Da L’Unità (26-2-06). La Francia blocca l’Enel. E il governo dà la colpa all’Europa

in Articoli e studi
26.02.2006 La Francia blocca l’Enel. E il governo dà la colpa all’Europa di r. g. Le grandi manovre sull’energia sconvolgono l’Europa. Rimescolano l’Europa economica ma mettono anche pesanti e nuove tare su quella politica, dando fiato a nuovi nazionalismi e protezionismi. Non è ancora finito il braccio di ferro sulle forniture di gas dalla Russia - e anzi l’Eni annuncia che i rubinetti anche domenica avranno un nuovo giro di vite, una riduzione dell’8,8 – e si fa magmatico e incandescente il futuro industriale delle grandi compagnie europee, un settore interessato da un gigantesco processo di fusioni, un movimento “tettonico” appena avviato e da esiti e conseguenze incerti. L’Enel (sopra l’ad Fulvio Conti), terzo colosso europeo, dopo la francese Edf e la tedesca Eon, è al centro dello scacchiere ma rischia di rimanere indietro nella partita iniziata in Spagna la settimana scorsa. Dopo l’annuncio dell’Opa di Gas Natural sulla Endesa e dopo la controfferta della tedesca Eon, il gruppo italiano sperava di poter muovere le sue pedine verso la conquista di un partner d’Oltralpe come Electrabel alleata di Suez. Ma in Francia l’operazione non è stata gradita. E la risposta non si è fatta attendere. Anzi, è sceso in campo direttamente il governo De Villepin. Il fatto è che l’energia è un comparto ritenuto ancora di supremo interesse nazionale in Francia. E anche nel resto d’Europa, comunque, le partecipazioni pubbliche sono ancora decisive in questo settore. Così le manovre sull’energia, fanno schierare gli eserciti dei finanzieri e degli alti burocrati in un risiko che somiglia piuttosto a un’enorme monopoli. De Villepin ha annunciato sabato la fusione in tempo record tra la società Suez e Gaz de France, due “corazzate” energetiche in grado di formare insieme un mastodonte da 64 miliardi di euro di fatturato. Cioè in grado di scalzare l’Enel dal suo podio, piazzandosi tra i primi grandi attori sulla scena delle fusioni. L’Enel infatti attualmente detiene la medaglia di bronzo europea con poco meno di 44 miliardi di euro di fatturato. Ma non potrà “mangiarsi” Suez. E invertendo rapidamente la marcia delle privatizzazioni lo stato francese deterrà d’ora in avanti il 34% della nuova società energetica che nascerà dalla fusione fra Suez e Gdf. È stato il ministro delle Finanze francese Thierry Breton ad annunciarlo che ancora alla fine dell’estate prometteva di rimpinguare le casse statali dai 15 ai 20 miliardi di euro dai proventi delle privatizzazioni di Edf e Gaz de France per ripianare il deficit o almeno tappare le falle della previdenza, della sanità e varare alcuni progetti-faro sulla ricerca e l’innovazione. Ora il vento è decisamente cambiato. Ma in Italia si rischia la bonaccia. Ovvero il nazionalismo anti europeo propagandato dalla Lega e dal presidente Silvio Berlusconi, sponsor della consorteria delle banche nazionali legate alla Bpi di Giampiero Fiorani e dell’ex governatore Antonio Fazio, ora pesa come un macigno sulle ali dell’Enel. Infatti gli esponenti di governo sono costretti a contraddizioni acrobatiche. Il ministro Claudio Scajola pensando alla Francia punta il dito contro il neo protezionismo che «minaccia il destino politico e economico dell’Unione europea». Tremonti addirittura paventa un ritorno all’Europa del 1914 o forse addirittura pre congresso di Vienna perchè parla di un’Europa «degli zar e dei kaiser». E se la metafora è poco chiara lui passa a un’altra: «Se si preferisce un’espressione meno drammatica, vedo un po’ il rischio Costa Azzurra. Coloro che hanno responsabilità di governo in Europa rischiano di ritrovarsi tra qualche tempo in Costa Azzurra, come i principi delle case regnanti dopo la Grande Guerra, a rinfacciarsi l’un l’altro: sei stato tu a cominciare». Quiesto mentre il collega Maroni, è arrivato il momento di sfoderare la spada «a difesa dei propri interessi», liberandosi dai «vincoli europei». Tornando alle vecchie gabelle, ai vecchi dazi. Non solo per le magliette cinesi. Bisogna imporre quote nazionali sui prodotti «da qualsiasi parte provengano – dice - non soltanto dai Paesi extra Ue». Persino il presidente della Camera Pierferdinando Casini, ultimamente nella sua doppia veste – da Camera e da partito – protesta che ’europeismo ha un limite. «Noi siamo europeisti, ma non si può esserlo a intermittenza o a seconda delle convenienze. Come per l’Islam ci vuole reciprocità anche in Europa». E visto che noi lo siamo stati così convintamente riguardo alle fusioni bancarie... L’Europa è morta, sentenzia Maroni. O sembra esserci «solo per noi, ci ha imposto l’euro, i vincoli di bilancio, e le regole ma non dà alcun vantaggio alle imprese italiane». Il blocco francese ai piani Enel ha comunque ferito un certo qual sentimento nazionale se collegandola a questa vicenda la Coldiretti protesta per l’acquisto francese della Galbani e i consumatori dell’Adusbef propongono per ritorzione di bloccare la scalata di Paribas su Bnl. Enrico Boselli della Rosa nel Pugno non crede che la strada sia quella di opporre nazionalismo a nazionalismo con una politica di ritorsioni. La vicenda dell’Enel dimostra che Parigi non tiene affatto in conto delle regole comunitarie, avanzando il pretesto che non sarebbero affatto chiare. In ogni caso la prima reazione italiana deve essere quella di chiedere a Bruxelles e ai governi europei il rispetto dei principi della libera concorrenza. «Dopo il fallimento della Costituzione europea, questo comportamento del governo francese – sostiene l’esponente socialista - è un ulteriore segnale che mostra l’attuale stallo del grande progetto dell’unità politica, rischiando persino di mettere in crisi lo stesso mercato comune. Dopo la vicenda dei tagli alle forniture di gas russo che ha messo in evidenza la completa assenza di una strategia del governo Berlusconi nel campo nell’energia - conclude Boselli – quanto avvenuto con la Francia fa vedere chiaramente quanto l’Italia abbia perso peso e credibilità in Europa».

27/02/2006

Documento n.5762

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