanità», come scrive il quotidiano degli Emirati Arabi Uniti al Ittihad. L'occasione è offerta dai festeggiamenti per il 38° anniversario dell'indipendenza di Abu Dhabi, ma ai festeggiamenti partecipa anche lo sceicco e primo ministro di Dubai, Mohammed Bin Rashid Al Maktoum. Decolla il costo per assicurare il debito Eppure non ci sarebbe granché da festeggiare. Nonostante l'esposizione delle banche nel mondo sia consistente (intorno ai 40 miliardi di dollari) ma alla fine l'incidenza sugli utili non sembri (almeno per quanto delineato da alcuni studi) giustificare il panico di ieri, i credit default swaps (Cds) a cinque anni di Dubai, cioè il costo per assicurare il debito sovrano dell'emirato del Golfo, sono ulteriormente schizzati oggi di 167 punti a 708,96 punti base (+31% rispetto a ieri). In pratica ci vorrebbero 708mila dollari (contro i 318mila di martedì) per assicurarsi per cinque anni 10 milioni di dollari di debito sovrano. Dubai è ora al quarto posto nella classifica dei paesi a rischio default con una probabilità del 38,8 per cento. Precedono l'emirato Ucraina (57,6%), Venezuela (57,1%), Argentina (46,3%). Oltre a quelli di Dubai i Cds che oggi sono saliti di più in percentuale sono quelli di Hong Kong (+19%, cioè 10 punti a 62,56 punti base), Abu Dhabi (+17,3% o 27,87 punti a 188,29 pb), Australia (+15,9% o 5,5 punti a 40 pb), Corea (+15% a 15,36 punti a 117,46 pb), Slovacchia (+14,1% a 10,54 punti a 84,84 pb), Malaysia (+13,2% o 13,81 punti a 117,8 pb) e Giappone (-12,2% o 8,77 punti a 80,32 pb). L'evoluzione della crisi Cosa succederà a questo punto? In attesa di una comunicazione annunciata per l'inizio della prossima settimana circolano varie ipotesi. Potrebbe, tra l'altro, intervenire in auto il vicino emirato di Abu Dhabi, che a differenza di Dubai fonda la propria ricchezza sul petrolio. Secondo uno studio della banca elvetica Ubs all'origine dell'annuncio shock di mercoled' potrebbe esserci stato proprio un sostegno di Abu Dhabi meno generoso, oppure un indebitamento più alto di quanto si pensasse o forse una mossa premeditata per affrontare una volta per tutte i problemi del mondo societario del Dubai. La richiesta-shock di moratoria del debito di Dubai World avanzata dall'Emirato, del resto, «non può essere stata presa alla leggera, date le gravi implicazioni per la reputazione degli Emirati» sui mercati finanziari, colti di sorpresa. Vulnerabilità e problemi del Dubai, in realtà, non sono una novità, sottolinea Ubs: niente petrolio, niente risparmi, un debito stimato a 80-90 miliardi di dollari pari al 100% del Pil e una grossa bolla immobiliare. Tuttavia negli ultimi due mesi la situazione sembrava migliorata e recentemente lo sceicco Mohammed bin Rashid al Maktoum aveva rassicurato gli investitori sull'affidabilità dell'Emirato. I tre possibili scenari Data la "mancanza di trasparenza", si possono avanzare solo scenari sui motivi dell'improvvisa ristrutturazione del debito. Il primo ipotizza che l'Abu Dhabi intenda soccorrere il Dubai solo dopo che l'Emirato avrà fatto ordine in casa propria, il che solleverebbe preoccupazioni sullo stato delle relazioni tra i due emirati. Il fondo sovrano dell'Abu Dhabi ha asset per 500 miliardi di dollari e fare fronte alla scadenza di 3,5 miliardi del 14 dicembre del debito Nakheel non avrebbe dovuto essere un grosso sforzo, se ci fosse stata la volontà politica di farlo. In alternativa potrebbe essere una mossa premeditata da parte di entrambi i Governi, che hanno voluto riportare responsabilità e affidabilità nel settore societario dell'emirato, evitando la scorciatoia dei salvataggi che non avrebbe solo rinviato il problema del moral hazard. Oppure, ultima ipotesi, i problemi finanziari del Dubai sono peggiori di quanto si pensi e il debito dell'Emirato considerando le passività off-balance, è superiore alle cifre circolate finora, il che potrebbe implicare effettive difficoltà a fare fronte alle scadenze. Secondo gli analisti di Ubs, è probabile che si tratti di un mix dei tre scenari, che oltre al grave danno che sta causando ora potrebbe tuttavia avere positive implicazioni nel medio termine. Permettendo alle forze di mercato di svolgere il proprio ruolo, il Dubai potrebbe infatti ripartire su basi più solide. Insomma "un danno adesso, ma un guadagno futuro". Il punto interrogativo, tuttavia, é d'obbligo. Nella City le banche europee più inguaiate Royal Bank of Scotland è il primo intermediario finanziario di Dubai World, mentre Hsbc è l'istituto più esposto nei confronti degli Emirati Arabi Uniti. È quanto afferma JPMorgan in un rapporto, citato dall'agenzia Bloomberg, in cui si precisa che Rbs dal gennaio 2007 ha gestito 2,28 miliardi di dollari di investimenti finanziari per conto di Dubai World, e che Hsbc aveva un'esposizione di 17 miliardi di dollari a fine 2008. Nel rapporto si indica inoltre che le banche estere hanno 47,1 miliardi di dollari a rischio.

27/11/2009

Documento n.8302

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